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Il Gabbiano contro i cliché in scena a Roma

L’estate è iniziata e con essa iniziano le belle giornate, quelle dove ci si può permettere di riflettere sulla nostra vita, sulla bellezza di questa. Al Teatro Antigone di Roma ad esempio è andata in scena una bellissima interpretazione de Il Gabbiano, scritto da Anton Cechov il 17, 18 e 19 di questo mese.  Ha riscosso un grande successo tanto da essere in breve tempo sold out e con una risposta del pubblico molto calorosa e con molti apprezzamenti agli attori che per le tre serate sono stati apprezzati da una grande platea. Un’opera decisamente interessante che ha offerto agli interpreti del laboratorio di recitazione “La Verità in Scena” la possibilità di utilizzare ed approfondire queste tecniche e, attraverso un processo che gli ha permesso di spogliarsi di ogni manierismo e cliché, danno vita ad una rappresentazione credibile, sincera ed appassionante.

“La Verità è in Scena” è un laboratorio di recitazione che intende offrire una tecnica interpretativa basata sulle metodologie sviluppate da Konstantin Stanislavskij e poi da Lee Strasberg, il cui obbiettivo, attraverso esercizi mirati come sensoriali, analisi del testo e biografia del carattere, è sia una costruzione attenta e precisa di un testo, di un personaggio, in ogni sua sfaccettatura, sia conferire verità ad una performance, come un qualcosa che stia accadendo veramente in quel momento.

Prima dello spettacolo siamo riusciti a scambiare diverse battute con il promettente regista Roberto Costantini, che interpreta Trigorin, e così si racconta «Studio tecniche di recitazione da 18 anni. Ho cominciato con Grotowskj, poi Brecht, infine sono approdato al Metodo, ed è stata una folgorazione. I laboratori Stanislavskij – Strasber che ho frequentato all Intenational Acting School Rome, diretti da Giorgina Cantalini; i workshops intensivi con Lena Lessing, Elisabeth Kemp e Susan Batson sono solo le più importanti pagine della mia vita di allievo. E l’applicazione sul campo è avvenuta con registi ed attori come Flavio Marigliani, Ivan Bellavista, Dario Eros Tacconelli, Giorgia Ferrero, in opere come “Lo zoo di vetro”, “Angels in America”, ” Molto rumore per nulla”, “L’amico ritrovato”, ” Ciò che vide il maggiordomo”, ” Il guardiano”, “De profundis”. Ho curato le regie di testi come ” La donna del mare” e “Come tu mi vuoi”.» Una carriera ricca di esperienze e di grandi artisti, che lo ha quindi portato alla realizzazione di questo spettacolo che vede la partecipazione di attori professionisti ed appassionati di recitazione. «Ho scelto Il Gabbiano di Anton Cechov perché è l’ emblema di Stanislavskij, perché amo quell’opera, perché è un testo complesso, duro, emozionante e chi lavora con me ha l’obbligo e il diritto di “sudare”. Non faccio sconti a nessuno. Nemmeno al pubblico.» E’ sempre il regista a raccontarci del perché di questa scelta, che poi continua «La storia è ambientata nella Russia di inizi 900, ma la mia ambientazione ha connotazioni più moderne, anzitutto per facilitarne l’allestimento, ma soprattutto per concentrare il lavoro sulle circostanze della storia, sulla vita di questi personaggi così temporalmente distanti da noi, ma, dopo un’ attenta e profonda analisi, vicini al nostro vissuto, alle nostre pulsioni, ai nostri sogni e alle nostre esperienze. Per sperimentare ancora una volta che non c è nulla che un attore non possa raccontare

Alla realizzazione dello spettacolo hanno partecipato dietro le quinte anche Andrea Merenda in qualità di  addetto ai suoni ed alle luci, mentre per la grafica ha contribuito Simone Celano.

Il regista in chiusura non manca di assegnare degli aggettivi che meglio rappresentano i propri attori, che con lui hanno collaborato per realizzare questo spettacolo dal grande successo, oltre che impegnativo per via della natura stessa de Il Gabbiano.  «Adriano Belardi ( Jacov ):adorabilmente sfacciato, Pia Giammario ( Polina): intensa ed espressiva, Sergio Campisi (Dorn): meticoloso e con una profondità interpretativa, Paco Garrocho ( Sorin): Lui è la verità in scena… camaleontico! Chiara Napoletano (Irina): appassionata, sensuale e precisa, Francesco Buttironi (Kostantin): emozionante, coraggioso, dedito al processo di creazione… una speranza. Elisa Musilli ( Nina): struggente rivelazione. Nella scena finale i suoi occhi registrano ogni piega dell’ anima.»

Andrea Calabrò