Da Saffo ad Alda Merini: anche le donne scrivono poesie

I manuali di letteratura sono pieni di poesie scritte da grandi uomini, da Orazio a Montale passando per Leopardi; per non parlare di tutti gli illustri intellettuali stranieri. In questa miriade di menti creative, però, non sono mancate le donne. Sebbene siano una minoranza, ci hanno lasciato componimenti intrisi di quella sensibilità femminile che, possiamo dirlo, appartiene solo a loro.
Ecco 10 esempi di poetesse per ricordarci che le donne, tra le loro mille mansioni e responsabilità, hanno anche scritto poesie.

Saffo, poetessa dell’isola di Lesbo vissuta nella seconda metà del VII secolo a.C. La ricostruzione della sua biografia risulta ardua a causa dell’alone romanzesco che la circonda; le notizie che la volevano non molto graziosa esteticamente probabilmente sono da ricondurre al binomio di stampo classico bellezza interiore-non bellezza esteriore.
Presso la sua scuola le allieve venivano preparate alla vita matrimoniale, ma si trattava anche di un centro culturare e religioso per questo definito “tìaso”.
Dei suoi componimenti ci sono pervenuti soltanto circa duecento frammenti ma la sua fama fu tale che Giacomo Leopardi le dedicò una delle sue canzoni: “Ultimo canto di Saffo”.

“Simile a un dio mi sembra quell’uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto […]”

Sulpicia, figlia di Servio Sulpicio Rufo, appartenente alla nobiltà romana; sappiamo che fu innamorata di un certo Cerinto (forse uno schiavo). Alcune delle sue poesie sono contenute nel cosiddetto “Corpus Tibullianum”, ovvero l’insieme delle opere di Tibullo, poeta elegiaco della prima età imperiale: sei brevi elegie tutte di argomento amoroso.
Questa poetessa rappresenta l’emancipazione raggiunta dalle donne in epoca latina, sebbene riservata ad una ristretta minoranza di donne colte e istruite.

“M’è gradito che ormai tu ti permetta molte cose
senza preoccuparti di me,
poiché non temi che ad un tratto
io possa stupidamente perdermi”

Cristina da Pizzano, nome italianizzato per Christine de Pizan, scrittrice medievale francese, in realtà di origini italiane (nasce a Venezia nel 1362).
Viene riconosciuta come la prima scrittrice europea di professione, che riversa le proprie esperienze di vita nelle sue poesie. Viene inoltre considerata un’antesignana del femminismo, in quanto si impegnò a fondo per combattere la misoginia imperante a cavallo tra XIV e XV secolo.

“[…]Sono sola, dovunque e ovunque io sia;
sono sola, che io vada o che rimanga,
sono sola, più d’ogni altra creatura della terra
sono sola, abbandonata da tutti,
sono sola, duramente umiliata,
sono sola, sovente tutta in lacrime,
sono sola, senza più amico […]”

Cristina da Pizzano

Emily Dickinson è una poetessa americana del XIX secolo. A soli ventitré anni decise di trascorrere una vita solitaria e appartata, per motivi a noi tuttora ignoti. I suoi unici rapporti con il mondo erano costituiti da lettere e bigliettini.
Sappiamo che all’amore vano per un uomo corrispose una “furiosa” operatività letteraria, ma nonostante la copiosità della sua produzione, Emily non darà mai alle stampe le proprie poesie; sarà poi la sorella a scoprirle e pubblicarle.

“[…] Presi un Sorso di Vita
Vi dirò quanto l’ho pagato
Esattamente un’esistenza
Il prezzo di mercato, dicevano […]”

Marina Cvetaeva nacque a Mosca l’8 ottobre 1892. Nel 1909 si trasferì da sola a Parigi per frequentare la Sorbona, tornata in patria fu testimone della sanguinosa rivoluzione bolscevica, di cui anche il marito cadde vittima. Si impiccò il 31 agosto del 1941

“[…] Niente è più grosso e più dolce
d’una fragola di cimitero.

Solo non stare così tetro,
la testa chinata sul petto.
Con leggerezza pensami,
con leggerezza dimenticami.

Come t’investe il raggio di sole!
Sei tutto in un polverio dorato…
E che almeno però non ti turbi
la mia voce di sottoterra”

Marina Tsvetaeva

Sylvia Plath, simbolo delle rivendicazioni femministe del XX secolo, nacque il 27 ottobre 1932 a Jamaica Plain, sobborgo di Boston. Trascorse la sua vita lacerata dal conflitto tra l’essere una buona moglie e madre e l’essere una scrittrice di successo. Arriverà a suicidarsi a soli trent’anni l’11 febbraio 1963.
Lascia, oltre ad una notevole fama, moltissime poesie violente e disperate proprio come la sua anima.

“[…] Morire
è un’arte, come ogni altra cosa.
Io lo faccio in modo eccezionale.
Io lo faccio che sembra come inferno.
Io lo faccio che sembra reale.
Ammettete che ho la vocazione.
È facile abbastanza da farlo in una cella.
È facile abbastanza farlo e starsene lì […]”

Sylvia Plath

Alfonsina Storni, poetessa argentina esponente del postmodernismo. Nacque nel 1892 nel Canton Ticino, dove apprese l’italiano, ma a soli quattro anni si trasferì in Argentina con la famiglia. Ragazza-madre, mantenne sempre un atteggiamento di sfida verso il resto del mondo. Ben presto il suo disagio interiore sfociò in una grave nevrosi che non fece che acuirsi con la scoperta di un cancro. Si suicidò all’età di 46 anni lasciandosi annegare a Mar de la Plata. Il mare e la morte: due temi che così spesso si erano intrecciati nelle sue poesie.

“[…] Lasciami sola:
senti i germogli spuntare…
ti culla un piede celestiale da lassù
e un uccello intona il suo canto
affinché dimentichi… grazie. Ah, un favore:
se chiama ancora al telefono
digli di non insistere, sono uscita.”

Alfonsina Storni

Anne Sexton fu una poetessa e scrittrice appartenente alla middle-class statunitense del XX secolo. Riuscì a fare della poesia la propria vita, ottenendo, nel 1967 il premio Pulitzer per la raccolta “Live or die“. Sebbene la sua carriera fosse definitivamente decollata e il suo valore riconosciuto, il disturbo bipolare di cui soffriva la donna non fece che peggiorare, acuito anche dal divorzio dal marito e dal difficile rapporto con le figlie e gli amici più intimi. Il disagio di Anne arrivò ad un punto tale che nel 1974 (anch’ella all’età di 46 anni) si tolse la vita soffocandosi nel proprio garage con il monossido di carbonio.

“La città non esiste
se non dove un albero dai capelli
neri scivola via, come una donna
annegata nel cielo caldo. Tace,
la città. Bolle la notte, con dieci
e una stella. Oh notte stellata,
stellata notte! È così che voglio
morire. […]”

Anne Sexton

Amelia Rosselli, nata a Parigi nel 1930, è stata una poetessa italiana appartenente alla “generazione degli anni ’30”. Unica nel panorama del XX secolo per il suo plurilinguismo (scrisse poesie in francese, inglese e italiano) e per il tentativo messo in atto di fondere l’uso della lingua con il mondo della musica. Anche lei soffrì di ricorrenti esaurimenti nervosi, finché le fu diagnosticato il morbo di Parkinson. Visse gli ultimi anni della sua vita a Roma, dove si tolse la vita l’11 febbraio del 1996. La scelta del giorno fu sicuramente non casuale: si creò così un filo invisibile che tuttora la lega a Sylvia Plath, attrice tradotta ed amata da Amelia.

“La rosa e la rugiada
non sono che immagini di te; piccoli
simboli, sulla grande ruota. O
ruota, ruota, fu allor ch’egli sedè
in pieno quid. La rosa disse: uff!,
ma la rugiada non replicò (manteneva riservata un
contegno), e così tutto finì nel
nulla affaticato dalla veglia notturna”

Amelia Rosselli

Alda Merini nacque a Milano il 21 marzo 1931 da una famiglia di modeste condizioni.
Seguendo quello che sembra il corso naturale della maggior parte delle menti poetiche femminili, nel 1947 incontrò quelle che definirà “le prime ombre della sua mente” e venne dunque internata per un mese in un ospedale psichiatrico. Frequentò alcune delle principali personalità della cultura del XX secolo per poi iniziare un lungo periodo di isolamento. La sua carriera venne riconosciuta con numerosi premi letterari e nel 2004 Milva mette in musica alcune delle sue più famose poesie. Alda si spense il 1 novembre 2009 a causa di un tumore osseo, lasciando dietro di sè una fama destinata a non spegnersi.

“A tutti i giovani raccomando:
aprite i libri con religione,
non guardateli superficialmente,
perché in essi è racchiuso
il coraggio dei nostri padri.
E richiudeteli con dignità
quando dovete occuparvi di altre cose.
Ma soprattutto amate i poeti.
Essi hanno vangato per voi la terra
per tanti anni, non per costruivi tombe,
o simulacri, ma altari.
Pensate che potete camminare su di noi
come su dei grandi tappeti
e volare oltre questa triste realtà
quotidiana”.

Poesia fatta da donne ma non solo per le donne: le grandi scrittrici non furono soltanto poetesse ma anche abili autrici di romanzi. Volete saperne di più? Allora alla prossima: vi faremo conoscere le più grandi romanziere della storia della letteratura.

 

 

Beatrice Anfossi