Nadia Comaneci, un volo oltre l’infanzia

Nella ginnastica artistica l’esercizio delle parallele asimmetriche richiede braccia forti, velocità d’esecuzione e sincronismo corporeo. Alla conclusione di una sequenza di movimenti disegnati a un ritmo musicale tra uno staggio e l’altro, l’atleta in volo si modellò come l’argilla per una scultura prima d’atterrare al suolo immobile: sembrava la statua in porcellana di una bambina con la frangetta. In visibilio il pubblico consapevole d’aver assistito a qualcosa di eccezionale applaudì fino a spellarsi le mani e i giurati severi custodi dell’applicazione tecnica ed estetica, increduli più che stupefatti diedero unanimi il loro giudizio: voto Dieci. La Perfezione assoluta e tale e tanta fu la ripercussione di quell’incredibile risulato che sul tabellone luminoso apparve solo 1,00 perchè non era mai stata considerata una quarta cifra. Così, alle Olimpiadi di Montreal nel 1976, Nadia Comaneci, dopo quella fantastica prestazione, entrò nella storia dello sport e quattordicenne divenne donna senza neppure vivere l’adolescenza necessaria per diventare adulta.

Una volta ritornata in patria, carica di gloria: tre medaglie d’oro, una d’argento e una di bronzo, frastornata da roboanti onorificenze, lusingata da privilegi a cui non era abituata e ingannata da una corte di falsi amici, cadde tra le grinfie di un regime dittatoriale e corrotto, com’era quello della Romania di Ceausescu.  La fanciulla cresciuta anzitempo, venne usata come simbolo d’eccellenza  per le glorie di un comunismo truccato: uno specchietto per le allodole che nascondesse le miserevoli magagne di un paese e siccome il denaro e il potere sono trappole mortali che funzionano sempre, credersi in paradiso fu il passo più breve per perdere quell’equilibrio di cui Nadia, in pedana e tra gli attrezzi, era padrona assoluta.

Diventa la fidanzata di Nicu, il figlio del Conducator, inquina la sua bellezza naturale che viene esibita  con atteggiamenti sbagliati però continua a mietere un successo dopo l’altro e suggella la sua caratura di ginnasta a livelli eccezionali. Ma girando per il mondo lei confronta, capisce, matura e si evolve, mentre lui continua con l’uso dell’abuso: perversioni e violenze la feriscono più nell’animo che nel fisico e fatalmente ghermita dalla depressione, solo la rigida disciplina e l’impegno che richiede lo sport le offrono l’occasione per riemergere: alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, vince l’alloro alla trave, a pari merito quello del corpo libero e ottiene l’ argento nell’individuale e nel concorso a squadre.

Guardata a vista dagli sgherri del tiranno poiché ambasciatrice dello sport rumeno alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, ormai da qualche tempo cova dentro di lei un bisogno irrefrenabile di libertà. Finalmente in una notte di autunno del 1989 scappa per sempre, varcando a piedi il confine con l’Ungheria continuando fino all’Austria. Da lì poi si rifugia negli Stati Uniti, chiese e ottiene asilo politico un mese prima che quell’ingannevole impalcatura di un regime di cartapesta crollasse al soffio delle verità democratiche occidentali foriere delle nuove esigenze di giustizia e libertà di un popolo.

Un Paese ancora zoppicante ma finalmente padrone del proprio destino, cinque anni dopo l’accoglie, con lo stesso visibilio di quando era esaltato dalle sue inimitabili acrobazie, con il giusto tributo ad una delle più grandi interpreti dell’arte ginnica che, oltre a innumerevoli prestigiosi trionfi, seppe esprimere al massimo la leggerezza e la leggiadria impersonando in quella difficile disciplina che è la ginnastica uno stile personale, un movimento particolare, una leggerezza ai confini delle leggi della fisica: in una parola, la Grazia artistica.

Oggi, a cinquantacinque anni, Nadia Comaneci è una matura ma ancor bella signora sposatasi nel 1996, realizzata e felice si occupa della sua accademia di ginnastica, s’impegna in attività benefiche e ha scritto pure un libro. Da più lustri, ha trovato la tanto sospirata stabilità nel tempo e nello spazio come quando, speranzosa promessa della natia Onesti, volteggiava sul cavallo, danzava sulla trave, piroettava sul quadrato e atterrava plasticamente dagli staggi sulle pedane di un qualsiasi palazzetto.

Certe volte basta poco per ritrovarsi: è sufficiente un ambiente, dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno.

Vincenzo Filippo Bumbica