L’anno che a Roma fu due volte Natale: inizia il viaggio verso lo Strega

“L’anno che a Roma fu due volte Natale” è il primo romanzo di cui parleremo nel nostro viaggio alla scoperta delle dodici opere candidate allo Strega. Scritto da Roberto Venturini e pubblicato per SEM, questo libro ci fa entrare nel mondo delle borgate romane. Anzi: nel mondo delle borgate della provincia romana. Alfreda, la nostra protagonista, abita infatti a Torvaianica; più precisamente nel Villaggio Tognazzi, un tempo luogo di amena villeggiatura estiva per la Roma bene (da cui il nome), ridotto adesso al ruolo di quartiere degradato. Dal giorno della morte del marito, Alfreda inizia ad accumulare maniacalmente tutti gli oggetti più inutili, trasformando la sua abitazione in un invivibile magazzino.

La storia entra nel vivo quando la donna, durante il sonno, vede apparire nella sua camera Sandra Mondaini. L’attrice, sepolta a Milano, si lamenta con lei di essere troppo distante dal marito, che invece riposa a Roma. Per porre fine a questo malessere, ecco che Alfreda convince il figlio Marco a trafugare la salma di Raimondo, e portarne le spoglie fino al cimitero di Lambrate.

Questa, a grandissime linee, è la trama. Naturalmente, questo spunto centrale si arricchisce di episodi secondari dal sapore ironico. Troviamo, infatti, come aiutanti di Marco i due comici personaggi di Carlo e di Er Donna, tipiche macchiette della borgata provinciale. Anche la trovata principale, il macabro trafugamento della salma di Vianello, si veste di un tono ironico e leggero.

Ad una prima lettura, la domanda più ovvia sarebbe: perché una borgata? Perché – insomma – non affidare questo bizzarra impresa, per esempio, ad una pariolina? La comicità e l’ironia, forse, sarebbero state ancora maggiori, vista la contrapposizione netta che si sarebbe creata tra la sacra morale borghese e l’immoralità dissacrante del gesto.

Si può provare a risolvere questo quesito, che è poi un quesito di prima importanza per il lettore del romanzo. E si può tentare di risolverlo rivolgendo lo sguardo alla trama nascosta dell’opera; all’intelaiatura psicologica e sociologica che la attraversa di nascosto, tra le righe.

Se è vero, per esempio, che Alfreda ha iniziato a nutrire la sua ossessione accumulatrice subito dopo la morte del marito, si può ipotizzare che un tale comportamento sia una legittima difesa della sua psiche. Una protezione dalla necessità di processare il lutto. Se così fosse, l’accumulazione avrebbe allora un valore regressivo. Di allontanamento dalla realtà. Costretta dal figlio a sbarazzarsi di tutti gli oggetti, ecco che tra questi (ma in qualche modo da questi) nasce Sandra Mondaini, proponendo l’eroica avventura. Alfreda, insomma, obbligata a fare i conti con la sua accumulazione – ossia con il suo lutto -raddoppierebbe la posta in gioco; trasformerebbe cioè quella sua mania in una forza progressiva, capace di creare nuovi personaggi e nuove sfide.

Se questo piccolo meccanismo psicologico è esatto, ecco che può essere esteso a tutto il mondo del Villaggio Tognazzi; farsi meccanismo sociologico. Di fronte al lutto del declino (da ridente località estiva a quartiere di provincia), la borgata si difende. E lo fa prima di tutto conservando le tracce del suo vecchio splendore (il palazzetto dello sport, il bar che un tempo era un gran luogo di ritrovo…). Giunta la decadenza anche di questi spazi, ecco che la posta in gioco raddoppia. Tutta la borgata si fa dunque capace di produrre ancora storie e avventure, quelle narrate in questo libro. Si fa insomma capace di attivare una forza se non economica almeno letteraria. E Venturini ce la restituisce con leggerezza calviniana.

Matteo Liguori