Showman e designer, Enzo Bollani racchiude nella sua persona quella spinta creativa necessaria affinchè si possa parlare di arte e lo fa con una forte e chiara idea di business che lo contraddisitingue ormai da diversi anni.
Fare dell’arte un mezzo di comunicazione efficace che possa arrivare alle persone; ecco così che nascono i suoi due grandi marchi Bollani Biciclette e Bici Belle dalla sua passione per il mondo automobilistico, capaci di trovare il connubio perfetto tra eleganza, design e arte e l’utilità e la pragmaticità di quello che si sta andando a creare e proporre al grande pubblico.
Nato a Milano il 3 maggio 1981 Enzo Bollani ha origini metà parigine e metà bolognesi: è discendente diretto del pittore Georges Secan, tra i più grandi astrattisti del ventesimo secolo, dal quale eredita la propensione al Disegno, alla Progettazione e alla Musica sperimentale.
Un uomo versatile, vulcanico e frizzante in grado di cimentarsi in diversi ambiti senza perdere la sua professionalità e la sua verve artistica; numerose le prestigiose collaborazioni, da quella con Lucio Dalla e Bibi Ballandi, Toto Cutugno all’approdo ad MTV nel 2003 dopo vari Festival di Sanremo a cui ha preso parte.
Organizzatore anche di eventi che trascendono dal mondo spettacolo, ricordiamo quelli per BMW Italia, Volkswagen Bank e Pioneer Investments, Enzo Bollani incarna l’uomo essenziale del “dietro le quinte”, attento e scrupoloso ai dettagli e tassello immancabile delle grandi produzioni.
Nel 2011, su suggerimento di Lucio Dalla, trasforma il proprio studio di Design, collocato in un avveniristico attico milanese, in una galleria d’Arte Contemporanea, chiamandola Musée du Croco.
Grazie al successo nazionale della mostra evento intitolata “Sono in fuga”, del 2013, inizia in pochi mesi una produzione su scala strettamente artigianale, sfociata rapidamente in un progetto in costante crescita che tutt’oggi porta avanti con fierezza ed orgoglio.
Noi di SocialUp abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con lui, ecco come si racconta.
Enzo Bollani, designer, cantante, uomo di spettacolo e del mondo fashion che ha preso parte a grandi produzioni televisive nostrane ed internazionali. In quale ruolo ti identifichi di più e di quale ti piace vestire maggiormente i panni?
In questi 35 anni, di cui 21 passati a lavorare a ritmi serrati, non ho avuto molto tempo per riflettere o decidere a quale mondo potessi appartenere, ma sono consapevole della fortuna che ho avuto ad essere parte di determinati mondi. Uno su tutti: il mondo dello Spettacolo, dove ho lavorato ai vertici senza che nemmeno avessi il tempo di rendermene conto, perchè tutto si mosse in modo preciso e perché era inevitabile, visto quello che facevo e l’impegno enorme, al quale non sapevo e non so sottrarmi.
Quando ero in trasmissione con Celentano, dove ero segretario di produzione, ho provato più di una volta a fare le 4.00 sul set, per poi presentarmi a scuola alle 8.30 (mi prendevo un 20 minuti di bonus, autorizzato da nessuno). Quanti lo farebbero?
Costava molta fatica, ma era appagante ed ero anche pagato bene.
A 18 anni ero già fuori casa, pagavo un affitto e non dovevo chiedere permesso al prossimo.
Lucio Dalla fu il motore di tutto, perchè fu la prima persona con cui lavorai seriamente, ma il mio primo datore ufficiale è stato Bibi Ballandi, dal quale imparo tuttora.
In Dalla ho trovato anche un fratello, ma mai un’agevolazione speciale o una spinta.
Da me, ha sempre avuto aspettative altissime.
Oggi, a Tre anni dal lancio del mio marchio di biciclette, mi sento pubblicamente riconoscibile e inizio ad avere una storia, ma cerco di fuggire dagli incasellamenti.
Sono un musicista, non per scelta, ma per natura. Mio nonno era un pittore di fama, ma ho deciso di non fare quadri. Ho saputo impormi delle regole e delle limitazioni, ma al contempo non so stare in un solo ruolo, anche perchè sono piuttosto richiesto.
In questo momento, sono impegnato su Cinque progetti, tutti diversi tra loro.
Oltre allo spettacolo come ti sei avvicinato all’arte e ad una delle tue più amate operazioni, ovvero la creazione di biciclette dal design innovativo, moderno con un tratto di unica eleganza?
Al mondo delle biciclette mi sono avvicinato per una serie di circostanze causali, nel 2013.
Daniele Reggiani, un musicista che avevo portato a Sanremo Asocial, nel 2012, mi regalò per il mio compleanno una vecchia bicicletta da corsa, e nessuno si era mai sognato di farmi un regalo del genere.
Pochi giorni dopo ebbi la fortuna di trovare, a Domaso, sul lago di Como, Due vecchi telai Bianchi, e mi venne indicato un restauratore molto bravo, della Valtellina.
Per me si aprì un mondo inesplorato, e fu così che conobbi altri estimatori di biciclette di quel tipo, tutte rigorosamente trasformate in scatto fisso, con accessori unici e una cura dei dettagli inedita.
Decisi di portarle in mostra nel locale di un mio amico, a Mariano Comense, ed infine nella mia galleria d’Arte Contemporanea, a Milano, nata su idea di Dalla.
La mostra che organizzai nella mia galleria, curata da me e chiamata “Sono in fuga” come omaggio al mio amico già citato, ebbe un successo del tutto inaspettato.
Fu durante un’intervista con un giornalista del Corriere della Sera, a ridosso del finissage, che ebbi il lampo di dire che sarebbe uscita una serie limitata, disegnata da me.
Non era assolutamente previsto.
Il resto è ormai noto: il 29 settembre dello stesso anno, in anteprima a Como e poi a Milano, avrei presentato il brand Bollani Biciclette.
E’ una storia molto bella, tipicamente italiana.
Dietro ogni forma artistica spesso e volentieri si nasconde una ricerca estetica particolare e un concept ideologico unico; quanto di questa ricerca c’è dietro le tue creazioni, ogni bicicletta realizzata è un passo in più verso il raggiungimento di questo ideale estetico oppure ha una storia artistica propria?
Ogni bicicletta che porti il marchio Bollani, o BiciBelle, ha una sua autonomia. Io le penso in un modo, riconducendole ogni volta a mondi lontani dal bike design e dal ciclismo stricto sensu. Mi ispiro al mondo automobilistico e reinterpreto il passato, oppure provo a spingermi oltre e a immaginare il Futuro.
Ogni bicicletta ha un suo stile, un’anima, una vita propria.
Mi sento un tramite, più che un progettista.
Cos’è per Enzo Bollani la creatività, e come riesci a capire il gusto del pubblico?
La creatività è un concetto spesso astratto, deteriorato dai tempi e dal tutto che abbiamo raggiunto, almeno idealmente.
Oggi, se esiste una sfida, è quella di portare la creatività a tutti, a ogni strato sociale e in ogni angolo del pianeta, e il web ci sta vagamente aiutando.
Tutto è già stato immaginato e ipotizzato, nel ventesimo secolo.
Per me, il Futuro è stato concepito definitvamente negli anni Ottanta, ma oggi arriva la fattività di quelle visioni.
La creatività, per essere mantenuta in vita, ha bisogno di molto ottimismo e di prospettive.
Io osservo molto quello che mi sta intorno e sono un attore mancato (fin qui). Ho una curiosità che conosce sempre meno confini, difficile da spiegare e forse per questo elencabile alla voce “ricetta segreta”.
So solo di non avere simili, e questo non lo prendo come un vantaggio, ma più come uno sconto del 50%.
Oggi è veramente difficile essere creativi, perchè spesso mancano persino le maestranze e gli esecutori, privati di prospettive anche nel girare un cacciavite.
Penso che questa fase sia persino più buia e pericolosa di quella che ha preceduto di poco la mia esistenza, a fine anni Settanta.
E c’è di peggio: ci si accontenta di cose mediocri, evitando salti di qualità per paura di perdere il poco di conquistato.
Nonostante questi elementi preoccupanti, esiste una spinta nascosta e si manifesta ogni volta che proponi qualcosa di nuovo.
Quando lancio un nuovo modello, suscito molte reazioni, e questo è sempre e comunque un bene, anche quando è la critica gratuita di un social media manager di un altro brand.
Osservo e ascolto molto, ma penso che il pubblico non si aspetti che tu sia il suo pappagallo, quindi sfrutto il vantaggio innato di essere in anticipo sui tempi e di proporre qualcosa di molto diverso da un semplice “prodotto”.
Hai lavorato con grandi nomi dell’ambiente musicale e dello spettacolo italiano, da Lucio Dalla a Bibi Ballandi o ancora Franco Nisi e Mike Bongiorno. Secondo la tua personale esperienza come sta evolvendo il mondo della televisione negli anni e in cosa pensi sia necessario investire affinchè si possa ritornare a premiare la qualità?
Ho attraversato diverse epoche della Televisione e dello Spettacolo. Nel 1999, alla prima produzione di Ballandi in cui venni coinvolto, c’era ancora la sigla di apertura, con le ballerine e persino una tigre albina, in studio. Era “7 per Uno”, e la conduceva Gigi Sabani, con la regia di Jocelyn. Ho lavorato molto per gli show di Adriano Celentano, innovativi in tutto ed entrati subito nella Storia. Ero amico di Enzo Jannacci, mio docente alla Civica Scuola di Musica, a Milano. Con Dalla ho lavorato per quasi Quindi anni, tra l’altro scanditi da un’amicizia vera, fraterna.
Poi, attraverso Dalla, ho conosciuto Franco Nisi e sono entrato a Radio Italia, ed è lui che mi ha presentato Mike, mentre ancora ero direttore di produzione a MTV.
Ho un curriculum unico al mondo, dovuto a un inizio precocissimo e a una forza di volontà che non conosce sosta, premiata spesso e osteggiata, le rare volte, solamente dall’essere troppo giovane. Non me ne sono mai vantato e non lo sto facendo nemmeno ora, perchè è un dato di fatto.
Ho visto di tutto, anche all’estero, ma rimane un minimo comune denominatore: bisognerebbe sapere rischiare di più e proporre cose nuove.
Non so se sia più vecchio “Il Grande Fratello Vip” o Fazio che imita Mike, in modo stucchevole e tutt’altro che popolare, lontanissimo dal ritmo e dal tono veramente popular di Mike.
E’ una versione da salotto radical chic, destinata a non lasciare il segno, come qualsiasi operazione nostalgia di maniera.
Il tempo sarà feroce, al punto di dimenticarsene.
C’è troppa politica e poco pop, ultimamente. E’ difficile, poi, che la propaganda del nulla crei contenuti.
Gli ultimi Sanremo, unico e solo specchio della società italiana, la dicono lunga.
Per fortuna, quest’anno è arrivata Maria De Filippi, che stimo enormemente, come stimo suo marito.
Non vorrei essere retorico ma, oggi, Cochi e Renato non verrebbero nemmeno ascoltati. Gli autori sono spesso un branco di nullatenenti, in termini di idee, ignoranti colti capaci di farsi valere solo per la tessera che hanno in tasca.
Non è destra o sinistra, è pura miseria culturale, travestita da cultura.
Mi piacerebbe vedere trasmissioni comiche come “Non Stop”, esperimenti com “Stryx”, ma non ci rimane nemmeno “Premiatissima”.
Come è possibile che fossimo più avanti allora, tra gli anni Settanta, mentre rapivano Moro, e i primi Ottanta, tra un decreto Salva Berlusconi e l’altro?
Io sarei pronto a dire la mia, se qualcuno avesse il coraggio di chiamarmi come autore.
So che produrrei un sacco di ascolti, ed è una delle poche consapevolezze totali.
E’ solo questione di tempo.
Se dovessi aprire una TV via web, fermo restando che web e TV siano cose ben diverse, investirei su persone coraggiose. Per essere avanti, ci vuole gente d’altri tempi.
Esiste, ma non si vede.