Leggende dalla terra di nessuno: Eric J. Leed e i miti della Prima Guerra Mondiale

Terra di nessuno – Esperienza bellica e identità personale nella Prima Guerra Mondiale è un libro di Eric J. Leed uscito nel 1985.

Fa parte della miriade di pubblicazioni che parlano della Grande Guerra e della sua natura assolutamente innovativa rispetto alle esperienze belliche del passato, eppure spicca tra i suoi simili.

La prosa di Leed infatti è tanto incalzante quanto esauriente, il testo è strutturato per raccontare storie e non esporre solo analisi, e la prospettiva dell’autore – a cavallo tra storia e antropologia culturale – dà all’opera una brillante unicità.

Partiamo dal principio: che cos’è la famigerata terra di nessuno?

Si tratta di una porzione di terra non occupata, o la cui occupazione è oggetto di una disputa. L’espressione, che possiamo far risalire almeno al XIV Secolo nella forma nonesmanneslond, è rimasta intrecciata nel secolo scorso alla Prima Guerra Mondiale.

Nella Grande Guerra, la no man’s land era lo spazio tra le trincee degli eserciti nemici che si fronteggiavano.

La terra di nessuno poteva anche essere lunga meno di dieci metri, ma nell’alternanza di tesa inattività e frenetici scoppi di violenza della guerra di trincea, quei metri si facevano indeterminati, vasti quanto la paura umana.

La Prima Guerra Mondiale ha visto l’ingresso nel nostro mondo di molte novità tecnologiche, naturalmente, e sociali, ma ha anche iniettato nuove fantasie e nuovi terrori nell’immaginario collettivo, e in quello dei combattenti in particolare.

Gran parte del testo di Leed si dedica proprio a come la prima guerra moderna abbia cambiato radicalmente la prospettiva di chi l’ha vissuta.

Leggendo, apprendiamo quanto sia diffusa se non universale tra i veterani l’idea di aver condotto due vite distinte: una normale e una bellica, con altri valori, altre visioni del mondo, una differente bussola morale.

Seguiamo la struttura rituale dell’accesso all’esercito e alla guerra, che spoglia l’individuo dell’identità preesistente e lo conduce attraverso una “soglia” anomica e pericolosa prima di restituirlo al mondo come soldato, parte integrante di un nuovo gruppo sociale, con tutte le restrizioni e i mutamenti che questo comporta.

Esploriamo come le nevrosi di questi soldati fabbricati in serie s’intrecciassero all’inaccettabilità di certi eventi e al ruolo di “vie di fuga”: questi disturbi e “isterie” sfidavano il confine netto tra psichiatria, politica e storia, traducendo un disagio che nasceva tanto dalla massificazione del conflitto quanto dal cervello dei singoli pazienti – disagio che, troppo spesso, la terapia andava ad ammutolire, piuttosto che affrontare.

Fotograf: 10. Armeekommando.

Ci troviamo di fronte, soprattutto, al mito della Guerra Mondiale, che passa dall’ “entusiasmo d’agosto” alla crescente consapevolezza dell’orrore di uno scontro sempre più esteso, sempre più popolato da terribili innovazioni e mostri tecnologici, sempre più incomprensibile e insensato, organizzato esso stesso come una macchina che funzionava senza bisogno di un pilota o di un intento, meccanicamente, usando i giovani volontari e il resto delle armate come carburante e producendo orrore dopo orrore, lutto dopo lutto.

Vediamo il mito, dunque, ma anche i miti di questa nuova forma di guerra: a dispetto dell’illusione che al progresso scientifico corrisponda un’automatica secolarizzazione, infatti, le trincee erano quanto mai prima ricche di fantasmi e leggende, pronti a dare un volto alle paure e ai desideri che le popolavano.

C’erano simboli e iconografie ricorrenti, come il labirinto – il terrore delle trincee stesse, rese più intricate da ogni colpo d’artiglieria e conseguente ricostruzione – e l’occhio divino che, dall’alto, vede l’intera guerra ed è in grado, da lassù, di darle un senso.

C’erano eroi epici, nell’alto dei cieli – i piloti da combattimento, liberi e carismatici – e nelle profondità della terra – i guastatori, con la loro competenza tecnica e sapienza luciferina.

C’era un oltretomba non lontano ma radicato nella testa di ogni soldato, con visioni di morte e “nevrosi del sepolto vivo”; c’erano spettri veri e propri, che si trattasse di ufficiali leggendari o di truppe cannibali; e c’erano entità divine, come la Macchina glorificata da Jünger, padre freddo e indifferente di tutti che falciava la Terra.

Si tratta solo di un breve spaccato dei molti temi esaminati da Leed, che affonda ben oltre l’aneddoto per estrapolare dalle sue ricerche pensieri originali e autenticamente avvincenti.

Speriamo comunque che sia sufficiente a innescare un po’ di curiosità per un’esperienza che ha contribuito non poco a costruire il mondo in cui viviamo oggi, e i fantasmi che lo fanno tremare.

Riccardo Rossi