Intervista a Elisa Alloro – “Il mondo della televisione mi ha attratta a sé ma il mio amore sono le auto”

Giornalista, presentatrice, imprenditrice, scrittrice, conduttrice Tv e radiofonica, appassionata di web e nuove tecnologie la donna di cui vi parliamo oggi è un uragano di energia e voglia di mettersi in gioco. Fin dall’inizio della sua carriera ha affrontato le sfide con grande determinazione, Elisa Alloro, fieramente emiliana, ha proprio marcia in più. Grande appassionata della vita, professionalmente ha maturato numerose esperienze giornalistiche a 360 gradi. Dopo aver lavorato in radio, essere stata la protagonista di varie clip e telepromozioni, ha proseguito la sua carriera presso diverse emittenti locali e nazionali, passando da Telelombardia a Sky Sport. Attualmente è impegnata nella conduzione di “Safe Drive”, la sua passione per le auto e la corsa erano già note a tutti, tanto da vantare un brevetto da pilota professionista. Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con lei, che prima di essere una professionista è una donna che ha molto da raccontare.

Raccontaci un po’ di te, com’è nata la tua passione per il mondo della televisione?

Non lo so. Forse ci sono delle cose nelle vita che vorremmo magari provare a fare, ed altre che siamo invece destinati a fare. Perché ci puoi girare attorno, ma alla fine finisci col farle. Io non ho mai cercato il tubo catodico (per usare un’espressione consona all’età). Sì, è capitato da piccola che guardando la TV, affascinata dal telegiornale, io abbia pensato di fare l’Anchorwoman, anzi, più semplicemente (perché la vedevo dura), io abbia desiderato conoscere meglio il mezzo televisivo, al punto di sperare anche solo di finire in redazione a fare le fotocopie; ma poi non mi sono mai nemmeno posta il problema di capire come si facesse ad arrivarci. Cosa dovessi fare. Scrivevo da sempre, ero già giornalista pubblicista e mi sono trasferita a Milano per studiare comunicazione. Non ho mai cercato né fatto nulla per entrare in TV. Ci sono arrivata e basta e sai quando? Proprio quando mi ero dimenticata di avere voglia di farlo. Tutto mi riportava li, al punto di partenza.

La tua prima esperienza televisiva è stata “NetCafè”, raccontaci come è nata?

In realtà non è stata la prima, ma è stata sicuramente, tra le prime, la più consapevole; perché li ho imparato davvero tutto. Ho iniziato a studiare dizione, a seguire il montaggio video (ancora c’era l’analogico), ho potuto sperimentare e finalmente metterci del mio anche dal punto di vista autorale. L’ideatore del programma, Gabriele di Matteo, è sempre stato lungimirante, un vero visionario: di mio, contribuii introducendo alcuni trend che stavano segnando quegli anni, i videogame e i cellulari, ma soprattutto a testare i prodotti e a parlarne senza filtri. Plus e minus.
Prima di allora, avevo avuto esperienza ad Italia Uno con Free Pass, una striscia quotidiana di musica che fece sbarcare tutta la squadra di lavoro, in qualche modo, anche a Festivalbar e a conoscere come si muoveva la macchina delle grandi produzioni televisive. Per noi, quanto meno, che eravamo risorse artistiche in erba, pareva già qualcosa di veramente grande. La piazza gremita, la gente che fremeva aldilà delle transenne, i big della musica italiana al trucco accanto a te, che eri finita lì solo per intervistarne uno. Era il 1997 credo, gli anni dei concorsi di bellezza, probabilmente l’anno in cui finì anche a fare il provino per partecipare a Goleada, il programma di calcio in onda sulla vecchia TMC. Una tragedia: migliaia di ragazze in coda per una decina di posti. Il primo colloquio fu ai limiti della commedia: le mie risposte erano davvero vintage, ma piacquero. Il giorno della prova in studio, poi, arrivai in ritardo con il treno: ricordo che mi toccò cambiarmi in metropolitana. Arrivai trafelata in un capannone deserto; aprii la porta dello studio e un telefono su un tavolino in plexiglass squillò. Non so perché, ma io risposi. E se da una parte così cominciò tutto, a metà campionato finì, perché decisi di mollare il colpo: vivevo a Milano, non esistevano le “frecce” e la diretta sfiancante della domenica iniziava a pesare. Così annunciai che liberavo il posto. Di nuovo a casa, chiamò un amico che si lasciò sfuggire di aver letto sul giornale di un provino a Telelombardia per una trasmissione di tecnologia. Io lasciai cadere la cosa, ma lui no: il mattino dopo passò a prendermi e mi forzò ad andare. Avevo trovato casa, anche se non lo sapevo ancora.

Attualmente sei impegnata nella conduzione di “Safe Drive. Come nasce la tua passione per le auto?

E’ da quando sono piccina che amo i motori. Come Grisù voleva fare il pompiere, io ho sempre desiderato diventare pilota. Non era un’ossessione, sia chiaro, era pura passione. Mio padre ha sempre avuto un debole per le macchine sportive e ha sempre avuto il piede pesante, ed io immagino di aver preso da lui. Con lui ho sicuramente allenato l’orecchio. Amo la velocità; qualcuno direbbe che “pesto”, ma ho sempre amato anche la performance pulita: ci vogliono la massima lucidità, concentrazione, ma anche il massimo rispetto. Mi hanno sempre attratto le cose nuove e mi sono sempre buttata nel tentativo di scoprire nuovi territori: anche in questo caso, è stato un amico a chiedermi di iniziare a correre con i go-kart, nella squadra degli artisti di Kart No War e sono stati anni di gioia infinita. Nobile lo scopo, magnifico il gruppo; una grande esperienza. Ho corso anche con Porsche: lavoravo già per un programma sportivo che trattava anche i motori e conoscevo le corse “rosa”, ma il fidanzato di allora non amava molto che io corressi. Però non ho resistito: un giorno in fiera ho visto lo stand di un noto magazine sportivo, in cui ci si poteva iscrivere alla “Boxster Cup Lady” lasciando il proprio cv e a seguito di una prova, fui presa. Salì sul podio e con grande soddisfazione anche del fidanzato, feci molta fatica prima di smettere.

Videogame, web, nuove tecnologie, addirittura droni e deltaplano. Possiamo dire che sei una vera spericolata!

Quella del deltaplano da dove esce? Non siamo in molti a saperlo 🙂 Comunque sì, diciamo che sono una funambola. Ho bisogno di adrenalina. Ho una moto – ed è anche questo, un altro amore di quando ero piccola – ho guidato appunto i kart, le auto sportive, poi sono passata ai cavalli e ai droni forse per lo stesso motivo: l’aria, il cielo, il vento in faccia, un orizzonte sempre nuovo, la voglia di esplorare, avere punti di vista esclusivi, planare sulle cose con leggerezza che per dirla alla Italo Calvino, non è superficialità, ma la capacità di sapersi meravigliare ancora; per me, una necessità.

Ma non solo motori, attraverso i tuoi social abbiamo visto la tua passione per i cavalli e l’equitazione. Come è nato questo amore?

Un giorno un amico (non quello di prima, un altro…) mi ha fatto una telefonata e mi ha sentito “frenata”. Mi ha chiesto come stessi ed io non ho negato una certa apatia, atipica per quanto mi riguarda. Mi ha proposto di comprare un cavallo e come una pazza, il giorno dopo ero alle aste del galoppo. Da quel momento, senza saperlo, avrei iniziato ad avere parecchi “figli” ancor prima che nascesse il mio. La prima cavallina, Almutahill, una “marzolina” come me, sta bene ed è ancora in famiglia.

Come è cambiata la tua vita dalla nascita di tuo figlio e come riesce a gestire una madre così dinamica e “folle”?

:-))) Come riesce lui a gestire me? Beh, è molto probabilmente così… è piccolo ma sveglio; pieno di energia e ironico quanto basta a farmi capire che è avanti anni luce rispetto a chi lo ha messo al mondo. Si diverte molto con me, ma se non approva qualcosa lo dice liberamente. E’ un grande consigliere: cerco di condividere con lui anche scelte apparentemente importanti, come dipendesse da lui la buona riuscita o meno dell’operazione. Do un valore alla sua creatività e alla sua intuizione, perché lui ha dato e continua a dare valore al mio tempo. Senza preclusione alcuna.

Qualunque settore lavorativo per una donna la bellezza delle volte crea discriminazioni e pregiudizi. C’è mai stato un momento nella tua carriera in cui la tua bellezza (indiscussa) è stato un “problema”?

Quella che da una parte sembra un’opportunità, dall’altra è sempre un problema. Sarebbe sciocco negarlo. Intanto, se sei davvero bella non lo sai fino in fondo. Sei semplice e lo rimani; sei cristallina e non ti accontenti mai. La bellezza da sola, può davvero essere – utile forse – semplicemente fine a se stessa. Ma quando sei anche brava, discretamente intelligente e simpatica, inizi a stare sul groppo a talmente tanta gente, che ti si può solo amare o odiare. E scatta il problema numero due: chi ti ama troppo, ti complica la vita, perché ti sembra ti faccia un favore e ti spinge a sentirti usata se non corrisposto. Chi ti odia, di contro, vedendo che non molli e chi ti ama ti sostiene, ti addita colpe che non hai. Del tipo: <<Quella è li solo perché se la fa il capo…>>

Se chiudi gli occhi come ti vedi tra dieci anni?

Insegnatemi a chiuderli. Mi servirebbe, ma forse mi spaventa. Non certo per me, solo per quelli che amo: non oso immaginare il giorno in cui li perderò. C’è chi mi rimprovera perché sostiene io ringrazi troppo spesso, ma il motivo è che non voglio doverlo rimpiangere. L’essere grata e l’amare, sono le poche cose che non riuscirei a nascondere nemmeno sotto tortura.

Claudia Ruiz