Festival au désert: lo schiaffo dell’umanità alla guerra e all’isolazionismo

Provate a chiudere gli occhi e immaginatevi il deserto. Provate a immaginarlo di notte, coperto da un manto blu e illuminato da milioni di stelle che emanano una vivida luce. Ora immaginatevi lì in mezzo. Intorno a voi dune di sabbia scosse da una lieve brezza e tante persone di nazionalità diverse le cui lingue si incrociano nel vento. Davanti a voi un palco, luci colorate e musiche tuareg a trasportarvi in una dimensione nuova. Notti passate accoccolati sotto le stelle, cullati dal vento.

Ecco il Festival au désert. Siete a Timbuctu, per la precisione ad Essakane, dove dal 2001 ogni gennaio si cerca di portare avanti una lunga tradizione. Tutto nasce dall’antica usanza dei popoli tuareg di radunarsi dopo la stagione nomade per scambiarsi notizie e aneddoti, per cantare e danzare insieme. Non sono necessari requisiti particolari per accedervi; chiunque voglia passare del tempo tra musiche, poesie e vesti colorate è il benvenuto. È proprio grazie alla sua indole di accettare ogni cultura proveniente da qualsiasi parte del mondo che è diventato uno dei festival internazionali più famosi.

© S. Broquet

Ora provate ad immaginare qualcosa di più oscuro. Provate a immaginarvi la guerra, attacchi militari, attacchi terroristici. Provate a immaginarvi un conflitto che dura da anni, uomini in fuga che tentano di rifugiarsi e uomini che scelgono di non partire più rinunciando all’incontro con qualcuno che abita dall’altra parte del mondo. Questo succede nel Mali e nel mondo quando si parla di conflitto jihadista. Uno scontro che cerca di fermare l’incontro tra culture, lo scambio di voci sconosciute e di esperienze vissute.

Per fortuna non è sempre il male ad avere la meglio e questa volta il suono di musiche lontane è riuscito a scansare per un momento la paura dettata dalla guerra. Sei anni fa l’occupazione jihadista aveva portato il Festival au dèsert a trasformarsi in una carovana che si batteva per la pace del territorio e che è riuscita ad attraversare gran parte dell’Africa occidentale. Quest’anno il festival ha deciso di fare ritorno nella sua forma originaria per ridare speranza e vitalità alle persone distrutte dal dolore. Tremila spettatori a serata raccolti attorno a un coro di canti e musiche mistiche. Per fortuna, anche se spesso l’animo umano si lascia annientare dalla sofferenza, la cultura dispone di forze più grandi ed è in grado di aggregare e fortificare.

A chi cammina per le nostre città continuando a ripetere che questo miscuglio di culture porterà solo alla rovina, a chi sostiene che ogni straniero sia da cacciare, a chi è convinto che il “diverso” sia solo da temere, vogliamo ricordare che la forza non viene da una persona sola e che la bellezza non risiede solo in noi stessi. Questo ci insegna ancora oggi il Festival au dèsert. Questo hanno testimoniato i milioni di spettatori che da anni vi partecipano.

Gaia Toccaceli