Le macchine sostituiranno gli umani?

Immaginate se tra venti o trent’anni, così come affermano diverse previsioni di oggi, le macchine fossero capaci di svolgere qualunque tipo di attività, causando il progressivo declino ed affossamento di diverse professioni non affini alla tecnologia.

Il pensiero che questo scenario possa effettivamente prendere forma si è intensificato negli ultimi tempi, specie considerando l’aumento della commercializzazione di prodotti elettronici ed il fatto che questi siano sempre più comuni al quotidiano utilizzo. Dunque, con l’idea di predisporre robot e macchine virtuali al proprio servizio e al fine di semplificarsi la vita, l’uomo rischia di farsi scavalcare pretendendo forse di fare il passo più lungo della gamba.

Secondo la London School of Economics, ben il 56% degli attuali lavori in Italia potrebbe sparire entro due decenni. Si tratta di un periodo in cui i computer sono capaci di correggere errori ortografici al pari degli insegnanti di italiano, di diagnosticare patologie con più accuratezza dei medici specializzati e di emettere sentenze come i migliori giudici. Presto saranno persino in grado di gestire la guida di un veicolo senza la presenza del conducente; basti pensare al prototipo dell’iCar lanciata dalla Apple, la cui uscita sul mercato è prevista tra qualche anno.

Peraltro, il progressivo passaggio dalla fase della meccanizzazione a quella dell’automazione ha ulteriormente accentuato le superiorità dell’intelligenza artificiale nei confronti della comune manodopera nello svolgimento di determinati processi. Negli stabilimenti produttivi moderni che possono usufruire delle attrezzature più all’avanguardia, compresi i tanti ambiti robot di ultima generazione, si eseguono analisi dettagliate sul più corretto sfruttamento delle risorse e dei sistemi di trasporto interno.

Conseguentemente, si effettuano a monte delle considerazioni riguardo l’opportuna movimentazione dei materiali: è l’uomo ad andare alla merce, oppure è la merce ad andare all’uomo? Spesso e volentieri la soluzione più opportuna è quella di far compiere il lavoro alla macchina, poiché le sue performance in termini di efficienza e tempistiche garantiscono una migliore produttività. Se da un lato questi tipi di accorgimenti tendono ad ottimizzare le produzioni, dall’altro costringono ad un utilizzo centellinato del personale.

Giungendo al nodo della questione, esistono degli aspetti per cui la presenza di un essere umano in carne ed ossa sia da ritenere insostituibile da qualunque genere di macchina?

La storia è ricca di episodi che testimoniano come l’uomo si sia smentito da solo, riuscendo a raggiungere con l’ausilio delle macchine stesse traguardi che sembravano inarrivabili. In verità esiste, per così dire, un minimo comune denominatore che può rappresentare una significativa speranza di sopravvivenza.

In definitiva, bisognerebbe smettere di chiedersi cos’altro sarà capace di fare un computer o che tipo di attività sia già in grado di svolgere, piuttosto dobbiamo chiederci quali sono quelle cose che devono sempre e solo essere affidate agli esseri umani.
La risposta giace in quel bagaglio di moralità ed umanità che non potrà mai essere parte integrante di una macchina composta solo da fili e circuiti.

Diverse ricerche hanno dimostrato come la componente empatica ricopri un ruolo di importanza fondamentale, poiché l’essere umano avverte la necessità di confrontarsi e di ricevere l’approvazione altrui attraverso i rapporti interpersonali. Potranno circolare i migliori software per il riconoscimento delle emozioni, ma tutto ciò non potrà mai eguagliare lo sguardo restituito da un’altra persona.

In ambito lavorativo si tratta di un aspetto non poco rilevante, perché è sempre vivo in ciascuno di noi il desiderio di farsi ascoltare e di ricevere la dovuta ispirazione. I vari insegnanti, dottori o giudici potranno godere di quella flessibilità professionale che i rispettivi interlocutori avranno bisogno di recepire e che mai potranno riscontrare in una macchina virtuale, incapace di provare alcun tipo di sentimento.

E’ quasi dovuto e scontato ammettere che il nostro cervello sembra esser stato concepito proprio per tutto ciò; quindi, al fine del benessere personale è doveroso di tanto in tanto ricordarsi da dove veniamo, cercando di non cadere nella scontata evidenza di un mondo ormai sopraffatto dalla tecnologia.

Giuseppe Forte