La separazione dei coniugi rappresenta uno dei momenti più complessi nella vita di una famiglia, solo con intelligenza e pazienza da parte di entrambi è possibile creare un nuovo equilibrio. Ma sempre più spesso, dopo la separazione capita che le conflittualità aumentano e chi ne paga le conseguenze sono, come sempre i figli: genitori che si arrogano il diritto di prendere decisioni sulle scelte scolastiche, ludiche o di altra natura estromettendo l’altra figura genitoriale; altri minacciano il genitore non affidatario di non permettergli di vedere il figlio.
A dieci anni dall’introduzione della norma sull’affido condiviso è d’obbligo fare il punto della situazione cercando di fotografare il processo di modernizzazione cui sono soggette le famiglie separate, sempre più caratterizzate da un ruolo paritetico di entrambi i genitori.
La riforma è stata introdotta da una legge del 2006, la quale ha imposto come regola generale quella dell’affidamento congiunto dei figli minorenni a entrambi i genitori. Le prime reazioni sono state di stupore e scetticismo, in quanto culturalmente siamo stati abituati a vedere la madre come soggetto maggiormente presente nella vita dei figli e per questo unica titolare del diritto di vederseli affidati.
L’affidamento dei figli è regolato dal nostro codice civile, anche dopo la separazione la potestà genitoriale è esercitata da entrambi. Qualsiasi decisione che interessa i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute devono essere prese di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. Ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Il giudice deve adottare i provvedimenti necessari a tutelare l’interesse dei minori, valutando la possibilità che restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilire a quale dei due affidarli.
Le mamme 2.0 lavorano e portano a casa stipendi molto simili a quelli di compagni e mariti; si sta assistendo a una equiparazione dei ruoli parentali tale da stravolgere tutti i luoghi comuni del passato. L’immagine della donna che con il divorzio punta a spennare il marito appare ormai un retaggio del passato, che non corrisponde alla realtà.
Districarsi tra lavoro, baby-sitter, asilo, pediatra è davvero un’impresa ardua, dunque si può facilmente sostenere che, se il lavoro è la loro unica fonte di sostentamento (come nella maggior parte dei casi), le mamme moderne sono costrette inevitabilmente a cedere tempi e spazi ai papà.
Se dall’evoluzione sociale vediamo l’equiparazione dei ruoli parentali; le separazioni rappresentano un dramma per molti padri: su 3 milioni di separati nel 90% dei casi i figli sono affidati esclusivamente alla madre e nel 98% il mantenimento spetta all’uomo. La somma di tutte le spese che i padri devono affrontare si duplica (doppio mutuo, doppio affitto, doppie bollette), ciò che rimane loro al mese è davvero irrisorio. Su un campione di 50 papà: il 45% arriva a 200 euro, il 35% a 400 euro, il 12% a 600 euro e l’8% a 800 euro. In pratica circa l’80% arriva a stento a 400 euro. I dati sembrano impossibili? In realtà sono molto più comuni di quanto si possa immaginare. Proprio per il fatto che i papà non si limitino più a vedere i propri figli nei “fine settimana alternati”, ma in molti casi vanno a prenderli a scuola e si occupano di loro 3-4 pomeriggi alla settimana sino all’ora di cena, ciò dovrebbe portare inevitabilmente a una rimodulazione dell’assegno mensile. La domanda che ci poniamo è: perché gli ex mariti devono pagare un assegno quando tengono i figli quindici giorni al mese provvedendo al loro mantenimento diretto? Se è vero che il tenore di vita è ancora considerato uno dei parametri di riferimento per calcolare l’assegno di mantenimento, è altrettanto innegabile che la crisi economica degli ultimi anni ha aperto gli occhi sull’impossibilità di garantire i medesimi standard di vita post separazione.
La Corte di Cassazione, riguardo all’educazione dei figli nel regime di affido condiviso, ha preso una decisione molto interessante: ha ribadito la parità genitoriale, ma allo stesso tempo pone un freno alle decisioni unilaterali (spesso soltanto dispetti tra ex coniugi) stabilendo che l’ex marito non è tenuto a pagare le spese se la madre sceglie da sola la scuola dei figli. La sentenza si riferisce al caso in cui una madre che aveva iscritto la figlia minorenne ad un istituto scolastico privato senza coinvolgere nella decisione l’ex marito al quale però chiedeva il rimborso delle spese. Con il ricorso in Cassazione l’uomo riteneva di non dover rimborsare la somma dell’iscrizione all’istituto scolastico perché l’ex moglie non l’aveva consultato. Sulla base di queste considerazioni la Corte di Cassazione ha accolto l’istanza dell’uomo.
Giusto o sbagliato che sia, una cosa è certa: la realtà sta cambiando sotto i nostri occhi e tutti, prima o poi, saranno costretti ad aggiornarsi.