Intervista a Fabrizio Romano, CEO di Futuria Marketing, speaker al Digital Innovation Days

Il 73,8% dei piccoli e medi imprenditori dichiara di essere in sofferenza perché non cresce abbastanza oppure lo fa in modo disordinato. Tutti sanno che il marketing esiste ed è fondamentale, ma non hanno ben capito come farlo davvero funzionare e non ha trovato un partner di cui sia veramente entusiasta. Abbiamo scambiato due chiacchiere con Fabrizio Romano Founder e CEO di Futuria Marketing, l’agenzia che ha ridefinito la relazione con le aziende grazie ai percorsi di marketing.

Fabrizio è specializzato in percorsi di marketing che comprendono sviluppo web, pubblicità e marketing automation. Prima di ascoltare il suo intervento al Digital Innovation Days gli abbiamo fatto qualche domanda sullo stato di salute della comunicazione aziendale e quali scenari futuri si prospettano.

Cos’è Futuria e come è nata?

Futuria è un’azienda di Marketing che ha un modello di relazione con i clienti innovativo: siamo l’ufficio marketing in outsourcing delle PMI, siamo pagati con un canone mensile e non abbiamo penali, né vincoli se non la soddisfazione del cliente.

Abbiamo costruito questo modello perché è l’unico che ci permette di promettere alle aziende che avranno a loro disposizione un ampio team, sempre aggiornato, con un altro livello di seniority, senza ferie né malattie e con il sincero interesse a performare bene.

Come si costruisce una campagna marketing efficace?

Partendo dalla fine.

Il “segreto” è nell’avere chiara la distinzione tra goal finale e le metriche di performance minori (i KPI).

Ricorderai la pubblicità del bambino che continua a chiedere perché a qualunque spiegazione gli venga fornita alla sua domanda originaria. Nella costruzione di attività marketing funziona esattamente allo stesso modo.

Le metriche di microconversione sono importanti, ma non sono l’obiettivo, sono lo strumento per raggiungere l’obiettivo.

Quindi, invece di chiedersi se i like su FB siano una presa in giro oppure no, basta avere chiaro in mente che le aziende non vivono di like. Non vuol dire che siano inutili, ma devono essere strumentali al raggiungimento di altri obiettivi altrimenti è contento solo il social media manager e non l’imprenditore e questo ovviamente non va bene.

In quali errori di comunicazione si incappa più di frequente?

Più che cercare gli errori classici nel merito delle singole attività, penso sia importante avere chiari quelli che ci sono nel metodo, nei processi.

Spesso le aziende fanno cose sensate, intelligenti e anche fatte bene, ma non ne vedono i risultati senza riuscire a capire come mai.

La spiegazione è nella parola stessa: il marketing è (letteralmente) un gerundio o, come dicono gli inglesi (e io adoro quanto siano didascalici) un present continuous. Ovvero un qualcosa che per definizione non ha una fine, è un’attività in costante divenire.

La quasi totalità delle aziende che fa una consulenza con noi già fa tante azioni corrette, ma al di fuori di una visione e di una strategia che le coordini.

È come se noi per conquistare una ragazza che ci piace facessimo “solo” una buona scelta dei vestiti e del ristorante, curando molto bene le parole da dire a cena… ma dimenticandoci di invitarla a cena o di chiederle il numero.

Non basta fare “alcune cose” giuste, ma ci vuole una macro-strategia.

Se la strategia manca, non importa quanto bene facciamo le cose. Ci ritroveremo sempre in affanno, con la sensazione di rincorrere le cose e senza capire se l’ultima novità della comunicazione ci serve davvero oppure no.

Se potessi sintetizzare quali sono i 3 consigli che dai ai tuoi clienti?

  1. Non pensare che qualcun altro possa gestire l’azienda al tuo posto, il marketing è un’attività partecipativa e va fatta con la giusta tipologia di fornitore.
  2. Scegli la tipologia di fornitore più adatta a sé. Le grandissime aziende devono internalizzare il marketing, le piccolissime devono fare da sé magari facendosi aiutare acquistando dei servizi per delle cose specifiche, mentre le PMI hanno bisogno di un’attività costante con un partner marketing stabile e affidabile.
  3. Non strapagare progetti di marketing con fornitori che poi ti abbandonano subito dopo se non hai le capacità interne di assorbire l’output di quel progetto in azienda e gestirlo in completa autonomia.

Come hanno reagito lavoratori e imprese in questo particolare momento storico?

Con una comprensibile e grande paura all’inizio, ma con una rinnovata consapevolezza che il digitale e il marketing siano necessari.

Lo erano anche prima, ma questo periodo ha aiutato tutti a capirlo meglio.

Quello che ora cercano le aziende non è assolutamente il risparmio in sé, cercano partner seri a cui potersi affidare senza quella sgradevole sensazione di rischio di fregatura.

Quali saranno i futuri scenari della comunicazione online?

Il mondo digitale va inesorabilmente verso una condizione di accentramento e di monopolizzazione dove sempre più i grandi player domineranno tutto.

Rimarrà da spartirsi la rimanente fetta che sarà comunque enorme, ma non abbastanza per tutti gli altri.

Le PMI si ritroveranno quindi (già ci sono in realtà) a un bivio: piagnucolare perché il bullo digitale di turno gli porta via il lavoro e nessuno fa niente oppure essere leader all’interno di questa nuova fetta di mercato.

Le ultime, che avranno abbracciato e non combattuto questi cambiamenti, avranno una prateria nella quale galoppare liberamente. Per poter salire in sella però bisogna razionalizzare quanto più possibile i propri processi di acquisizione clienti e costruire dei flussi stabili che permettano di affrontare qualunque difficoltà (interna o esterna che sia).

Un modello vincente che si applica a quasi tutte le realtà, e su cui stiamo lavorando molto bene, è quello della ricorsività. La capacità cioè di un’azienda di non vendere singolarmente prodotti e servizi, ma con contratti di fornitura.

In alcune realtà è intrinseco del business stesso come le palestre o tutto ciò che per sua natura si deteriora e va acquistato regolarmente.

Altre realtà avevano questa opportunità ma lo hanno capito solo dopo anni, pensiamo alle capsule di caffè vendute in abbonamento o alle lamette del rasoio.

Altre devono riorganizzare la propria offerta per poterci arrivare, noi stessi siamo un esempio di quest’ultimo caso. In un settore dove tutti vendono servizi o progetti non abbiamo inventato il percorso di marketing dentro cui è incluso tutto a fronte di un canone mensile.

In questo modo la “fatica di vendere” la si fa una volta sola e non si deve reinventare la ruota ogni giorno.

Ecco, questo è decisamente un modo per affrontare da vincenti i futuri scenari!

Claudia Ruiz