Fiona Davis e la sua “Casa delle bambole”: la forza delle donne negli anni ’50

“New York, 1952. Quando arriva al Barbizon Hotel subito dopo aver ritirato il modulo per iscriversi alla scuola per segretarie d’azienda, Darby McLaughlin è tutto ciò che le altre ospiti della nota pensione per signorine non sono: semplice e timida, ha la costante sensazione di essere fuori posto… E nessuna di quelle ragazze, tutte sofisticate modelle di una nota agenzia, sembra bendisposta nei suoi confronti. L’unica amica è Esme, la cameriera, che le apre le porte degli equivoci jazz club newyorkesi in cui la musica è potente come l’eroina che vi scorre a fiumi, le fa conoscere il ritmo trascinante del bepop, le fa balenare davanti agli occhi la possibilitĂ  di trovare l’amore”.

New York, 2016. Il Barbizon Hotel è in declino; non è più il simbolo della vecchia New York, un “albergo per signorine” che in piena Upper East Side offriva residenza e controllo a ragazze di ogni provenienza ed estrazione sociale: modelle, attrici, segretarie, commesse. Ragazze in cerca di fortuna e di un futuro brillante. Un luogo in cui hanno soggiornato, ben prima della notorietà, nomi sacri della “belle epoque” newyorkese come Grace Kelly, Candice Bergen, Silvia Plath e Liza Minnelli.

Fino a qualche mese fa, del Barbizon Hotel era rimasto solo il ricordo di quello che era stato un tempo, finché però una società di real estate non ha deciso di farne un condominio di lusso, con attici in vendita a due milioni e mezzo di dollari, e finché una Fiona Davis alla ricerca disperata di una casa non si è imbattuta fortuitamente nell’edificio.

Fiona Davis è un’affascinante canadese laureata in giornalismo alla Columbia University; dedicatasi per i primi dieci anni della sua carriera alla recitazione tra Broadway e off-Broadway, ha deciso poi di tornare alla scrittura e di pubblicare il suo primo romanzo: “The Dollhouse”.

La rivista People lo definisce «un’indimenticabile storia di indipendenza femminile» e la scrittrice, con la sua penna leggera, ma al contempo una fermezza e una cura del dettaglio impeccabili, è riuscita a colorare una storia di un’altra epoca con colori più che attuali. Attraverso una costruzione per flashback oscillante tra il passato e il presente, Fiona ha fatto nuovamente respirare a pieni polmoni una società che non esisteva più; ha risvegliato la vera indole del Barbizon Hotel, riaccendendo le lampade in stile Tiffany del corridoio e infondendo nell’aria un’atmosfera jazz dai colori velati, come velata era la vita nella New York dell’epoca, città tagliente ma dalle risorse sconfinate.

Il libro riassume in sĂ© diversi generi, dal romance al romanzo storico, al giallo, l’autrice indica nelle personalitĂ  di Geraldine Brooks, Kathleen Tessaro, Jo Baker e Liane Moriarty i suoi principali modelli letterari di riferimento. «Penso – sostiene – non ci sia nulla di meglio di un libro ambientato nel passato con forti personaggi femminili e un mistero da svelare».

Una volta di fronte all’edificio, la scrittrice ha dunque intrapreso un dialogo con quelle imponenti mura; il Barbizon Hotel ha parlato a Fiona, raccontandole la storia delle sue vere inquiline, le loro paure, le loro gioie e le loro soddisfazioni. E con attenzione e cura la Davis ha raccolto testimonianza di ciò che successe all’interno della residenza; aiutata dalla sua accesa immaginazione, ha raccontato la storia di Darby McLaughlin, arrivata a New York per cercare indipendenza, “libera di non sposare un uomo per poter campare”, e di Rose, che sessant’anni dopo scopre la storia di Darby, e delle altre centinaia di ragazze che in quegli anni hanno soggiornato al Barbizon Hotel. Come sfondo, la magica New York degli anni ’50, con le sue promesse e le sue trappole.

Fiona Davis svela, infatti, quanto l’essere anche Rose una giornalista abbia reso più plausibile il suo voler investigare sulla storia del Barbizon, e quanto meglio abbia consentito all’autrice di calarsi nel plot. Per quanto invece riguarda la ricostruzione storica dell’epoca e del luogo la scrittrice afferma di aver intervistato una donna risiedente nell’Hotel dal 1950 al 1960, in aggiunta ad un meticoloso lavoro di lettura e ricerca delle riviste dell’epoca. “La campana di vetro” di Silvia Plath ha inoltre accompagnato la Davis nel suo percorso, lasciandola esterrefatta di fronte alla realtà femminile di quegli anni: «Sono rimasta stupefatta da quanto diverso fosse il mondo per le donne, di quante fossero le regole cui dovevano sottostare».

L’autrice ha sottolineato la precarietà della condizione femminile, l’accessorietà della loro esistenza, dedita esclusivamente alla ricerca del loro Mr. Right – l’uomo giusto. E tali elementi, sostiene la Davis, non fanno che confermare quanto invece le ospiti del Barbizon fossero “moderne” e all’avanguardia. «Nel libro, il personaggio di Darby è costruito tutto su questo: è determinata a non sposarsi, una scelta inusuale per questa generazione».

Ad oggi, del vecchio Barbizon Hotel come lo conosceva Darby McLaughlin c’è rimasto poco; lo stile moderno e super lusso ha prevalso sull’art deco. Ma se si chiudono gli occhi e si affinano i sensi ecco partire dal giradischi la morbida voce di Elvis Presley, i colori pastello delle gonne a ruota delle “signorine” ci accarezzano la vista e Darby e le sue amiche ci allietano con i loro discorsi da ragazze forti e indipendenti. Tutto questo grazie a Fiona Davis e alla sua “Dollhouse”.