Intervista a Eliam: “Eroe è colui che lotta per essere autentico”

“Eroi” è il nuovo singolo si Eliam, presente in tutte le piattaforme digitali da venerdi 28 maggio. All’anagrafe Lamberto Mancini, Eliam si è laureato nel 2008 e ha iniziato subito a lavorare come disegnatore, grafico e assistente di stile in diversi uffici stile di Roma e provincia. Prosegue così la carriera nel mondo dell’abbigliamento portando avanti parallelamente la musica.

Il percorso musicale “ufficiale” vede il via nel 2007, quando viene letteralmente spinto sul palco da due sue amiche cantanti. Risalgono ad allora le esperienze di canto corale, di musical theatre e di performance live in duo acustico (chitarra e voce). La fascinazione per la musica confluisce naturalmente nella scrittura di brani inediti. Per anni si auto convince dell’idea che esprimersi autenticamente in italiano sarebbe stato impossibile, scrivendo quindi con grande facilità in inglese. Con la pubblicazione di Eroi l’evoluzione artistica matura fino alla scelta di scrivere in lingua italiana.

Il brano “Eroi” parla di come siamo abituati a raccontarci che le cose siano “più grandi di noi” e che le nostre azioni non potranno fare la differenza. Racconta la frustrazione provata sentendo in fondo allo stomaco che avremmo potuto dare qualcosa che invece abbiamo tenuto per noi. Nell’era contemporanea, essere eroi significa essere profondamente umani, il super potere di oggi è l’empatia.

 

Perchè hai scelto “Eroi” per il tuo debutto?

Eroi è il pezzo che meglio sintetizza la mia musica dove le canzoni sono spesso una dichiarazione di indipendenza, esprimono un sentimento di ribellione nei confronti dell’indolenza. Ogni giorno lotto per liberarmi dall’ipocrisia, dall’indifferenza e dall’egocentrismo; ho smesso di girarmi dall’altra parte, di tenere le cose taciute per paura del rifiuto altrui, di pensare che qualcun’altro lo farà al posto mio. La vita che voglio e che posso considerare “vissuta” è quella in cui, ogni giorno e in ogni aspetto della mia vita, il coraggio possa guidare le mie azioni, mattoni che possano costruire il domani sognato ieri.

In “Eroi” dici che sei circondato da persone che si vendono come eroi. A cosa ti riferisci?

Dico che tutti quanti sappiamo venderci da “eroi”: tutti sappiamo dare la migliore immagine di noi stessi, la risposta corretta alla “domanda”; ma nel momento in cui le cose si fanno difficili, nel momento in cui si deve “fare”, scegliamo di trovare un percorso che possa creare un valore aggiunto oppure ci preoccupiamo esclusivamente di avere una soluzione comoda, conveniente? Una strada che non alteri il nostro equilibrio personale? Spesso la rivoluzione si spegne nella comodità, nel perfetto alibi che “tanto non cambierà niente”.

La parola eroi oggi è molto abusata, ma per te chi merita di essere chiamato eroe?

In un contesto attuale dove individualismo e negazione sono valori culturali ed economici molto radicati, eroe è colui che riesce a rimanere in ascolto della propria e dell’altrui specificità; è colui che lotta per essere autentico e per richiamare l’autenticità nell’altro. Il vero superpotere dell’eroe è l’empatia, quell’essere dentro il sentimento dell’altro che abbatte ogni stereotipo e differenza, quella spinta che da la fiducia e la volontà di creare anziché distruggere, migliorare anziché criticare. Grazie a questi “superpoteri” un eroe costruisce con le proprie azioni quotidiane un circolo virtuoso, soprattutto quando è più difficile farlo.

La musica è arrivata nella tua vita in un secondo momento rispetto al tuo lavoro di graphic designer: quali lacune espressive riesce a colmare la musica rispetto al mondo del graphic designer?

La grafica e le arti visive vengono progettate, sviluppate e completate durante una performance che generalmente è “privata”, interdetta al pubblico. Come grafico/stilista concepisco e realizzo l’opera senza la partecipazione diretta di un pubblico, solo in un secondo momento la condivido, mentre nella musica questa dinamica è meno presente. Con le performance dal vivo, c’è sempre una condivisione diretta, estemporanea, i live fanno cadere anche l’ultimo sottilissimo velo di difesa nei confronti degli altri. La musica dal vivo è necessaria perché porta con sé la vera condivisione, la partecipazione senza barriere né ruoli.

“Eroi” è la tua prima canzone in italiano. Prima scrivevi e cantavi brani in inglese: quali sono le differenze che hanno influito?

In inglese non mi sono mai chiesto come “suonasse la mia musica”, semplicemente ho seguito la scia emotiva evocata dagli accordi e trasformato i suoni in un discorso, ogni parola di quella lingua si è sempre incastrata perfettamente con la melodia. Poi mi sono detto: “Sei italiano, ti piace scrivere nella tua lingua madre, di cosa hai paura?”, così ho iniziato a sperimentare. Nei miei primi approcci di scrittura avevo come l’impressione che le parole fossero Alice dopo l’effetto della pillola che ingigantisce dentro una stanza a misura di Bianconiglio, e mi sono ritrovato di fronte così tanti paletti che alla fine, non potendo correre più in nessuna direzione, ho imparato a volare(come fa il calabrone). Ho trovato le parole più sincere senza per questo rinunciare all’orecchiabilità, l’immediatezza della melodia.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?

Nel cassetto i miei sogni non ci stanno mai troppo a lungo, tuttavia recentemente ho capito che voglio: una casa nel bosco; un laboratorio/studio creativo nella casa in mezzo al bosco, un team di amici/creativi nello studio dentro la casa nel mezzo del bosco. Ah si dimenticavo…Tanti felini!

Sandy Sciuto