“La casa di carta 3” su Netflix fa il botto, ma l’attesa non è finita

Non sorprende che La casa di carta, con la terza stagione, facesse il botto. La popolarità raggiunta dalla serie televisiva spagnola con le due precedenti stagioni lo lasciava presagire e il contributo di Netflix ha innescato un delirio mediatico di attesa senza precedenti. Chi ha già divorato gli otto episodi di questa terza stagione potrà confermarlo: la casa di carta ha rifatto centro.

Un monito è doveroso, continuando a leggere questo articolo si può incappare in numerosi SPOILER.

Nelle due stagioni precedenti una banda di criminali, organizzata e sapientemente guidata dal Professore, era riuscita a mettere a segno il più grande colpo della storia spagnola, una rapina alla Zecca di stato. Una trama bella e finita che avrebbe potuto trovare dispiego in un film banale delle ore 19:00, se non fosse per degli espedienti che hanno spinto la serie tv ad entrare nell’immaginario comune. Pensiamo alle tute rosse e alle maschere di Salvador Dalì, elementi riconoscibili e che attirano immediatamente l’attenzione. Le note di “Bella Ciao” intonate ad ogni episodio fanno da contro altare alla sensuale voce di Cecilia Krull nella sigla iniziale. I nomi di città con cui si riconoscono i protagonisti lasciano spazio alla fantasia e alla curiosità. Piccoli ed efficaci stratagemmi che corredano un’intricata quanto ansiogena partita a scacchi in un alternarsi di mosse e contromosse tra la polizia e i rapinatori.

La casa di carta era riuscita a creare un legame tra gli spettatori e i protagonisti. Le esistenze stesse di questi sfortunati reietti trovano la svolta e la vendetta quando si riuniscono sotto l’ala di uno strambo genio per sfidare il sistema.

Con le prime due stagioni tutto avrebbe potuto concludersi con un lieto epilogo e invece, la terza stagione rilancia il tiro. Il pretesto per riunire la banda è il salvataggio di uno dei suoi membri, scovato e catturato dalla polizia. Il senso di ansia generato dalle mosse più incerte del Professore rendono la trama più credibile. Essenziale è l’aggiunta di nuovi membri al cast originale. In particolare Palermo che con la sua irriverenza riesce a colmare il vuoto lasciato da Berlino e a donare una gioia al grosso Helsinki. Interessante è lo sviluppo di Nairobi che riesce a uscire dall’ombra e portarsi al livello di Tokyo. Fortunatamente restano anche i continui flashback, essenziali per chiarire e comprendere momenti che sarebbero oscuri.

Ciò che però più colpisce è lo stravolgimento dei ruoli. La banda di criminali tenta di giocare pulito, mentre a barare i protocolli è l’intero sistema con la polizia in capo. E’ per questo che lo show assume sfumature politiche e le tute rosse con Dalí diventano simbolo di ribellione al sistema. L’obiettivo non è più una rapina con un fine di rivalsa o di riscatto, ma bensì si trasforma in una guerra contro un sistema che non ha intenzione di cambiare. Risultano, per questo motivo, no-sense le critiche che intravedono in questo show il filone della telenovelas o della soap spagnola. I drammi personali, gli amori e i flirt sono necessari affinché lo show non si riduca a filmetto delle ore 19:00.

La casa di carta ha realmente alzato lo standard della produzione spagnola e la lungimirante Netflix lo sa bene, spezzettando anche questa stagione in due e inducendo i fan della serie ad attendere una quarta stagione. Dopo otto episodi rimane soltanto l’attesa e l’ansia di scoprire come finirà questo secondo attentato alla Spagna.

Benito Dell'Aquila