Un poeta al passo con i tempi: D’Annunzio e le sue invenzioni

Si muove con eleganza davanti allo specchio, sistema la sua giacca e si guarda compiaciuto con un sorrisetto di sfida. Era questa la scena che si ripeteva tutte le mattine in una delle stanze di casa D’Annunzio? Chissà, lo sa solo lui o una di quelle amanti che lo osservavano dall’angolo del letto. A noi non resta altro che cercare di scoprire tra i suoi versi qualcosa di più, qualche profumo che ci parli un po’ della vita poetica e raffinata del Vate. Un uomo innamorato, questo è sicuro, del piacere, della modernità, di se stesso e della scrittura, quell’arte dello scrivere per cui valeva la pena sentire la fronte sudata e le dita stanche.

Che fosse nelle passioni umane, nella poesia, nella pubblicità d’autore, D’Annunzio seppe ascoltare, più e più volte, il suo istinto. Eccolo, allora, coniare slogan e neologismi o lanciare nuovi prodotti. Un aneddoto ci racconta che fu proprio lui l’ideatore del nome di uno degli spuntini più apprezzati in Italia, il tramezzino, ovvero “tra” o “in mezzo” ai pasti. Questo panino, nato nel gennaio 1926 nel retrobottega del caffè Mulassano di Torino, veniva farcito con burro e acciughe e servito come aperitivo.


Un giorno come tanti, D’Annunzio, seduto ai tavolini di quel caffè, sorseggiava vermouth, mangiando questo sfizioso paninetto e, nella fretta di ordinarne ancora e non far resistenza ad un peccato di gola, chiese “un altro di quei gustosi tramezzini”. Per non dimenticare, che quando la famiglia Borletti, nel 1917 diventò proprietaria di una catena di grandi magazzini commissionò proprio al poeta di Pescara il nuovo nome. Cosi, in una Milano nebbiosa e ferita dall’incendio che aveva distrutto i “magazzini Bocconi”, nacque “La Rinascente”, una parola efficace e di buon auspicio per un nuovo grande magazzino. D’Annunzio regalò la sua creatività anche a nomi di dolci, come i biscotti Saiwa e il Parrozzo, il tipico dolce abruzzese a cui, tra un morso e una bevuta, dedicò anche dei versi. Infatti, nelle lettere tra Luigi D’Amico (il pasticcere pescarese inventore del Parrozzo) e il poeta emerge una quasi vera e propria devozione per questo dolce come si può notare dalle stesse parole dell’artista “Mio caro Luigi, sempre al mio cuore il tuo parrozzo è come il più profondo sasso della Maiella spetrato e convertito in pane angelico”.

Che la tavola fosse il luogo preferito del poeta, dopo la camera da letto, è facile da intuire. Cosi, sulla scia della reclame gastronomica, battezzò anche dei liquori. Primo tra tutti l’Aurum,una bevanda alcolica abruzzese nata dalla fusione fra un distillato di vino brandy e un infuso di agrumi all’ arancio, quindi un perfetto sposalizio di profumi e sapori. Il nome è in riferimento alle origini romane attribuite alla ricetta, la parola “Aurum”deriva dal latino “aurantium”per l’arancio, il frutto dell’oro. Fu anche il pensatore di motti pubblicitari come “Fisso l’idea”,creato per gli inchiostri “SANRIVAL”nel 1921 o “A dir le mie virtù basta un sorriso” per il GENGIVAL, un dentifricio dell’epoca. E come un artigiano del bello che si rispetti, non escluse neanche la pittura dalla sua indole inventiva. Infatti, ci sono noti anche dei fazzoletti di seta dipinti accuratamente dal Vate con gli adorati motti latini. Un poeta e un uomo camaleontico che, prima di partire e andare incontro alla fortuna, guardò il mare e le barche stanche nel porto di Pescara talmente a lungo da imprimerli nel cuore e lasciarli liberi nei suoi versi.

Alessandra Nepa