L’era dei podcast: non si ascolta più in compagnia, ma da soli

Per tutta l’antichità fino alla nascita del romanzo, ad inizio Ottocento – periodo in cui nacque e si sviluppò il movimento artistico-letterario del Romanticismo – la lettura era sempre stata un’azione prevalentemente ad alta voce, pubblica e indirizzata ad un pubblico ampio, vasto, sovente appartenente alle corti. Con la nascita del romanzo, la lettura passò dalle caratteristiche genetiche appena descritte a divenire un fatto muto, privato e silenzioso. Basti pensare a come si suole fruire un libro oggigiorno: il libro è un momento puramente personale, un momento connotato da una lettura appunto muta ed effettuata in maniera silenziosa.

Ebbene, un discorso simile a questo è possibile applicarlo anche alla dinamica dell’ascolto. Sia che si tratti di una canzone o di un radiogiornale, sia che si tratti di una radio, di un iPod o di uno smartphone, anche l’ascolto è diventato un atto puramente personale e silenzioso, che si tende a non fruire più in compagnia.

Per dedurre questo basta pensare alle varie innovazioni tecnologiche nate negli ultimi decenni. A partire dall’introduzione sul mercato del walkman nel 1979, e proseguendo poi con i primi iPhone a metà anni Duemila per arrivare agli iPod, possiamo vedere come questi nuovi “corpi tecnologici” immersi nel mercato abbiano reso l’ascolto – indipendentemente dall’oggetto – un fatto privato. Oltre a ciò, il mutamento è diretta conseguenza anche delle nuove offerte e delle nuove vie di trasmissione: lo stesso settore radio, come esempio maggiormente lampante, a partire dagli anni Novanta ha visto un sensibile aumento dell’utilizzo della piattaforma web da parte di diverse compagnie radiofoniche, permettendo di fruire i programmi radiofonici di intrattenimento direttamente da smartphone e computer; in maniera, appunto, privata e, tendenzialmente, silenziosa.

Siamo ormai distanti anni-luce dalle 11.15 del 3 Settembre 1939, minuto esatto in cui Neville Chamberlain – primo ministro inglese – collegandosi in diretta da Downing Street con tutte le emittenti radiofoniche inglesi già esistenti (effettuando, in termini tecnici, un live-radio broadcast) annunciò alla nazione l’entrata in guerra dell’Inghilterra al fianco della Francia e Stati Uniti contro la Germania. In quegli attimi, un intero popolo, intere compagnie, intere famiglie stavano ascoltando insieme il messaggio radio da parte del primo ministro. Un momento fruito insieme, in compagnia.

Sono lontani anche i decenni immediatamente successivi, in cui le famiglie usavano acquistare un apparecchio radiofonico e piazzarlo in salotto, così da poterlo utilizzare in compagnia. La tecnologia che ci permette oggi di ascoltare è contenuta in una misura fisicamente minore, seconda una mera logica di progresso tecnologico, ed è soprattutto più economicamente abbordabile rispetto all’acquisto di una radio di qualche decennio fa: l’oggetto che ci rende possibile l’ascolto di un programma di intrattenimento, di un radiogiornale o di un podcast possiamo ora tenerlo in tasca, sia che esso sia un iPod o uno smartphone.

Appunto, un podcast. Il podcast è l’ultima frontiera di questo lungo – o breve, possiamo considerarlo secondo più sfaccettature – mutamento dell’atto di ascoltare: da un fatto comune ad un fatto privato e silenzioso. La formula del podcast è resa possibile solo con il parallelo sviluppo della tecnologia degli smartphone, riconducibile quindi al decennio più vicino a noi. Il termine podcast consiste nel fenomeno dell’audioblogging, vale a dire nella registrazione di programmi di qualsiasi forma – sportivi, di intrattenimento, talk show, d’informazione, cultura e quant’altro –. Il termine audioblogging ha fatto largo dal 2014 circa al termine podcasting, coniato dal giornalista Ben Hammersley in un articolo sul Guardian. Se fino ai primi anni Duemila questi programmi audio registrati erano fruibili tramite un download online sui primi computer, con l’evoluzione degli smartphone ora le registrazioni di questo tipo sono fruibili direttamente sugli smartphone, senza il bisogno di effettuare un download online, ma semplicemente visitando il canale podcast cui si è interessanti o iscrivendosi ad esso.

Soprattutto Apple si è dimostrata molto incline a questa nuova moda: gli ultimi iPhone presentano già dalla loro nascita l’app denominata Podcast, in cui è possibile includere, salvare ed ascoltare i vari programmi registrati. Tutto questo ha portato ad un fortissimo implemento di programmi nella forma di podcast a partire proprio dal 2014. Una ricerca del 2016 denominata Edison Research ha rivelato che il 21% degli americani di almeno 12 anni, nel mese precedente, aveva ascoltato e seguito assiduamente almeno un programma podcast: il 21% equivale a 57 milioni di persone.

Il podcast, e insieme a questa ultima evoluzione possiamo considerare anche il parallelo sviluppo degli audiolibri, è quindi l’ultima forma del lungo processo che ha cambiato negli ultimi decenni il nostro modo di fruizione uditiva: da un ascolto pubblico e comune ad un ascolto muto e privato.

Andrea Codega