La battaglia del fosso di Helm è accaduta realmente

Fosso di Helm, abbiamo soldati e cittadini arroccati dietro mura difensive, stremati e sull’orlo della sconfitta, un esercito di mostri a minacciare lo status quo di una società civile, bastioni che rischiano di crollare per una breccia portata da esplosivi piazzati nel loro punto più debole, un uomo saggio dalla fede incrollabile, che all’alba si presenta con un esercito di cavalieri pronti a lanciarsi dal fianco di una montagna per attaccare gli avversari alle spalle.

No, non siamo nel secondo film della fortunata trilogia di Peter Jackson.

Siamo nel 1683, alle porte di Vienna, l’esercito ottomano in pieno assedio, alle loro spalle il Monte Calvo davanti la porta d’ingresso di un’Europa ancora disunita, ma soprattutto, una corsia preferenziale che li porterebbe direttamente a scontrarsi con gli infedeli della Santa Romana Chiesa. “Porterò i miei cavalli ad abbeverarsi alle fontane di Roma” dichiarò il Gran Visir Kara Mustafa prima di far partire la campagna.

Il grosso delle truppe ottomane si ritrovò sotto le mura della capitale dell’impero asburgico il 14 di luglio, e ad inizio settembre, Vienna era una città ormai stremata, privata delle sue linee di rifornimento, viveri all’osso, uomini malati ed i soli bastioni rinforzati dopo l’assedio del 1529 ad arginare i radi attacchi delle truppe ottomane.

Probabilmente da sole quelle solide mura sarebbero potute bastare, quanto meno per guadagnare altro tempo per studiare una contromossa, ma gli avversari erano ben preparati e consci del maggiore ostacolo che avrebbero dovuto affrontare, mentre le truppe giannizzere tenevano impegnate le difese da terra, gli ingegneri coordinavano la costruzione di tunnel sotterranei per poter piazzare delle mine in grado di far saltare i bastioni ed aprire una breccia all’interno delle mura.

Mancava poco alla disfatta, ma un errore di calcolo da parte del Kara Mustafa, ed un ritrovato spirito di alleanza tra le truppe polacche austriache e sassoni, decretò l’esito della battaglia.

L’esercito ottomano, fiducioso nelle vittoria, non si preoccupò di rinforzare la retroguardia presso le colline a Nord di Vienna, così, l’esercito che batteva bandiere cristiana, guidato dal generale polacco Jan Sobieski, si stanziò l’11 settembre sulle pendici del monte Calvo, pronti ad attaccare da posizione favorevole con gli eserciti riuniti.

Dopo una messa celebrata alle prime luci dell’alba dal predicatore Marco D’Aviano, la cavalleria degli Ussari alati polacchi, discese “come nuvole di un temporale”, riporterà un testo dell’epoca. Quello stesso giorno, terminò quella che prenderà il nome di “battaglia di Vienna”, ed anche l’ultima concreta possibilità dell’impero ottomano di conquistare l’intero continente, giacchè da lì in poi, le successive alleanze dei paesi cristiani, li costrinsero a quel territorio che è oggi l’odierna Turchia.

Non so voi, ma ci sono fin troppe analogie con il film di Peter Jackson, dalla geografia del campo di battaglia, al Marco D’Aviano/Gandalf. C’è da dire che non si è trovata alcuna conferma di Tolkien o di chi per lui nelle ricerche riguardo una probabile ispirazione, quindi potrebbe trattarsi di una coincidenza, o no?