Intervista ad Angelo Deiana: “Ecco come rilanciare l’Italia”

Di Marcello Mazzari e Sandy Sciuto

È stato dato ad Angelo Deiana, Presidente nazionale di Confassociazioni, l’onore e l’onere di aprire la rassegna dei Catania Book Days del mese di novembre che anticiperà il primo festival letterario di Catania.

Nella libreria Mondadori Bookstore di Piazza Roma a Catania, infatti, si è tenuta la presentazione del libro di Deiana dal titolo “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici” che ha visto la presenza di un nutrito pubblico nonché una folta rappresentanza di Confassociazioni Sicilia.

Angelo Deiana ha disquisito con Simone Dei Pieri, il Direttore del Catania Book Festival, su come far ripartire il Paese e su come ridare nuove possibilità agli enti, ai patrimoni ed anche agli italiani ripartendo dalla leadership culturale ed ha dialogato con i presenti incuriositi fino a tessere un dibattito acceso ed interessante.

Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con lui prima della presentazione ed è stato un momento di profondo arricchimento.

Presidente Deiana, che significato ha per lei presentare il suo libro ai Catania Book Days?

Un significato importante. Io sono convinto che questo Paese si possa rilanciare, in particolare partendo dal Sud. Il 34% della popolazione è il 25% del PIL quindi è un ponte per una nuova centralità del Mediterraneo. Pensiamo al rapporto tra Stati Uniti e Cina ed il fatto che l’Unione Europea è da una parte un potenziale commensale e dall’altra una potenziale pietanza. Il Sud è strategico ed è quello da cui dover ripartire. Se bisogna efficientare qualcosa, è più difficile farlo al Nord. Sarà meglio iniziare dal Sud e quindi Catania, i libri e soprattutto la capacità delle persone del Sud di avere l’approccio giusto dal punto di vista culturale.

Parliamo del suo libro “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici”. Quali sono le cose semplici a cui si riferisce? Secondo lei quale principio fondamentale abbiamo dimenticato?

Abbiamo dimenticato una capacità strategica che è sempre stata nostra ossia quella di avere una serie di leadership culturali. Noi siamo il Paese che ha il 60% di Patrimonio dell’Umanità. Siamo il Paese che ha dato vita a test straordinari. Invece, in questo momento, siamo diventati ciò che eravamo prima ossia un popolo un po’ provinciale ma a livello globale, quindi, è sempre meglio l’enà francese, le tigri asiatiche o andare in Cina piuttosto che stare qui e lavorare nell’Etna Valley. Secondo me, inoltre, questo Paese è un paese ricco, nascosto e seduto. Per paura ha sviluppato quella che è una sua capacità ossia quella di fare risparmio e l’ha trasformata in patrimonio. Da un lato tenendo i soldi nelle banche e dall’altro comprandosi gli immobili però non fa più reddito, impresa e sviluppo. Questo chiaramente fa sì che il gioco sia del tutti contro tutti, mentre in realtà nelle reti globali vince sempre chi fa la staffetta. Come diceva Confassociazioni: “Correre come i primi senza dimenticare gli altri”.

Qual è il ruolo delle associazioni oggi? Come possono aiutare a rilanciare l’Italia?

Le associazioni sono reti per definizione e quindi la cosa importante, che è la stessa che succede per le imprese, è rendersi conto che stare insieme è meglio che stare da soli. Fare rete, costruire meccanismi di condivisione e non lasciarsi andare ad eccessi di invidualismo o di protagonismo sono cose importanti per cui le associazioni rappresentano un mondo di adesione volontaria sia che siano professionali sia che siano d’impresa, di solidarietà o di terzo settore in cui le persone investono se stesse. Probabilmente non le paga nessuno ed il paese dovrebbe trarne giovamento non tanto e non solo da quello che fanno, ma dall’esempio.

Qual è il ruolo delle banche nella diffusione di  tranquillità spirituale utile a migliorare le condizioni italiane?

Le banche sono un’altra rete che in questo momento soffre di un processo di trasformazione dato da tecnologia e da cambiamenti strutturali del sistema economico e che quindi non sa ancora bene qual è l’orizzonte verso il quale andare. Io ricordo sempre che Marx scrisse: “Una volta che i tassi sarebbero stati zero, il capitalismo sarebbe morto”. I tassi sono sotto zero ed il capitalismo non è morto. Quindi, oggi le banche non sanno più come fare il loro business e per trovare nuovi orizzonti devono anche loro trasformarsi. Facciamo un esempio concreto. Unicredit, dal punto di vista quantitativo, è forse la banca più grande sul piano delle persone e dei clienti. E’ uscita da Fb perché vuole diventare a sua volta lui un social proprio perché adesso la somma dei dati comportamentali e reddituali patrimoniali potrebbe dare un orizzonte importantissimo a quello della trasformazione da big data a better data cioè l’insieme dei dati comportamentali e patrimoniali può dare al momento una vicinanza al cliente che le banche non hanno.

Gli italiani sono sempre stati dei sognatori e sognare era il nostro vero punto di forza. Come si potrebbero risvegliare le coscienze?

Leggendo il mio libro, naturalmente (n.d.r. ride). Risvegliare le coscienze non è una cosa semplice però io credo si debba riprendere a fare le cose che gli italiani non fanno più ossia proprio sognare. Noi eravamo un paese straordinario anche se non avevamo materie prime, armi e via dicendo perché eravamo come Peter Pan, volavamo perché avevamo un pensiero felice. Questo pensiero felice non c’è più e per trovare un nuovo pensiero felice bisogna non ricominciare a scalare l’Everest tipo il debito pubblico, ma come tutti i soggetti convalescenti bisogna ricominciare passo dopo passo con cose semplici e fattibili e soprattutto combattendo il vero nemico di questo paese paese che è l’eccesso di burocrazia il quale si annida dove c’è un eccesso di sistema ma non di persone ma che giustifica la propria esistenza attraverso la burocrazia. Tempo che può impiegarsi diversamente.