Mille buoni motivi per vedere assolutamente “Una poltrona per due”

Lo mandano in onda ogni anno in questo giorno, e forse noi attendiamo la vigilia di Natale anche per farci quattro risate grazie a due attori di spessore come Eddie Murphy e Dan Aykroyd. Tuttavia, “Una poltrona per due” non è una semplice o classica commedia natalizia, ma un capolavoro cult della settima arte, che non andrebbe mandato in tv solo il 24 dicembre di ogni anno, ma più spesso, per fare ulteriori riflessioni. Le stesse che vi invito ad elaborare a partire dalla mia recensione. Guardatevelo oggi, ma tenete a mente le seguenti osservazioni.

Una poltrona per due
My Red Carpet
È ormai cult quanto il film la colonna sonora che, nei primi minuti fa da sfondo “a valzer melodico” d’una non troppo melodiosa presentazione, rappresentazione sintetica di quello spaccato che, da sempre, divide in due Paesi come gli USA, ove il capitalismo è maggiormente alle stelle: da un lato lusso e regali di Natale, dall’altro povertà e slarghi nel degrado. Persino le statue di uomini illustri del passato, come i primi presidenti americani, sono linde e pinte, mentre molti uomini arrancano. E sotto quell’abito da Babbo Natale felice, che è un altro emblema del capitalismo prima americano poi mondiale, non sempre si celano persone gioiose o benestanti, anzi quasi mai, anzi tutt’altro, come verrà fuori ad un certo punto della narrazione filmica.

Ecco spiegati i contrasti insiti persino nelle tonalità di una colonna sonora fortemente espressiva che, difatti, pur non trionfando alla vittoria fu premiata già per la candidatura agli Oscar.

È il capitalismo sfrenato, portatore di ricchezza e benessere a trascinarsi dietro, ed inevitabilmente per tutti, la povertà, le disuguaglianze (anche sociali, con tanto di stereotipi e razzismi qui presenti), non senza ipocrisie che rivelano una superficialità anaffettiva che prima era stata scambiata erroneamente per leggerezza. È quanto accade al protagonista qui interpretato da Dan Aykroyd, ma è quel che può succedere inevitabilmente a tutti (com’è scritto sopra), perché la ruota gira, e non sono i soldi a farla girare, bensì gli umani con il loro desiderio di competere per chi ha di più per gettare nella merda qualcun altro che avrà, dunque, di meno.

Una poltrona per due
Cinema Fanpage

Ebbene, nel film diretto da Landis nel 1983 tale “rappresentazione roteante”, che meglio si riallaccia all’incipit per descrivere, non senza punte ironico-caricaturali, gli eccessi del capitalismo (e quindi la sua degenerazione), trova la sua migliore ambientazione e resa in una delle sequenze conclusive, alla borsa per eccellenza: Wall Street, New York, la più importante e potente del mondo, “ultimo bastione del capitalismo”.

Il ricco diventa povero e il povero ricco, in una sorta di “travestimento plautino”, potremmo dire, in questa pellicola.

Poi, alla faccia pure del razzismo e degli stereotipi che qui spesso vengono fuori ai danni degli afroamericani, è proprio il nero Murphy ad aiutare il bianco Aykroyd, con onestà.

Perché, difatti, siamo tutti sulla stessa barca, e anche chi crede di poter decidere le vite degli altri (come i due ricchi proprietari), alla fine deve soccombere ad un imperscrutabile destino che sa essere più sadico, manipolatore e feroce di loro, portandoli letteralmente al collasso. Non fa differenza un colore o un altro della nostra pelle, specialmente se si è vittima di un gioco che, da sempre, manda avanti la gente con i soldi (e non il denaro), che così accresce il proprio potere e crede (ma solo ignaramente) di poter decidere sempre e comunque le sorti di quella famosa ruota che gira.

“Una poltrona per due” è come un fucile che spara sui potenti quando si prendono gioco (come fanno da sempre) dei più deboli, un monito per ricordargli che non sempre saranno loro a poter esaltare o ridurre le persone a seconda delle proprie esigenze sadiche: potrà capitare anche a loro.

Una poltrona per due
Quinlan.it

La pellicola dimostra anche come la cattiva gestione del denaro a volte possa compromettere l’umanità, se scade in errore. Infatti, pur abile nel non sperperare i suoi soldi, Aykroyd aveva finito per vivere solo per quelli e per il suo lavoro, i suoi affari, riducendo il tempo per i sentimenti e trattando quasi con sdegno la sua servitù. Trovandosi dall’altra parte capirà che è sempre meglio essere se stessi che di natura danarosa, visto che siam fatti di carne ed ossa, e non di banconote. “Sii te stesso” è anche il monito, infatti, esplicato a vantaggio di Murphy da parte del “servo” Coleman, quando il primo chiede preoccupato al secondo circa cosa debba fare il suo primo giorno di lavoro in azienda.

Una poltrona per due
Screenweek

E cerchiamo di essere noi stessi sempre, specialmente a Natale, preoccupandoci più dei buoni sentimenti che della corsa ai regali, che tanto non conta nella vita quanto ciò di cui siamo fatti: non banconote, ma carne ed ossa.

Christian Liguori