Perché la didattica a distanza non è solo isolamento

La didattica a distanza è diventata la nuova maniera di fare scuola. Spiegazioni online, interrogazioni vista camera da letto con peluches annessi e compiti in classe annullati da una scarsa connessione internet: non è una puntata di black mirror, ma è ciò che quasi da un anno a questa parte la maggior parte degli studenti italiani sta vivendo.

Per la seconda ondata di Covid-19 il governo italiano ha deciso di risparmiare il collegamento ai più piccoli per offrire loro una didattica in presenza. Da novembre 2020, infatti, sono solo gli studenti delle scuole superiori e dell’Università a dover continuare con questo tipo di metodo di insegnamento.


Una scelta sicuramente studiata e mirata, la quale però, tuttavia, lascia delle lacune.
Se i ragazzini fino ai 13 anni hanno bisogno di frequentare la scuola perché ancora negli anni della formazione e dell’apprendimento continuo, la fase adolescenziale risulta tuttavia quella più delicata.
Per un giovane studente del liceo non potersi confrontare giornalmente con i propri pari, non avere la possibilità respirare una boccata d’aria fresca all’intervallo e sperimentare le prime esperienze adolescenziali tra i banchi di scuola, ha tanto peso quanto l’alfabeto per un bimbo di 5 anni.

Gli studenti universitari, dal canto loro, sono stati “abbandonati” a se stessi sin dall’inizio della pandemia. Mai una parola di conforto o di comprensione da parte del governo per coloro che molto presto faranno parte della classe dirigente italiana.

Uno studente universitario ha bisogno di vivere appieno l’università, e non solo dal lato strettamente accademico. È tutta la parte umana che si perde. Vivere lontani da casa, imparare a gestirsi in autonomia e fare un primo passo nell’universo “adulto”, con la calma di potersi sentire ancora un po’ protetti da mamma e papà.

Con gli standard che abbiamo in Italia, un ragazzo laureato “on-Line” quante probabilità avrà di buttarsi per un lavoro fuori dalla propria città, distante da tutti i suoi cari?

La didattica online ha rovesciato non tanto l’aspetto più teorico dello studio, ma quello esperenziale e pratico che, finita la gioventù, i ragazzi non potranno più vivere.

 


Tuttavia, non è detto che le esperienze scolastiche siano sempre positive. Ci sono ragazzi che in questa didattica online forzata hanno potuto respirare un po’ di pace dall’agonia dei bulli. E no, da problemi come questi non bisogna “nascondersi”. Ma per qualcuno che subisce quotidianamente attacchi del genere, poter mettere per un attimo in pausa la paura è confortevole. Non doversi preparare ogni mattina con l’ansia di dover affrontare una provocazione è rasserenante.

Un altro punto che ha visto la didattica online vincitrice è la lontananza. Ebbene sì. Prima di pochi mesi fa era impensabile poter frequentare le lezioni universitarie da casa. Questo comportava che molti giovani italiani, per una ragione economica o semplice impossibilità logistica, dovevano rinunciare al sogno di una carriera universitaria. Ciò ha creato una sorta di integrazione, nonostante l’isolamento.

Sicuramente fare scuola da dietro un computer non era quello che ci aspettavamo, soprattutto in un paese così tradizionalista come l’Italia. Ma bisogna sempre andare avanti, anche con una pandemia globale in corso. Tra un paio di anni, o magari anche prima, sarà possibile a tornare alla normalità. E forse la didattica online ci avrà insegnato qualcosa, tipo a proporre un metodo di insegnamento che, nell’isolamento, comprenda tutti.

Azzurra Candelari