“Natale in casa Cupiello” di De Angelis è una deludente trasposizione cinematografica

Qual è il senso del Natale? L’unione, la semplicità, la famiglia oppure il presepe in termini più tangibili. Tutto questo veniva fuori anni fa e sarebbe rimasto per sempre impresso nella memoria mondiale, nella commedia teatrale di Eduardo De Filippo “Natale in casa Cupiello”, tra i suoi capolavori. Tutto questo si sente (ma non abbastanza) anche nella trasposizione filmica di Edoardo De Angelis, dall’omonimo titolo ed andato in onda ieri sera su Rai 1 in prima visione.

Tuttavia, il “Natale in casa Cupiello” del 2020 con Sergio Castellitto e la Marina Confalone al timone non va fino in fondo, peccando di fretta e superficialità in più punti. Il suo difetto più grande non è  tanto quello di mettersi a confronto con il genio De Filippo (che come tutti i maestri non è intoccabile!), quanto il tentativo fallimentare di conciliare un omaggio tradizionale con una moderna novità. Si sentono entrambi i due aspetti nel lavoro, ma finiscono inevitabilmente per cozzare e per non portare a nulla di concreto, perché è così che accade in questi casi.

Natale in casa Cupiello
Tv fanpage

Certo è che ad un regista ancora non troppo esperto sarà mancato il coraggio di spingere sul pedale del rinnovamento, forse per paura di stravolgere troppo; non ha senso, però, tentare un equilibrio difficile tra tradizione e innovazione, specie se il remake deriva da un must del teatro e gli si dà un’impronta ugualmente un po’ troppo scenica e meno filmica, perché così facendo si finisce per non omaggiarlo abbastanza, proponendo solo spunti e non novità.

Paradossalmente, dal momento che le idee sono buone, se il regista avesse scelto di distaccarsi per il suo film dalla “prigione” teatrale, sarebbe venuto fuori un prodotto migliore, più coraggioso e meno fallimentare, a differenza di come abbia creduto lo stesso De Angelis.

Anche perché almeno gli spunti se meglio sviluppati avrebbero potuto generare profitto, ma un omaggio, da che mondo e mondo, dev’essere condotto impeccabilmente, per cui non sarebbero state ammesse quelle due o tre scene abbozzate senza una logica fine; quelle due o tre situazioni poco credibili (il fratello del protagonista, ad esempio, non pare troppo nervoso all’inizio per essere stato derubato dal nipote); quelle riprese un tantinello mosse da mal di testa ingiustificatamente nella prima parte, oppure attori tutti bravi ma non bravissimi, che se da un lato non provano mai fortunatamente ad imitare i grandi che furono nella pièce, tuttavia almeno in due o tre occasioni cadono tutti in errore.

Natale in casa Cupiello
Style-Corriere

Un bel cast sì, ma non eccezionale: la Confalone è spontanea, ma cede a stanchezze durante la visione (“fa freddo” ripetuto poco sentitamente fino allo sfinimento); Castellitto si lascia andare a macchiettismi iniziali ma talvolta anche ad un accento un po’ lucano/pugliese, pur cavandosela bene col napoletano ed entrando nel personaggio; il fratello di Luca, il protagonista, non sempre è credibile, poi la lista si ferma qui perché tutti hanno peccato di qualcosa a livello interpretativo.

Ma nessuno delude in definitiva, s’apprezzano le parti, ancor di più la figlia, che se non fosse stata troppo finta durante lo scatto d’ira nella prima parte, forse si sarebbe potuta aggiudicare la palma di miglior attrice della pellicola. Tuttavia, nessuno è migliore di qualcuno tra gli interpreti, nemmeno due protagonisti del calibro di Marina e Sergio da cui certamente ci saremmo aspettati bombe.

Ecco il problema: un omaggio non puoi farlo ad una bomba del teatro universale se non ne sganci qualcuna anche tu.

Natale in casa Cupiello
Napoli da Vivere

Prova a farlo, invece, la fotografia, l’unico elemento davvero riuscito, se si eccettua per quelle riprese un po’ mosse all’inizio, perché, soprattutto quando esce fuori, propone una visione che contribuisce fin dai primi minuti a sospendere la realtà nella fiaba, quella magia del Natale eterna che si rinnova di anno in anno.

È un quadro la scena in cui Castellitto sale le scale per rientrare a casa, tra fiocchi di neve e botti non scoppiati se non al suo passaggio, mentre quell’uomo che vaga solitario si perde nel puro candore (magnifica anticipazione visiva della sua redenzione finale). Ebbene, De Angelis s’affida ad un direttore della fotografia abile nel giocare con la neve, lasciandoci, già attraverso questa metafora visiva, quel messaggio universale di un Natale che, per essere puro, dev’essere unione, famiglia, affetto, semplicità e non convenzioni, tradizioni fini a se stesse, futilità litigiose, ira, rancore, ipocrisia. Emblematica di ciò la scena in cui Luca raccomanda suo figlio di non trattare la mamma come serva, anche se lui non ha una considerazione migliore della moglie, si nota un affanno nel decidere le vite dei figli per insoddisfazioni personali come fossero presepi in cui sei tu a decidere dove collocare i pastori.

“Te piace ‘o presepe?”, la domanda tormentone di questo e del lavoro di Eduardo, è calzante in tal senso come metafora ed è posta proprio da chi ha fatto progetti (di matrimonio, per sua figlia), ma in fondo è conscio del loro fallimento.

Sono belle le riprese dall’alto del famoso presepe mentre il protagonista lo racconta: restituiscono visivamente ancora quel significato profondo di una festa che andrebbe vissuta ogni giorno, non solo come da calendario.

Ci sono infatti in questo caso delle belle associazioni visive tra pastori e persone, c’è un momento puro e toccante di una scena nella neve dove s’abbracciano i due figli fratelli, ma poi tutto precipita nel finale verso il baratro della freddezza abbozzata, ove vediamo Luca/Castellitto sul letto morente, metaforicamente sconfitto dai colpi dell’ipocrisia, delle tradizionali convenzioni, della non purezza e della futilità. Alla fine però si redime nel momento in cui forse finge di non sapere che ha vicino sua figlia e l’amante, e non il marito, e fa in modo che possano stringersi la mano come promessa d’un amore vero, puro ed eterno.

Natale in casa Cupiello
Ilsussidiario.net

La chiusa, tuttavia, è inaspettata nella sua sconclusione, è mancato qualcosa per un finale più dignitoso: gli affetti ed il messaggio risultano così abbozzati, allo stesso modo di una visione fotografica cui prima accennavamo che avrebbe necessitato sicuramente di più scene d’esterno, per evitare di essere schiacciata dentro dai colpi di quel teatro che nella settima arte ci entra solo se al timone ci sono artisti come Eduardo o Totò.

Dunque, buoni gli spunti, ottime le musiche di Avitabile nel creare una certa tensione emotivo-narrativa, meno quella lirica inutile nella sua lungaggine e didascalicità, dato che s’ode subito prima che (guarda caso!) venga nominato il Teatro San Carlo di Napoli.

Insomma, di “Natale in casa Cupiello” di De Angelis s’apprezza qualche tentativo, ma è un film a metà per diversi aspetti, che seppure si caratterizza per un montaggio perfetto che conta un solo brusco stacco, non riesce a decollare, dal momento che nel tentare di fare due cose finisce per non farne nemmeno una.

Se non a metà.

Christian Liguori