Man on the moon – Stravaganza e ribellione, in ricordo di Milos Forman

Recentemente scomparso il 13 aprile del 2018, Milòs Forman è stato un regista statunitense, di origine ceca, autore di celebri film quali Amadeus e Qualcuno volò sul nido del cuculo, vincitori di numerosi premi (tra cui l’oscar per miglior regia). Per ricordarlo in questo articolo parliamo del suo film Man on the moon, orso d’argento a Berlino, un’opera biografica sul geniale ed eccentrico comico statunitense Andy Kaufman, interpretato da Jim Carrey.

Anche in questa pellicola, come in Amadeus, Larry Flint, e L’ultimo inquisitore, Forman sfrutta il genere biografico per ricostruire tassello dopo tassello la vita, le opere , il carattere e la psicologia del personaggio da lui scelto come protagonista del film. Le stravaganze di Andy Kaufman, un comico a dir poco sopra delle righe, che stravolse la comicità americana con personaggi irriverenti, che spesso provocavano il riso proprio per la loro esuberanza senza controllo (il che li rendeva talvolta anche molesti) sono il materiale di partenza perché il regista costruisca una pellicola-sketch, che si concentra, però, anche sull’ultimo periodo della vita di Kaufman, caratterizzato dalla malattia.

Milos Forman, insieme a Danny De Vito e Jim Carrey

Un film composito e avvolgente, come molti del regista, che riflette su questo strano personaggio, sulla sua assurda capacità di non mettere mai fine allo scherzo, persino nei momenti più difficili della sua vita; di impersonare personaggi eccentrici come se questi fossero reali e spingersi fino in fondo in una sua personale e provocatoria visione della comicità, talvolta così radicale da essere poco comprensibile. Come in Amadeus il protagonista è un artista geniale e fuori dagli schemi, estremo e imprevedibile, a tratti beffardo, destinato, però, ad una prematura scomparsa. In Man on the moon l’ ostacolo è la malattia, in Amadeus la contorta invidia di Salieri.  In entrambe le pellicole c’è grande attenzione per lo spettacolo, per la performance e la “trovata geniale” dei protagonisti. Per buona parte del film, infatti, Man on the moon riproduce gli sketch più celebri di Kaufman, grazie ad un convincente Jim Carrey, che si immedesimò totalmente nel personaggio (su questo tema il documentario Netflix Jim & Andy), offrendo una delle migliori interpretazioni della sua carriera (assieme a The Truman Show). La “folle” irriverenza di Kaufman in Man on the Moon ricorda anche la ribellione e la sfrontatezza di McMurphy (Jack Nicholson) in Qualcuno volò sul nido del cuculo, il capolavoro del regista. Oltre ad essere molto bravo nel dirigere gli attori Forman conferma di essere attratto da personalità contraddittorie, a volte borderline, che sfuggono alle definizioni e gli schemi e sono difficili da comprendere proprio per la loro assoluta imprevedibilità. In loro c’è sempre un certo gusto per la contestazione e per l’eversione: uno spirito beffardo e ribelle, che come dicevamo è incarnato perfettamente da Qualcuno volò nel nido del cuculo, ma anche da Hair, musical drammatico che riflette sul Vietnam.

 In Man on the moon, il cui titolo deriva da una canzone dei R.E.M. dedicata proprio ad Andy Kaufman, Forman dimostra la sua grande capacità di ricostruire il mondo che ruota intorno ai suoi personaggi, così da rappresentare anche la loro psicologia. Non a caso diversi suoi film si basano su sceneggiature non originali (tratte da romanzi o piece teatrali) che il regista rielabora con un’attenzione scrupolosa e una cura dettagliata per il racconto dei singoli episodi, costruendo così un affresco stratificato, a volte anche monumentale, come in Amadeus. Con i suoi film Forman ha senza dubbio comunicato un suo personale modo di fare cinema, i suoi film sono sempre pensati, così come i suoi personaggi, mai banali, ma delineati a tutto tondo, mai ridotti a semplici macchiette, seppure nella loro stravaganza; rappresentati invece nella loro ambivalenza, come dimostra la seconda parte di Man on the moon, in cui vengono denudate anche le fragilità e le mancanze del protagonista costretto a confrontarsi con la malattia. 

Nel suo ultimo film “L’ultimo inquisitore” è invece l’Inquisizione ad opporsi alla ribelle e provocatoria arte del pittore Goya, durante l’Età Napoleonica. La pittura eversiva dell’artista che sbeffeggiava la chiesa denunciandone la corruzione viene contrastata dal perverso rigore dell’inquisizione, incarnato dal prelato Lorenzo Casamares (Javer Bardem), l’ultimo inquisitore, che sceglie come vittima preferita l’innocente musa di Goya (Natalie Portman) per torturarla, mortificare la donna e insieme a lei l’arte del pittore.

Francesco Bellia