Intervista a Murubutu, quando la filosofia abbraccia il rap

Alessio Mariani, in arte Murubutu, è un vero outsider nel panorama musicale rap italiano.
Insegnante e musicista, Murubutu si alterna tra due vere e proprie attivitá, quella musicale e quella didattica, che si fondono a creare un amalgama di sani principi dove la forza della parola e il valore di cui essa è portatrice non sono che la base della Musica che compone.
Due professioni in una, due ambiti non separati che collimano nell’espressività e nei contenuti indirizzati verso l’importanza della didattica.
Da una parte Murubutu, musicista che si propone di fare un genere più unico che raro teso tra tradizione e innovazione quale il rap di ispirazione letteraria, dall’altra Alessio Mariani, insegnante capace di trovare nella musica un altro modo di esprimere la realtà e avvicinare i suoi studenti alla comprensione di ciò che ci sta intorno.
A chi gli chiede com’è essere un artista e un musicista e allo stesso tempo svolgere il lavoro di insegnante lui risponde che in un certo senso è lo stesso lavoro svolto in due ambiti diversi.
Noi di SocialUp abbiamo fatto una chiacchierata con lui, ecco come è andata.

Innanzitutto partirei dal tuo nome, da dove deriva il tuo nome d’arte che è già indicativo comunque della Musica che ti proponi di fare?

Murubutu deriva da Marabutto che nell’Africa subsahariana indica una figura che è in grado di guarire i mali fisici e sociali.

Questo male sociale oggi come oggi in cosa lo identifichi e nei tuoi testi come cerchi di raccontarlo?

Fa riferimento sopratutto al potere curativo della parola; l’intensità e la grande attenzione che dedico ai testi e ai contenuti in un qualche modo richiama il valore terapico della parola.

Quanto i tuoi studi hanno influenzato i tuoi testi e come hai raggiunto questa maturità e questa scelta di dare alla parola questo valore così importante?

Io sono un grande amante della narrativa e della filosofia e poi sicuramente il mio lavoro di insegnante influenza tantissimo gli stimoli che poi riverso nella scrittura e nella musica.

Dal punto di vista musicale diciamo che la tua musica può rimandare alla vecchia tradizione rap italiana quindi personaggi come Bassi Maestro, Colle der Fomento, Kaos One dove i testi avevano un’importanza maggiore rispetto alle basi e alla musica.
A chi ti ispiri e cosa pensi dell’attuale scena rap italiana differente da quella che ti proponi di fare?

Diciamo che ho sviluppato una formula personale che mi permette di dire di non aver preso ispirazione vera e propria da qualcuno; se devo parlare di punti di riferimento nel passato posso sicuramente citare
Lou X.
Per quanto riguarda la scena rap attuale penso ci siano una ricchezza, una scelta e una varietà tali che ci sia da accontentare tutti i gusti possibili, sia chi segue la vecchia guardia che quella attuale.

Quando scrivi un testo chi è la prima persona a cui fai leggere una strofa e, solitamente, le reazioni sono quelle che ti aspetti oppure trovi qualche difficoltà nel far capire appieno il messaggio che vuoi dare con quel determinato testo?

Solitamente trovo molta riflessione e voglia di pensarci sopra, e questo a prescindere dal messaggio che voglio veicolare è l’aspetto che mi fa più piacere.
Poi ci sono spesso interpretazioni diverse dalla mia ma altrettanto profonde ed articolate e quindi questo non può essere che positiva come cosa.

I nomi dei personaggi delle tue canzoni hanno un’attinenza specifica con la realtà che vivi oppure frutto di tuoi studi e letture?

I nomi hanno una valenza soprattuto fonetica.

In una scena musicale come quella odierna fatta di talent show che stravolgono un po’ la vera natura del creare canzoni e soprattutto dell’importanza del mezzo della parola e del mezzo musicale come portatore di messaggi e valori positivi, che cosa vuoi dire ai giovani che si vogliono cimentare con quest’arte in virtù della tua ricercatezza per il linguaggio?

Sicuramente leggere, perché un uso virtuoso della parola deriva da una fruizione di una parola e di contenuti di alto spessore sia di narrativa che di saggistica; poi sicuramente il mio consiglio è cercare di essere originali perché penso che uno dei difetti più grossi dell’espressività sia quello di essere sempre derivativi o fortemente emulativi.

Tu come ti identifichi come artista, rispetto all’uso della parola e alla musica legata fortemente alla comunicazione verbale e al linguaggio?

Sicuramente nasco dalla tradizione cantautorale italiana che io penso di recuperare anche se tradotta con una espressività musicale diversa.
Il valore che aveva la parola nel cantautorato di De Andrè, di Guccini, De Gregori io lo sento mio e cerco in qualche modo di tradurlo in una espressività più hip-hop.

Dato che insegni filosofia c’è qualche filosofo in particolare che ti ha ispirato e a cui hai voluto agganciare la tua ideologia musicale?

Diciamo che i filosofi che mi piacciono sono tanti, che io abbia riversato nella musica pochi, tra questi sicuramente Diogene di Sinope peró poi se uno ascolta attentamente i miei testi ne saltano fuori altri come Spinoza o indirettamente ci si può accorgere che ci siano pensieri riconducibili ad altri filosofi anche se non citati esplicitamente.