michela giraud intervista
Michela Giraud - foto di Sara Sabatino

La mia non è proprio fame, è più voglia di Michela Giraud – l’intervista

Questa intervista a Michela Giraud per Social up rientra tra i momenti più singolari della mia carriera giornalistica. Dopo una quantità indefinita di email e uno sventato ed imbarazzante identikit da stalker, riesco a fissare un incontro con Michela. In quell’esatto momento si è creata un’immagine nitida e chiara. Uno scintillante studio televisivo e un uomo in divisa da postino che esclama: “Maria, Michela ha accettato l’invito ed è qui con noi!” Sigla!

Reduce dallo spettacolo “Michela Giraud e altri animali” al Lanificio 25 di Napoli, penultima tappa del tour in giro per il Sud d’Italia, fisso con lei ora e luogo dell’incontro. Rientro a casa e inizio a scrivere sulla mia agenda rosa shocking una serie di domande e una sorta di linea guida da seguire. Il giorno dopo mi presento al suo hotel, carico per l’incontro, ma arrivo alla portineria e l’omino storce il naso dicendomi che Michela non c’è. Era uscita un attimino. Sospiro di sollievo, non ero stato bidonato.

michela giraud intervista
Michela Giraud – foto di Sara Sabatino

 

Dopo qualche istante, eccola, avvolta in questo lungo cappotto blu scuro, ci salutiamo. Non saliamo da lei, ma mi propone di pranzare insieme e mi dice:
Mi porti da Michele?” (Una delle più famose pizzerie di Napoli ndr)
Ci incamminiamo e in quel momento realizzo che la mia intervista non sarà un’intervista, ma un pomeriggio in compagnia di Michela. Sento già che siamo amiche e dimentico di far partire subito il registratore.

Volevo chiederti delle tue origini torresi (di Torre Annunziata, Na, ndr), sai che sono proprio di lì?

“No, ma davvero?”

Sì, e pensare che l’ho scoperto ieri, al tuo spettacolo. Cioè ma lo stadio di Torre Annunziata il Giraud…

“Esatto, mio padre è di lì, mia nonna è di Torre Annunziata, siamo proprio i Giraud dello stadio.”

Ci interrompiamo. Strada facendo, ci fermiamo a comprare una sciarpa che le servirà da riparo dal freddo di Avellino dove la sera avrà l’ultima tappa del suo tour. Raggiungiamo la pizzeria e prendiamo il numerino che ci permetterà di entrare. Non so come, ma si invertono i ruoli ed è lei a farmi le domande.

Ieri sera, ti sei divertito?

“Sì. Alcuni sketch li conoscevo già, li avevo visti online, ma vederti dal vivo è un’altra storia. Sei carismatica, il palco sai tenerlo con grinta. Anche nei momenti di pausa, non cade mai quel silenzio imbarazzante. Sei particolare, una forza. Sei stata una bella scoperta. Pensa che non volevo venirci, avevo il timore di incontrarti. Paura di sentirmi male. Mi dicevo: metti che la incontro e poi… Tu con la Cortellesi sei… [Michela = Dai non esageriamo!] No, ma lasciami finire! Siete le comiche che preferisco. Incontrarti è stato un piccolo sogno. Quando lo fai per lavoro e unisci utile e dilettevole è un’emozione diversa. Ad ogni modo sei stata brava. Il pubblico…”

“Scusa ma che stiamo facendo? Le domande devo farle io! Come ti è sembrato il pubblico napoletano?

Guarda il pubblico napoletano non puoi darlo per scontato. L’anno scorso sono stata al Teatro Bellini e mi sono preparata molto. Ho sempre avuto un po’ paura dei napoletani, perché hanno i propri riferimenti, la propria comicità, la forte cultura. Il teatro e l’intrattenimento sono momenti complessi. Durante il primo show ho notato un primo momento di adattamento. Ma è giusto così. Chi viene ai miei show, spesso ha in mente gli sketch di Educazione Cinica e non subito si rende conto che ciò che sta per vedere e tutt’altra cosa. La cattiveria e la schiettezza possono essere uguali ma i temi no, quelli sono i miei. Non devo mai fare l’errore di pensare di essere in confidenza fin da subito. Qualche volta il pubblico va accompagnato. Mi è capitato anche altrove, Palermo ad esempio, ma anche a Roma e sono certa che la maggioranza si aspettava di vedere gli sketch di Educazione Cinica e non ha compreso la mia stand up comedy. E’ un aspetto sia bello che brutto di chi viene a vedermi, ma non conosce la stand up. Quando mi ritrovo in queste situazioni, mi prendo un attimo di tempo e perdo qualche minuto per entrare in confidenza con il pubblico. Così ieri, ho lasciato che i primi dieci minuti fossero esplorativi, poi insieme abbiamo volato e quando il tempo era ormai finito, un po’ mi dispiaceva. Ma c’era il secondo spettacolo… E’ stato emozionante, ad entrambi gli show il pubblico è stato bellissimo e caloroso.”

Una coppia ci avvicina e la ragazza chiede titubante a Michela:

Ragazza: -Per caso sei tu?-

Michela -Sììììì, sono io, il Gabibbo!-

Ragazzo: -Davvero è la voce del Gabibbo?-

Ragazza: -No, Antò! Non è il Gabibbo ti stiamo prendendo tutti in giro-

Michela imita la voce del Gabibbo alla perfezione.

Il ragazzo rimane incredulo e sono sicuro che tuttora pensa che Michela sia il Gabibbo.

Entriamo in pizzeria e Michela prova a rubarmi di nuovo il lavoro!

Ma quindi tu sei di Torre Annunziata? Dovresti dirmi tu come si sta lì.”.
“Bene! I torresi sono molto orgogliosi della propria città. Ci stiamo riprendendo un po’ di spazio, noto una sorta di riqualificazione. Tu, invece, che ne pensi?

“Io, di Torre, ho un ricordo strano. Erano in realtà gli occhi di mio padre a darmi una visione generale. Mio padre, che è un incrocio tra Sorrentino e Mario Merola. E’ quel napoletano signore, ma anche devastato, che si sente tradito dal ricordo di una Napoli che non tornerà più quella di quando era bambino e ciò gli ha generato sempre una grande sofferenza. Per questo motivo ci siamo tornati poche volte ed ero una bambina. Quindi immagina una bambina che viene da Roma e si ritrova a Torre… Vorrei tornarci davvero e farei volentieri un live, per me sarebbe emozionante. Vorrei piacere al pubblico di Torre, essere riconosciuta come una di loro, una Giraud.”

Parliamo ancora un po’ dei parenti, dei locali, del mare della nonna e di zio Pasquale e sono sicuro che scavando ancora avremmo trovato una parentela in comune.

Stasera dopo Avellino, termina il tour di Michela Giraud e altri animali?

Sì, Avellino è l’ultima tappa ci sono state anche Bari, Santa Maria Capua Vetere e Napoli.

michela giraud intervista
Michela Giraud – foto di Sara Sabatino

Tour finito, quali sono i nuovi progetti?

“Ecco, di ciò non so se posso parlarti. Sicuramente posso dirti che sarò al cinema con un film su Alberto Sordi, dove interpreterò la figlia di Alberto, Aurelia Sordi. Questa è l’unica cosa che posso dirti. E’ un piccolo ruolo, ma per me è molto importante. Uscirà prima al cinema e poi andrà in onda su Rai 1. Nel cast c’è Edoardo Pesce che interpreterà Alberto, lui è molto bravo, davvero tanta roba!
Posso anche dirti che la prima volta in cui sarò attrice co-protagonista, sarà in un film che ancora deve essere girato che si chiamerà Maschile singolare, un film sull’omosessualità.
Per me è molto importante diversificare. Molto spesso mi associano solo ai fenomeni del web. In Italia c’è un po’ questa tendenza a creare delle categorie, dei compartimenti stagno. C’è chi mi vede solo come fenomeno del web o che fa stand up comedy, che dice parolacce, ma io scrivo i miei testi, c’è tanto lavoro.”

Come è nata Michela Giaud la comica! Un essere in potenza che aspettava di sbocciare?

“Esatto. Ad un certo punto arriva il momento in cui sai che devi fare quella cosa, nonostante tu ci abbia messo di mezzo tanti ostacoli. Ho fatto danza per 10 anni con risultati devastanti, ma a me non fregava niente, volevo continuare a ballare. Ho fatto chitarra in modo fallimentare, corsi di francese, e tante altre cose. Poi è arrivato il teatro ed ho assecondato questa mia passione. In quel periodo sul web c’era solo Willwoosh, non c’era ancora quell’egocentrismo folle, e adesso anche la stand up. Avevo l’idea che l’attrice dovesse essere quella con la taglia 40 e con il naso rifatto. Non c’era posto per me, perché non rispondevo a queste caratteristiche. Allora avevo anche due taglie in più di adesso. Poi, mi sono stressata molto per laurearmi e contemporaneamente prendere il diploma di attrice. Dovevo farlo anche perché porto sempre a compimento quello che inizio, costi quel che costi e spesso ci ho rimesso la salute.”

Come si è evoluta?

“La mia è stata una carriera ad esclusioni. Ho incontrato persone che mi hanno chiuso tante porte in faccia. Ogni volta che una porta si chiudeva, dopo un primo momento di abbattimento fisiologico, mi rialzavo e partivo più forte di prima. Sai in modalità Super Sayan. Al teatro mi hanno più volte fatto intendere che non avrei mai potuto fare l’attrice classica. Quindi ho iniziato a concentrarmi su me stessa e sul cabaret. Nel cabaret romano mi hanno fatto capire che non potevo andar bene, perché mi sono rifiutata di trascendere e fare la macchietta di cose che non mi andavano. Infine la stand up ed anche lì, si organizzavano cose in cui mi sono sentita esclusa, per il mio passato a Colorado. Che poi, è un esperienza di cui rimarrò sempre orgogliosissima. Credo che ogni comico nella vita dovrebbe aver fatto almeno una puntata di Colorado. Per me è stata la mia nave scuola. Poi ho spinto molto sul web. E’ stato tutto un concatenarsi di porte che si chiudono e paradossalmente posso dire che tra le mie doti c’è proprio quella di non perdersi mai d’animo. Ho sempre cercato di buttarmi e rischiare anche di farmi male, ma alla fine, eccomi qua.”

Con l’ansia? Come la gestisci? E’ un topic dei tuoi show!

“Io ho dei disturbi d’ansia molto profondi. Ho alle spalle anche una famiglia molto ansiosa.”

Sorella benvenuta nel Club! Batti il Cinque! Eccoci qua!”



“Ho capito che l’ansia era davvero invalidante, un freno a mano per le mie performance. Mi toglieva troppe possibilità, in più ho capito che a volte derivava da persone con cui lavoravo che non mi ritenevano all’altezza. Quando ho realizzato che era controproducente, che mi ostacolava, invece di darmi valore, ho iniziato a obbligarmi a scacciarla. L’ho combattuta.”

Esatto, va combattuta. Sai che mi hai dato tu lo spunto per parlarne nella posta del C* di Zio Benny? Perché tu, nei tuoi show fai sta cosa, riesci a inserire dei passaggi importanti, seri, che inducono alla riflessione: ansia, situazioni familiari, satira politica. Vere battute con retroscene significativi.”

 

“E’ un discorso complesso! Mi chiedo quanti si fermino davvero a riflettere. Le persone che sono naturalmente lontane dalla Stand up comedy sono quelle che la vedono come un trastullo snob dei adical chic, mentre il mio obiettivo è cercare di diversificarmi e abbracciare la più grande fetta di pubblico possibile. Non è una questione di cultura. Io non condanno chi è povero culturalmente, ma chi è povero mentalmente. Puoi non aver studiato, ma puoi avere l’intelligenza e la sensibilità di fermarti e pensarci un attimo e questo è indipendente dal bagaglio che hai. Conosco tantissime persone indottrinate, ma vuote.
La distinzione non va fatta tra chi ha studiato e chi no, ma tra chi pensa e chi non pensa. E’ una sfumatura. Questo è un periodo storico dove c’è tanta impazienza e le sfumature si sono perdute completamente.
Io, nei miei spettacoli, cerco di riportare le sfumature. Provo a riportare una mia lunga riflessione all’interno di una serie di elementi comici. Alcune sono cose che fanno ridere in quanto tali, ma nulla può essere slegato.”

Battute che arrivano a svelare una verità!”

“Non sono verità, ma un mio punto di vista, mica sono un oracolo. Una cosa sbagliata di alcuni stand up comedian è la loro scelta di fare sermoni per farsi dare ragione.
Il compito del comico è quello di arrivare a certe conclusioni prima dello spettatore, ma offrendo un proprio punto di vista che può anche essere errato.”

michela giraud

La collaborazione con Brunori come è nata?”

“Devi sapere che i miei amici fanno sta cosa. Usano me che vivo questa condizione di mezza fama, per parlare con persone con cui per fortuna o che per caso incontro per lavoro.
Tornando a Brunori, ho questo amico che mi fa, “Non sai quanto rimorchio, da quando dico che Brunori è mio cugino.”

Quando ho incontrato Brunori gliel’ho raccontato e mi ha guardata come ‘na matta! Si è poi accertato della cosa e scopre che avevo ragione. Mentre parlavamo di questa persona, Stefania Bonomini, la sua manager, decide di corteggiarmi, e qui capisco la lungimiranza di molti manager grazie ai quali alcuni artisti fanno cose fantastiche. Stefania, mi scrive e mi chiede se mi piacerebbe fare un video con Dario. Sono sicura che ha fatto un lavoraccio per farmi conoscere e apprezzare da Dario. In breve ci incontriamo e ad un certo punto mi dicono che lui non sa usare i social. Io senza mezze misure gli dico che è ovvio, non può essere social se sta sempre con quel cappotto e che il suo, sembra Instagram del cimitero.
Abbiamo iniziato a prendere appunti della nostra conversazione. Lui poi è così carino, che mi è sembrato di lavorare con un amico di sempre. Mi sono chiusa in casa ho scritto lo sketch e il giorno dopo ci siamo visti per provare. Lui beveva sto vino e mi fa “eh lo sai Michela” con il suo solito tono, io lo interrompo subito e gli dico: “Ao, noi qua dobbiamo prova, perché se tu fai il video e non va bene tu non sei comico, sei musicista, io no! Io so comica, me devo impegna.”
Con l’aiuto di Giacomo, il regista delle Coliche, che è bravissimo, tutto ha funzionato. Io non so se con qualcun altro sarebbe andata così. Sono cose che devono accadere, una magia. Lui si è fidato della mia intelligenza e io mi sono allargata e lui me l’ha permesso. Ci siamo fidati a vicenda e c’è stata la magia.”

Domanda Sanremo. Non di tutto il polverone su Amadeus, che credo di immaginare come la pensi. Una cosa più importante. Vuoi fare Sanremo?

“Come conduttrice? Sì, subito, domani. Quando? Sanremo da Carlo Conti è tornato ad essere l’evento più cool del momento, anche con l’esplosione dei social. Non credere a chi ti dice che a Sanremo non ci vuole andare, perché tutti vogliono andarci. E’ il punto di arrivo dell’intrattenimento italiano ed ogni comico, ogni attore vuole salire su quel palco.”

Alla fine abbiamo mangiato la pizza, come due vecchie amiche del liceo che si rincontrano. E’ stato d’obbligo per me portarla a prendere un caffè ed è rimasta stupita da quanti caffè, in media, un napoletano può bere ogni giorno. Abbiamo continuato a passeggiare per un po’, guardato le vetrine e chiacchierato anche un po’ di fattacci nostri. Le nostre strade si sono poi divise e di sottofondo, lo so, c’era Céline Dion con My heart will go on, io, la sua Rose, sono sceso nei meandri della metropolitana, lei, il mio Jack saliva verso Spaccanapoli.

Benito Dell'Aquila