Tra rincari energetici, costi insostenibili e crisi economica, sarebbero 120mila le piccole e medie imprese italiane a rischio chiusura nel 2023.
È quanto emerge dai dati forniti da Confcommercio, che ha analizzato l’evoluzione del panorama imprenditoriale italiano in relazione agli ultimi due anni di emergenza. Tra le categorie merceologiche maggiormente esposte spiccano quelle appartenenti al settore alimentare e della ristorazione, il turismo, la logistica, i trasporti e, più in generale, le aziende di produzione.
E se le modalità con cui affrontare uno scenario in continua evoluzione rappresentano un punto di domanda per quasi tutte le imprese, sono sempre più numerose le realtà italiane – seguendo un trend molto forte negli USA e nella Silicon Valley – che decidono di ricorrere al sostegno esterno di un business coach per affrontare la crisi con approcci nuovi e mirati.
Antonio Panìco, founder di Business Coaching Italia e premiato come business coach dell’anno ai prestigiosi “CEO Today Management Consulting Awards” per due edizioni consecutive, spiega:
“parlare di crisi aziendale in senso generico è molto complesso. Le ragioni per cui un’impresa può trovarsi in difficoltà dipendono da quattro motivi fondamentali: crisi di liquidità, calo delle vendite, contrazione del mercato e aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. In questo momento siamo all’interno dell’ultimo scenario”.
Secondo un monitoraggio, effettuato da Unioncamere e BMTI con il supporto di REF Ricerche, i costi per l’energia sostenuti dalle PMI nel quarto trimestre 2022 registreranno un ulteriore aumento medio pari al +60,1% rispetto al precedente trimestre, con un rincaro annuo del +111,7% rispetto al 2021.
“La miglior strategia adottabile in questo momento – prosegue il business coach Panìco – è sicuramente affrontare il problema leggendo con attenzione i propri numeri. Il limite di molte aziende, infatti, è l’assenza di un sistema di controllo di gestione che garantisca un limite alle spese superflue, e revisionare lo status quo dal punto di vista economico e finanziario è un primo passo necessario ma non sufficiente. Tramite una lettura attenta del conto economico, infatti, è possibile determinare l’incidenza dei costi dell’energia, comprendendo così se i prezzi ai quali si sta vendendo sono ancora adeguati e se è necessario tagliare delle spese. Si può ad esempio pianificare una produzione notturna, attuata già da molte aziende, e capire se sfruttare il momento storico per tentare un incremento delle vendite e quindi delle quote di mercato. Poche aziende pensano al fatto che, di fronte a un aumento dei costi anche sostenuto, uno dei modi più efficaci per generare utili è l’aumento della produzione e delle vendite. Ciò è dimostrato da una dinamica ben precisa: in ogni mercato, in periodi di crisi, molte aziende smettono di promuoversi, riducono le spese, fermano la produzione o addirittura usano la cassa integrazione come unico modello di risposta alle difficoltà. Se tutte le realtà sposano in massa questo approccio, la conseguenza diretta è l’apporto di un vantaggio competitivo a chi è disposto a investire per la crescita. Continuare a promuoversi anche quando molte aziende non lo fanno, contattando nuovi potenziali clienti, può essere utile a minimizzare i danni, innescare nuove collaborazioni, far crescere l’azienda e, in ogni caso, fornire quote di mercato utili per il futuro, quando questo tornerà a crescere”.