Narcos 3: Pablo è morto ma il narcotraffico è vivo più che mai!

Netflix rende il rientro dalle vacanze agli abbonati di tutto il mondo più piacevole, inserendo l’1 settembre nella piattaforma la terza stagione di Narcos.

Dopo il grande successo delle prime due stagioni in cui si raccontava l’Impero di Pablo Escobar e del cartello di Madellìn, la terza stagione ha il compito arduo di riuscire sia a confermare gli apprezzamenti di critica e pubblico sia a far dimenticare la figura di Escobar, il Re dei narcotrafficanti.

Chi si chiede se gli autori Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro ci siano riusciti, sappia che la risposta è “Si! Decisamente e sorprendentemente Si!”

Con dieci puntate della durata di circa 50 minuti ciascuno, precedute da un riassunto delle stagioni precedenti, Narcos 3 racconta l’ascesa e la decadenza dell’Impero del Cartello di Cali, con novità nello sviluppo della trama e nella presenza di nuovi personaggi. “La nuova stagione di Narcos ruota attorno ai padrini dell’industria della coca” ha dichiarato Pedro Pascal (Agente Peña nella serie) e ha ribadito: “L’organizzazione di Cali forse è meno conosciuta di quella di Escobar. Io la reputo più interessante: aveva più soldi, potere e sapeva nascondersi meglio. Ecco il perché di tanto successo”.

Quindi, se a livello di struttura narrativa – voce narrante esterna, uso di filmati storici in concomitanza a quanto accade nella serie e molti primi piani sui protagonisti dell’episodio – Narcos 3 è rimasta fedele, non si può dire lo stesso del suo contenuto.

A seguito della morte di Escobar, infatti, prendono il dominio del narcotraffico quattro spietati boss: Gilberto Rodriguez Orejuela (Damian Alcazar), suo fratello Miguel Rodriguez Orejuela (Francisco Denis), Pacho Herrera (Alberto Ammann) e Chepe Santacruz Londono (Pepe Rapazote). Solo Gilberto però, come ama ripetere, è il leader ed è lui che dà direzione ed ordini al Cartello. Nel primo episodio, Gilberto comunica ai suoi collaboratori che fra sei mesi avverrà la resa: il Cartello di Cali si consegnerà allo Stato colombiano sulla base di un accordo già accettato con il governo.

 Da questa comunicazione dipende quanto accade nei restanti nove episodi e le decisioni prese dai boss e dai nemici del Cartello di Cali. Gli amanti della serie scopriranno che il Cartello di Cali ha modi e metodi diversi da Escobar: agiscono silenziosamente ma senza risparmiarsi in termini di aggressività e di violenza, non dimenticano mai un torto subito, sono abili tiratori e hanno buon fiuto per gli affari. La loro ascesa, però, è minata dagli uomini della DEA capitanati dall’Agente Peña, interpretato da Pedro Pascal, che senza il suo partner Steve Murphy (non si sente la sua mancanza!) dimostra di esser in grado di fermare i quattro narcotrafficanti. Manda a Cali una coppia di gringos Chris Feistl e Daniel Van Ness (rispettivamente interpretati da Michael Stahl-David e Matt Whelan) e, intanto, si fa coadiuvare dal Ministro della Difesa Botero per le autorizzazioni alle operazioni.

Gli autori scelgono di soffermarsi molto sulle vite dei rispettivi boss e soprattutto di narrare la difficile situazione di Jorge Salcedo (Matias Varela) che lavora per il Cartello di Cali e, per proteggere la sua famiglia, decide di collaborare con la DEA, rischiando di morire per mano del Cartello di Cali più e più volte.

Dei quattro boss scopriamo, ad esempio, che vivono nel lusso e nello sfarzo più sfrenato e che nelle loro abitazioni hanno tenuto conto anche di nascondigli anti cattura. Si scopre anche che Gilberto ha tre mogli con le quali condivide due giorni alla settimana ciascuna, che Miguel, considerato incapace dagli altri, non solo si prende la vedova di Salazar ma è capace e spietato insieme al figlio David Rodriguez (Arturo Castro) e che Pacho è un killer senza scrupoli omosessuale e sensibile. Solo Chepe è l’unico che non crede alla resa e si trasferisce a New York per espandere il mercato di cocaina non senza lotte e vittime. Ogni impero, però, ha un inizio ed una fine che per i quattro boss sarà diversa, crudele e ben descritta.

Basta indugiare troppo sulla trama; vedrete da soli come, episodio dopo episodio, resterete bloccati a casa a vedere Narcos 3 finchè non arrivate alla fine. È l’effetto senza controindicazioni della serie Narcos!

Lasciateci sottolineare ancora alcuni elementi, però. In Narcos 3 si sceglie di raccontare l’omosessualità di Pacho, accettata dai boss e vissuta pubblicamente, nonostante “Essere apertamente gay era molto raro in quei tempi, soprattutto nell’ambiente che raccontiamo nella serie”, come sottolinea Alberto Ammann che interpreta Pacho. La scelta di mantenere lo spagnolo rende più realistici e convincenti i dialoghi e le scene girate.

Il cast è stato ampliato con Miguel Angel Silvestre nel ruolo di Franklin Jurado, l’addetto al riciclaggio di denaro del Cartello di Cali, e con Kerry Bishe che interpreta Christina, la moglie di Jurado. Vi era una curiosità per i loro personaggi che non è stata soddisfatta. Sorprende, invece, e piace molto la prova d’attore di Juan Pablo Gutierrez nei panni di Guillermo Pallomari.

Il finale del decimo episodio fa intendere che la quarta stagione si soffermerà sul narcotraffico in Messico e non ci sono dubbi che, come la terza, anche la quarta stagione ripagherà dell’attesa e della curiosità.

Certi che non verremo smentiti…buona visione!

Sandy Sciuto