Intervista a Claudio Di Biagio: “Come ho imparato a diventare chi sono”

Claudio Di Biagio, classe 1988, regista autodidatta e nativo digitale.

Nel 2011 dirige Freaks, la prima webseries italiana. Dirige “Andarevia” prodotto da Rai Cinema e continua la regia sul web: MSC, Pringles, Sky, Warner Bros, HBO.

Nel 2013 dirige “Vittima degli eventi”, film su Dylan Dog prodotto con il crowdfunding. Dirige e scrive ”Lontana da Me“, teendrama Palomar e Rai Fiction. Scrive e dirige spot per Rai, Pornhub, Fox, Sky, Columbus Assicurazioni.

È autore e speaker del programma di Radio2 ”Meanzianoyoutubers” dal 2016. Nel 2018 è il regista della prima stagione di “4 Hotel‘ con Bruno Barbieri. Netflix, Mini, Microsoft e 20th Century Fox collaborano con lui per progetti audiovisivi di cui è regista, autore e interprete.

Scrive e pubblica per Rai Eri “Si Stava Meglio”, il suo primo libro.

Tra un ciak e un fine riprese, siamo riusciti a placcarlo per farci rispondere a molte delle domande che volevamo fargli da tantissimo tempo. Per tutte le altre che ancora ci affollano la mente, speriamo possa concederci un’altra intervista, poco prima di prendere il primo Oscar per la regia (che merita tutto). Nel frattempo, ecco a voi: Claudio Di Biagio.

Chi è Claudio Di Biagio quando non è dietro o davanti ad una cinepresa?

In realtà, più o meno la stessa persona. Nel senso che la sfortuna e la fortuna di fare un lavoro del genere, che ti fa lavorare con la tua immagine, ti costringe a farlo sempre o, comunque, di stare sempre a pensarci. Questa è la parte impegnativa. Claudio fuori dal lavoro è praticamente lo stesso, perché per me quello non è propriamente un lavoro o un qualcosa che ad un certo punto lascio fuori dalla mia quotidianità quando poi torno a casa. Di conseguenza, la bellezza e l’impegno sta proprio in questo: non uscirne mai, ma perché ti piace.

Film, programmi televisivi, YouTuber, regista e anche scrittore: era proprio questa la vita che hai sempre immaginato per te stesso? Cambieresti qualcosa?

Non cambierei niente perché in realtà, il concetto, sta proprio nel fatto che uno scrive o cerca di creare qualcosa, col fine di vivere altre vite. Quindi della tua tendi a non cambiare nulla perché è la stessa vita che poi ti permette di creare tutto il resto. Sono di questo avviso anche perché la realtà è bella e la si dovrebbe prendere così come si presenta.

Credo di essere stato anche stato molto fortunato in vita mia: ho una famiglia che funziona alla grande, ho delle persone vicino a me che mi vogliono bene e a cui piace passare del tempo con me. In realtà non mi sono mai chiesto che tipo di vita volessi o che avrei avuto, quando ero piccolo. Più in generale non mi aspetto niente di ciò che potrebbe accadermi, perché preferisco non concentrarmi su cosa potrebbe succedere o meno. Prendo in toto ciò che arriva e vado avanti così.

Cinefilo in prima linea: da cosa e quando è nata questa grandissima passione per il cinema? Il tuo film preferito?

Non so identificare un momento esatto in cui questo amore è nato: molto probabilmente da piccolino. In realtà non mi considero neanche un cinefilo, perché ogni volta che parlo con persone, che magari non fanno neanche il mio lavoro, viene fuori che hanno visto molti più film di me. Ti posso però dire che ci sono dei film che mi hanno sicuramente segnato e colpito nel profondo. Più di tutti, forse, è American Beauty. Ogni volta che lo rivedo, rimango colpito da come risulti ai miei occhi sempre nuovo. Di Fisher, invece, apprezzo l’ingenua magia che che riesco a sempre leggere tra le righe e che lego alla mia adolescenza.

Ad ogni modo credo che l’amore per il cinema lo si veda maturando. All’inizio può essere semplicemente una passione, che ti piace ma che non ti impegna così tanto. Questo, fino a quando riesci a trovare degli autori e dei registi che, in tutto e per tutto, sono in grado di produrre qualcosa che si rispecchi in come per te dovrebbe essere fatto al cinema. Primo tra tutti è Paul Thomas Anderson, che considero il miglior regista vivente.

La tua nonna, per il resto del mondo Nonna Lea, che purtroppo ci ha lasciati fin troppo presto, è stato il meraviglioso soggetto di una tua rubrica su YouTube (“E poi te lo magni”). Lei, con la sua grandissima verve, cosa ti ha passato ed insegnato?

Di base è stato più un mio osservare, che non un suo insegnare: quello di non prendersi sul serio. Quando non ci si prende così seriamente e, quindi, quando si affronta tutto con una certa leggerezza e bontà d’animo, in realtà non c’è bisogno di qualcuno che ti insegni qualcosa. Basta semplicemente osservare una persona che agisce in questo modo, ad insegnarti indirettamente tanto. Non è stata solo mia nonna Lea, portatrice di questo aspetto. In realtà tutta la mia famiglia, nonostante abbia problemi come tutti, cerca di affrontare la vita con leggerezza e senza prendersi sul serio. Mia nonna forse ne è la capostipite e punto di riferimento ed io, anche in questo,  le assomiglio tantissimo.

Comunque di insegnamenti veri e propri non ne ho mai avuti, perché a me bastava ascoltarla quando si raccontava, per prenderla come fonte di ispirazione. E’ più la riflessione che ne scaturiva ad essere veramente importante per me, che non il sentirmi dare direttamente delle lezioni esplicite. La cosa più bella che ci possa essere, secondo me, è che ci siano strumenti adeguati per permettere ad una persona di imparare dalle esperienze altrui, in maniera spontanea e mai passiva.

Giovane eppure hai già fatto tantissimo, arrivando anche dove sono giunti in pochi: c’è un episodio divertente, magari televisivo e che ti riguarda in prima persona, in cui avresti voluto scomparire dalla faccia della terra?

Probabilmente non è un episodio da cui possa essere generato qualcosa di esagerato, però sicuramente è divertente. Parto col dirvi che ho avuto un rapporto strano con la scuola: non ho studiato all’università, eppure insegno regia in una scuola privata. Ho un’idea molto particolare dell’istruzione, che va a ricalcare ciò di cui abbiamo parlato nella domanda precedente. Per me, quindi, dev’essere più una presa di coscienza della propria saggezza, che non un imposizione esterna. Per questo motivo per me la scuola dovrebbe essere un luogo di incontro in cui si viene stimolati attivamente e positivamente alla conoscenza.

Detto ciò, una volta fui invitato da un professore universitario a partecipare ad un incontro con i suoi studenti, riguardo un argomento molto vicino a quello che insegno io adesso. Durante lo svolgersi di questo confronto, il professore in questione, continuò a dire cose di cui io non ero minimamente d’accordo e che per me non avevano senso. Ad un certo punto lui se ne accorse e si creò una situazione abbastanza imbarazzante: io mi trovavo in quel posto per appoggiare le sue tesi, non per pormi contrario ad esse. Quando poi presi la parola in aula, cercai di esprimere il mio punto di vista, completamente opposto, ma con molta diplomazia. Da lì si innescò una discussione che proseguì fin fuori dall’aula, anche se con toni molto pacati. Diciamo che con molta probabilità non mi chiamerà più per fare interventi nella sua classe.

Nel tuo libro “Si stava meglio” hai voluto riportare la storia di quattro personaggi: la giornalista e scrittrice Anna Maria Mori, il pittore Giorgio Michetti, la nuotatrice Anna Mazzola e la tua dolcissima nonna Lea. Ti è sempre piaciuto scrivere e come mai hai scelto di raccontare proprio di loro?

Arrivare a loro è stato molto facile. Devo tutto ad una persona importantissima, Federica, che poi è anche la mia agente. E’ riuscita a mettermi in contatto con queste persone, grazie alle quali ho potuto scrivere di storie bellissime, toccanti ed interessantissime. Il mio sogno era di riportare nero su bianco realtà e ricordi di persone molto avanti con l’età, dandoci la possibilità di confrontare due diverse generazioni. Il progetto è andato meglio di come potessi mai immaginare e sperare: loro sono stati davvero incredibili. L’unica nota, che forse lascia un pò l’amaro in bocca, è che purtroppo Anna, Giorgio e mia nonna si sono spenti proprio quest’anno, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altra. Quello che però rimarrà sempre con me e che spero di essere riuscito a trasmettere tramite le pagine del libro, è della bellezza di come loro siano stati in grado di affrontare la vita.

Esiste una persona o un personaggio da cui trai continuamente ispirazione?

Io mi lascio ispirare e mi permetto di prendere idee da qualsiasi cosa e qualunque persona. Ogni soggetto che incontro e ogni situazione che mi succede, diventa spunto da cui prendere linfa creativa. Cerco sempre ad avere intorno a me persone e condizioni che possano stimolarmi sempre, soprattutto in maniera costruttiva. Ho sicuramente delle persone che mi hanno aiutato ed ispirato all’inizio per capire cosa volessi fare, ma prendo davvero impulsi da qualsiasi contesto.

Dopo tutti i progetti passati di cui ci hai parlato, siamo sicuri che la tua genialità si è già rimessa all’opera per nuovi ed interessanti propositi. Raccontaceli, siamo tutti orecchie!

Attualmente sto lavorando ad un programma televisivo come regista, di cui però ancora non posso svelarvi nulla. Vi basti pensare che è un progetto davvero molto bello perché sarà incentrato sulla cultura.

Altro piano che sto cercando di realizzare, è quello di collaborare con una regista per la produzione di un film cinematografico. Anche per questo progetto sono davvero entusiasta, non solo per la pellicola in sé, ma soprattutto perché ho trovato qualcuno che crede ed apprezza le mie idee, scommettendo su ciò che voglio raccontare.

Alessia Cavallaro