Instagram: social pericoloso per gli adolescenti, i dati Facebook lo affermano, cosa fare a riguardo?

Al giorno d’oggi alcuni spunti di riflessione profondi, per quanto si faccia fatica a credere, provengono dai social. I social network hanno di fatto sostituito le piazze in ambito politico, ad esempio, e creato un nuovo terreno di dibattito dove, però, è difficile “coordinare il traffico”. Stimoli, opinioni, sensazioni, tutti input che provengono dal contesto social e influiscono nella vita di qualunque utente senza che quest’ultimo se ne renda conto. Ciò non significa che l’utente social rimanga passivo ai bombardamenti di notifiche, like, commenti. Ma, al contempo, si può sottolineare come un determinato clima d’opinione 0 – di standard sociali – possa pur indirettamente influire nelle decisioni di ciascuno di noi.

Senza entrare troppo nel merito politico – all’interno del cui ambito ci sarebbe un mondo da analizzare – le stesse compagnie di social network stanno affrontando queste tematiche di estremo interesse sociologico e psichico.

Attraverso un’analisi puntuale di dati, il gruppo Facebook ha analizzato l’esperienza social dei teenagers evidenziandone alcuni effetti negativi.

In particolare, l’ambito social studiato è quello di Instagram, ed il target analizzato è composto da adolescenti, poiché rappresentano la percentuale maggiore di utenti iscritti. Facebook negli anni ha subito un aumento massiccio di nuovi utenti over 35 iscritti alla piattaforma. Molti adolescenti, per questo motivo, hanno convenuto spostarsi e dedicare maggiore tempo (da Open.online si legge 50% in più rispetto a FB) ad un social più adatto alla loro età.

Insomma, se il genitore sa utilizzare Facebook il figlio cavalca l’onda di Instagram.

Tuttavia, a prescindere dalle motivazioni che spingono un ragazz* ad usare un social piuttosto che un altro, è determinante capire gli effetti di quell’uso sulla persona. Secondo un’inchiesta riportata dal Wall Street Journal, Instagram sembrerebbe essere pericoloso per gli adolescenti e i motivi sono al contempo ovvi ed essenziali.

Ovvi perché per comprendere tale variabile, non era necessaria un’indagine dato che è sotto agli occhi di tutti. Essenziali, dato che qualsiasi siano le ragioni più banali e semplici da rintracciare, è importante non sottovalutare il fenomeno. Un’indagine condotta in tal senso potrebbe essere un’occasione di svolta per prevenire determinate conseguenze dannose. Infatti, quando sono i dati a parlare una problematica rimasta per troppo tempo all’oscuro, comincia ad assumere una rilevanza concreta.

La pericolosità è percepita nella misura in cui il mondo sui social rappresenti un mezzo di paragone della propria vita.

É evidente, infatti, il danno psicologico che filtri, ritocchi e pezzi di vita super lussuosi ostentati sui social abbiano recato o possano recare ad un normale adolescente. Il quale, mettendosi a confronto – virtualmente – con il proprio beniamino avverte spesso un sentimento di insoddisfazione del proprio io. Sentendosi insoddisfatto di sé, della propria vita e del proprio aspetto fisico, si costruisce dei complessi mentali che degenerano in danni psicologici come la depressione.

La ricerca, appunto, dimostra come un adolescente su 3 soffra di disturbi provocati dal disagio fisico derivato dal confronto con i contenuti pubblicati dalle star dei social. In particolar modo, sono le ragazze a subire questa pressione sociale. Dalla ricerca condotta da Facebook sulla salute psicologica degli adolescenti emerge un dato alquanto sconcertante a riguardo.

Il 32% delle ragazze adolescenti ha affermato che quando si sentivano male per il proprio corpo, Instagram le faceva sentire peggio

Una percentuale a cui si dovrebbe trovare soluzione, ma che spinge, invece, a porsi tante domande.

Una fra tutte spicca: perché, dato il malessere dimostrato, le adolescenti continuano ad usare questo social?

Chiaro è che, in questo contesto, occorre fare una distinzione tra chi usa Instagram e chi, invece, abusa di quest’ultimo. Facendone un uso “malato”, il confronto su Instagram può “cambiare il modo in cui le giovani donne si vedono e si descrivono”.

Giovani ragazze che cominciano a soffrire di patologie serie, come i disturbi alimentari, solo per riuscire ad assomigliare ad una modella che ha milioni di like. Tale situazione rischia di diventare incontrollabile, e pur soffrendo, le adolescenti non staccano lo sguardo da Instagram semplicemente perché non si tratta più di usare un social network, ma di un vero e proprio disturbo psicologico.

Un danno che genera pensieri pericolosi: dal cambiarsi i connotati al suicidio.  Tutto ciò, però, può essere prevenuto. Da un lato con leggi come il Marketing Act norvegese che promuove un uso responsabile dei miglioramenti fisici sui social.  Il governo, obbligando gli influencer a dichiarare pubblicamente di aver utilizzato un filtro, aiuta il ragazzino a riconoscere la realtà dalla finzione.

Questa è senza dubbio una soluzione che proviene dall’alto e che smuove un po’ le coscienze su un fenomeno così all’ordine del giorno, eppure poco tutelato. La stesso social dovrebbe intervenire a riguardo, promuovendo un tipo di contenuto che rispecchi tutte le sfumature della società, e non solo una perfezione che si rivela in fin dei conti fittizia.

L’inchiesta del Wall Street Journal ha lasciato trapelare, tra le altre cose, come siano stati fatti “sforzi minimi per affrontare questi problemi e come siano stati minimizzati in pubblico”. Eppure per Instagram gli adolescenti sono il pubblico principale a cui rivolgersi, la loro salute mentale dovrebbe essere considerata a maggior ragione come una mission della stessa azienda.

A fronte di tali mancanze, è giusto domandarsi: cosa possiamo fare NOI in prima persona per cambiare le cose?

Illuminante è lo spunto di Carlotta Gagna, traininpink, la seguitissima personal trainer che utilizza i social per trasmettere i suoi consigli da professionista sul benessere fisico, che poi è anche mentale.

Qui il suo post sulla questione.

Semplici parole le sue, di quelle che leggiamo ogni giorno e trascuriamo in un attimo.

Quante volte scorrendo le storie sui social si inciampa in una discussione come quella di Giulia De Lellis sull’acne. Insomma, su quanto sia difficile accettarsi, ma che deve comunque essere un lavoro da fare su se stesse. Ecco, quelle parole le apprezziamo, poi, però, cambiamo storia e lei è subito perfetta. Invece, una ragazzina che soffre dello stesso disturbo dell’influencer, si guarda allo specchio e non è cambiata. Non migliora 15 secondi dopo (il tempo di una stories) rimane se stessa e non si accetta.

Qui si inserisce perfettamente il discorso di Carlotta, occorre spostare l’attenzione “da corpi perfetti a benessere interiore e salute”. Occorre, dunque, cercare di risolvere l’acne con le giuste cure ad esempio senza, però, crearne un disagio mentale. L’esempio di Giulia De Lellis è utile per far comprendere a tutti i personaggi social che per quanto dimostrino di avere imperfezioni come chiunque altro – e ciò è assolutamente da ammirare – basta andare nel loro profilo per sognare di essere così splendenti.

Dati Facebook alla mano, è arrivato il momento per tutti di essere più responsabili delle proprie azioni, parole e post pubblicati su Instagram. Quando le soluzioni non arrivano dall’alto, bisogna rimboccarsi le mani in qualche modo. Mahatma Gandhi, che non avrebbe mai immaginato di essere citato in una discussione sui social network, diceva: «Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo». Sui social i protagonisti siamo noi e quindi noi “abbiamo il potere di cambiare le cose”. Se lo vuoi davvero, cambia tu essendo semplicemente te stess* senza filtri.

Giulia Grasso