La bizzarra natura delle piante carnivore

Sin dai primi anni di scuola ci viene insegnata la differenza fra gli organismi che si procacciano il cibo e quelli che “non hanno bisogno di farlo”, ovvero rispettivamente la differenza fra eterotrofi e autotrofi. Quelle che genericamente ed erroneamente vengono chiamate piante, ma che per correttezza botanica chiameremo vegetali (in quanto i vegetali comprendono sia le piante che altre tipologie di esseri viventi, non viceversa), sono dal punto di vista biologico quegli organismi che riescono a sintetizzare la materia organica, ovvero il “cibo” di cui hanno bisogno per vivere, a partire dalla materia inorganica, tramite la fotosintesi clorofilliana. Ma, come sappiamo, in natura esistono tante eccezioni alle regole generali e una delle più affascinanti, per quanto riguarda l’autotrofia, è l’esistenza delle piante carnivore e la complessità della loro biologia e della loro ecologia. Questa particolare tipologia di piante, oltre alla celebre fotosintesi, ha evoluto un ulteriore sistema per acquisire il nutrimento di cui necessita…cibarsi di animali.

Spesso presenti in videogiochi e cartoni animati, vengono rappresentate enormi, con denti aguzzi, in grado di capire dove si trova la preda e alle volte addirittura capaci di muoversi e “camminare”; ma quanto attingono queste fantasie dalla verità? Sono davvero così pericolose?
Ovviamente no, nessuna pianta carnivora vi rincorrerà per mordervi! Nella maggior parte dei casi le misure di queste piante non superano qualche decina di centimetri e le prede consistono in piccoli artropodi e, raramente, in piccoli vertebrati come anfibi, rettili e mammiferi (che il più delle volte riescono pure a sfuggire).

Carnivore 11

La domanda che sorge spontanea è: per quale motivo una pianta dovrebbe “mangiare” degli animali (o dei protozoi)?
La risposta è strettamente correlata all’ambiente in cui vivono normalmente: paludi, torbiere, rocce e foreste tropicali ad alto regime pluviometrico…insomma, zone in cui il terreno non riesce a trattenere una sufficiente quantità di sostanze nutritive e in cui è, quindi, necessario bilanciare questa carenza.

La spinta evolutiva che le ha portate a modificare le foglie in trappole, le ha anche “costrette” a dover rimpicciolire le strutture radicali e a diminuire l’area fotosintetica totale, così da poter concentrare le proprie energie in un’attività ben precisa, senza troppi sprechi.

In che modo una pianta carnivora riesce ad ottenere l’ambita preda?

La strategia non è una sola, se ne distinguono almeno cinque:

  • trappole ad ascidio: foglia modificata a forma di sacco contenente enzimi e/o batteri in cui cadono le prede (esempio: Nepenthes, Sarracenia, Darlingtonia)
  • trappole adesive: sostanze appiccicose secrete dalle foglie che invischiano le prede (esempio: Drosera, Pinguicula)
  • trappole a scatto o a tagliola: foglie modificate a forma di tagliola che si chiudono appena vengono rilevati dei movimenti da strutture sensoriali poste sulle foglie stesse (esempio: Dionaea, Aldrovanda)
  • trappole ad aspirazione: utricoli, ovvero piccolissime strutture a sacchetto, spesso sotterranee, che “aspirano” la preda; per aspirare, pompano ioni all’esterno causando una fuoriuscita d’acqua e creando quindi un vuoto all’interno (esempio: Utricularia)
  • trappole a nassa: setole orientate verso l’interno che dirigono la preda verso il fondo dell’organo digestivo (esempio: Genlisea)

Una volta che l’animale (o l’organismo unicellulare) cade nella trappola e viene definitivamente catturato, la pianta si prepara a digerirlo e questo processo varia da specie a specie…esistono, infatti, piante carnivore che utilizzano enzimi per svolgere questa attività ma ci sono anche specie che affidano questo compito a colonie di batteri, semplificando il lavoro e limitandosi ad assorbire i prodotti della digestione batterica (questo accade nelle specie che non possiedono gli enzimi adatti alla digestione della preda); queste differenze nelle modalità di assunzione dei nutrienti definiscono quindi un livello di “carnivorosità”.

Pensando a queste piante viene subito in mente qualche posto esotico e selvaggio, ma per fortuna, per vedere da vicino come vivono o come funzionano le loro trappole, basta acquistarne una in un negozio ben fornito; ebbene sì, perché vengono normalmente commercializzate un buon numero di specie di piante carnivore, sebbene abbiano bisogno di particolari cure e attenzioni (come ad esempio il tipo di suolo utilizzato e altri parametri per loro importanti). Esistono in commercio, infatti, specie più adatte ai neofiti e specie consigliate a persone più esperte nella cura di queste piante.

Ne avete mai avuta una? Ne avete mai vista una in azione?

Gli specialisti del settore consigliano di informarsi molto bene prima dell’acquisto di una pianta carnivora, per essere sin da subito preparati alle loro esigenze; come già detto, molte specie sono facilmente acquistabili, sia online che in vivai o fioristi forniti…l’importante è consultare qualcuno che vi sappia indirizzare verso la specie giusta con la quale iniziare!