Intervista a Eugenia Romanelli: “Riscrivere l’immaginario per un mondo più giusto e inclusivo”

Viviamo in un’epoca storica in cui si avverte la necessità di cambiare le cose e di combattere affinché queste cambino in meglio. I social hanno permesso di diffondere messaggi importanti. Di ritrovare in un’ampia platea di persone – seppure virtuale –  una squadra pronta a rivendicare dei diritti per loro e per gli altri. Attraverso la pubblicazione di post ad effetto o la diffusione di foto simboliche si cerca di sensibilizzare su diversi argomenti: il cambiamento climatico, il diritto all’aborto, l’adozione per coppie dello stesso sesso e molto altro. Si parla spesso di un abuso di politically correct, quando invece si dovrebbe parlare di abuso e basta. Di violenza contro chi non viene considerato, valorizzato o semplicemente rappresentato. Le battaglie, però, sono fatte di messaggi chiari e diretti che spesso, per avere effetto, necessitano di essere lanciati da personalità in grado di sostenere il peso di una comunicazione alternativa. L’esperienza di vita e di attività professionale di Eugenia Romanelli è un esempio emblematico di lotta al cambiamento attraverso l’uso sapiente e mirato delle parole.

Molteplici le iniziative promosse da Eugenia Romanelli.

Giornalista che nel 2005 ha ottenuto il riconoscimento DONNAèWEB nell’ambito del Premio Web Italia per aver creato il miglior sito dell’anno; per l’ideazione del primo Cultural Brand italiano e per avere fondato la prima galleria d’arte contemporanea digitale italiana. Nonché del premio “Migliore impresa creativa” per il portale www.bazarweb.info della società di comunicazione ACT!, di cui Eugenia Romanelli era Amministratore Unico e antesignano dell’attuale Rewriters. 

Eugenia Romanelli: giornalista, scrittrice, docente, moglie e madre. Tante etichette per descrivere la tua persona che però, come insegna la tua storia, non ha bisogno di etichette. Lascio, quindi, a te la possibilità di presentarti ai lettori di Social Up.

“Giornalista e scrittrice perché è quello che faccio: scrivo dalla mattina alla sera, aiuto altri a scrivere, lo insegno in vari corsi, faccio l’editor, la ghost writers, e così via. Moglie e madre perché credo siano i due mestieri più difficili del mondo. Riuscire a perseverare in un rapporto di coppia e allevare una vita umana. La mia famiglia, oltretutto, è un caso di specie. Essendo sposata con una donna (unita civilmente) e con una bambina tra le poche, in Italia, ad avere due mamme riconosciute tali anche giuridicamente. A aprile uscirà la storia della nostra famiglia, per Giunti”.

Ciò che più amo della vita è viaggiare e conoscere persone, che in fondo è quasi la stessa cosa: sentirsi parte di un tutto, un tutto sempre diverso.

Così scrivi nella tua pagina web, due passioni che sono accomunate da una componente molto forte e dibattuta oggi: la diversità. Eugenia, cos’è per te e qual è il suo valore?

“Parlerei di ‘unicità’, di cui ognuno di noi è portator*. Il monotalento, studi alla mano, non fa funzionare bene alcuna macchina. Ci vogliono punti di vista diversi, intelligenze collettive, affinché si trovi la soluzione o il progetto più creativo, efficace, funzionale. È il motivo per cui in aereo ci vogliono due piloti e non uno: per avere più di un punto di vista in caso di difficoltà”.

Eugenia, nel corso della tua esperienza di vita hai preso parte a diverse battaglie, alcune che ti hanno vista coinvolta direttamente e che sono diventate, poi, il punto di partenza di progetti importanti. Come la nascita, nel 2020 in piena pandemia del cultural brand ReWriters. Testata giornalistica, Associazione, galleria d’arte, una collana di libri e un premio annuale indirizzato a leader di cambiamento: anche questo un contenitore tutto da scoprire, spiegaci meglio di che cosa si tratta e quali sono i suoi obiettivi.

ReWriters è un cultural brand che oggi spicca tra i progetti di sostenibilità sociale e innovazione socio-culturale. L’idea è riscrivere l’immaginario collettivo, e lo facciamo secondo un manifesto di 16 valori, in ottica Agenda 2030 ma anche oltre. Vogliamo lasciare alle prossime generazioni un mondo migliore di come lo abbiamo trovato, lavorando sulla costruzione di nuovi modelli e paradigmi, mai in modo prescrittivo o normativo ma puntando sul desiderio. Nella logica del marketing sarebbe: creare la domanda per offrire un mondo più giusto”.

Da ReWriters a ReWorld, una realtà innovativa nata il 25 ottobre 2022 che si pone come obiettivo quello di rispondere alle esigenze delle imprese che desiderano qualificarsi come agenti di cambiamento. Cambiamento, ricorre spesso questo termine nei tuoi progetti, di che tipo di svolta si tratta?

“I 16 punti del Manifesto ReWriters, grazie a ReWorld e a Sapienza Università di Roma (Dipartimento di Ingegneria Informatica e Gestionale), diventeranno un algoritmo capace di misurare i comportamenti delle aziende e le loro buone pratiche in ottica ESG: sarà la prima certificazione etica multiparametro italiana. Chiunque può investire: grandi manager, aziende, giovanissimi, l’importante è essere leader di change-making e innovatori o innovatrici”.

Oggi più che mai un’azienda necessita di dotarsi di un proprio Manifesto etico. Di dimostrarsi sensibile a determinate questioni, quali ad esempio la sostenibilità o l’inclusività. Nonché di cercare di trasformare questi valori in pratiche concrete. Eugenia, perché c’è così bisogno di riscrivere l’immaginario della contemporaneità per costruire nuovi paradigmi che possano orientare le prossime generazioni nello sviluppare buone pratiche?

“Non credo più nella politica. Facciamo quello che avrebbero dovuto fare i politici, se interpretassero correttamente il loro mandato. Ci occupiamo di equità, pari opportunità e giustizia. Un po’ come facevano i filosofi della Grecia classica: ispiriamo i sentimenti migliori che ognuno ha dentro di sé, nella convinzione che, cooperando, si riesca a trasformare il veleno in medicina e i limiti in orizzonti (ce lo insegnano i moscerini, che in questo sono più avanti di noi)”.

Sono ben 16 i valori base presenti nel Manifesto etico sviluppato da ReWriters tra cui: diritti civili e umani, pari opportunità, giustizia sociale, diritti delle minoranze, gender equity, tutela della diversità, digital responsability, worklife balance, body positivity.

Principi a cui si ispirano anche i 23 artisti che hanno deciso di collaborare al Mag-Book di dicembre curato da una personalità come Loredana Bertè. La quale spiega che si è occupata di quest’edizione

come un direttore d’orchestra folle che non segue più nessuno spartito e dà ai musicisti solo brevi accenni. Perché in fin dei conti è la “perfezione dell’imperfezione” ciò a cui dobbiamo mirare per far sì che nella nostra società si realizzino diversità, uguaglianza ed inclusione.

Ogni Mag-Book è un libro-rivista mensile che ha l’ambizione di riscrivere la materia dell’oggi e creare contro-narrazioni attraverso diverse tematiche. Grazie a questo tipo di progetti che risultati avete ottenuto e quali ti auguri di ottenere ancora?

“Finora abbiamo investito: 30 magbook in due anni e mezzo in cui tutti e tutte abbiamo lavorato a titolo volontario, facendo beneficenza politica e culturale. Adesso abbiamo bisogno di sostenere questo enorme e ambizioso progetto. E i Mag-Book saranno pubblicati solo se arriveranno aziende illuminate che vorranno sostenere la nostra voce in cambio dell’autorevolezza e della visibilità che possiamo loro dare. Grazie, ovviamente, ai nostri autori e autrici (brand reputation, brand awareness, brand responsibility)”.

All’inizio di questa intervista si è detto che non abbiamo bisogno di etichette, eppure le parole sono importanti.

D’altro canto, Eugenia, hai fatto di queste tutta la tua vita. Dalla scrittura alle tue iniziative, profondi vettori di cambiamento. Le parole esistono, esprimono significati che si concretizzano anche in etichette che, però, non devono per forza essere riduttive per un individuo, anzi.

Tu e tua moglie, Rory Cappelli, a tal proposito avete scritto una lettera al Governo dal titolo “Cara premier, siamo due madri e vogliamo avere i tuoi stessi diritti, in cui si esprime il disagio di una coppia di genitori che vive la propria normalità tranquillamente. Fino a quando non si imbatte in piccolezze, come firmare un documento in cui – ancora oggi – serve la firma del padre e della madre, quando voi siete a tutti gli effetti due madri.

Qui è, allora, evidente quanto le parole pesino e abbiano un impatto nel contesto dell’autorappresentazione.

Ad oggi, siete riuscite ad ottenere un risultato. Nonostante in Italia sia vietata per le coppie omosessuali la stepchild adoption, ossia l’adozione del figlio biologico del partner, la vostra bambina, ha ufficialmente un documento internazionale riconosciuto dal governo italiano che rappresenta correttamente la sua situazione familiare. Tra i sentimenti che avrete provato c’è sicuramente la gioia e la soddisfazione. Ma immagino anche la profonda consapevolezza di quanta strada c’è ancora da fare per tante famiglie.

Siete state portavoce di un cambiamento reale, ma qual è secondo voi lo step successivo affinché valori quali inclusività e pari opportunità non rimangano solo “parole da riscrivere”?

“Riscrivere l’immaginario”.

Giulia Grasso