Hákarl, lo squalo fermentato

In giro per il mondo e persino nella nostra Italia, si possono trovare moltissimi cibi “strani” o inusuali ma in alcuni casi si raggiungono livelli altissimi di stranezza e particolarità, tanto da arrivare a etichettare una pietanza come oggettivamente immangiabile; uno tra questi cibi, ritenuto disgustoso dalla quasi totalità della gente che lo ha provato, è l’Hákarl ovvero lo squalo fermentato islandese (detto anche kæstur hákarl, in inglese rotten shark o fermented shark).

Questa specialità ha origini antichissime e pare risalga addirittura all’epoca dei vichinghi, quando si accorsero di avere una notevole risorsa ittica da poter sfruttare a scopo alimentare, ovvero lo squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus) e lo squalo elefante (Cetorhinus maximus).

Ma c’è un problema, la carne di questi squali, se mangiata fresca, è altamente tossica e pare che il consumo possa portare in alcuni casi anche alla morte; quindi si trovò un metodo che è rimasto quasi invariato fino ai giorni nostri, per rendere eduli le carni di questi grossi pesci cartilaginei…un lungo processo di fermentazione ed essiccazione.

Subito dopo la pesca, i grossi squali vengono macellati e da questi si ricavano grosse strisce di carne dai 5 ai 10 kg, che vengono sotterrate in spiaggia con della sabbia a grana grossa fino a formare delle collinette sormontate da pietre più grandi per pressare la carne sul fondo, che viene lasciata letteralmente a marcire.

Dopo un periodo che varia dalle 6 alle 12 settimane, una volta raggiunta la consistenza e l’umidità desiderata, i tranci di carne ormai in stato di putrefazione vengono prelevati e portati in un capanno dove verranno essiccati per 4 o 5 mesi; durante l’essiccazione, sullo strato esterno del trancio si forma una crosta bruna che viene eliminata al momento di servire la pietanza.

Penserete che, essendo una preparazione tradizionale e molto antica, piaccia a tutti gli islandesi ma in realtà sono in pochi ad apprezzarlo e a consumarlo, nonostante faccia anche parte di un piatto tradizionale misto che viene mangiato durante le feste, il Þorramatur (thorramatur).

Questo prodotto così particolare, si può trovare sia nei baracchini in strada sia nei supermercati, ma le strutture di produzione sono relativamente poche e in ogni caso a debita distanza dalle città; la più famosa è sicuramente la fattoria Bjarnarhöfn.

Chi lo ha provato, dice che l’odore è sicuramente peggiore del sapore e che faccia una fortissima puzza di ammoniaca o di formaggio stagionatissimo o, più semplicemente, di marcio…per questo motivo viene sempre accompagnato da un bicchierino di Brennivín, un’acquavite islandese molto forte.

Nonostante siano in pochi a mangiarlo, pare che varie attività commerciali ne offrano qualche pezzetto ai visitatori e ai turisti, perché rimane pur sempre un’attrazione turistica e per gli islandesi è molto divertente vedere le facce disgustate degli stranieri.

Sareste così coraggiosi da provarlo?