Fast fashion e slow fashion: perchè ci siamo abituati a prezzi così bassi

Fast fashion e slow fashion sono le due facce della stessa medaglia. Il primo attrae orde di persone adolescenti e non attirate dal prezzo basso. Il secondo ha molto meno appeal e attrae le (ancora) pochissime persone che si sono documentate. 

Come abbiamo già detto il prezzo è una delle motivazioni principali. Una maglietta a 5 euro su una ragazzina che fa shopping con la sua paghetta è sicuramente molto più affordable, rispetto a una t shirt da 70. Ma qual è il prezzo giusto? 

Ragioniamo: un cotone qualsiasi al metro lo si paga a partire dai 4 euro. Anche solo con questa semplice affermazione capiamo che c’è qualcosa che non va, ma procediamo. Ci aggiungiamo la manodopera, il filo, le ore di lavoro, il taglio e tutto il necessario. Ora fate voi i conti. Siamo sicuri che il prezzo giusto per una t shirt sia 4, 15 o 20 euro? 

fonte: ig @thomas_von_nordheim

Ciononostante però i prezzi del fast fashion non ci scandalizzano. Siamo abituati a vederli. Ci scandalizza molto di più pagare 70 euro una t shirt. Non di grandi griffe, s’intende. 

Questo accade perchè ci siamo disabituati. 

Per convenzione si fa risalire la nascita del modello produttivo fast al 1989. Insomma ben 32 anni fa. Da 32 anni vediamo moltiplicarsi i negozi in franchising, apparire pubblicità ammiccanti con prezzi bassissimi e luccicare abiti con un enorme appeal nei negozi. Negozi che, se ci pensate bene, assomigliano sempre di più alle boutique. Okay, magari non pensate a questi nel periodo dei saldi. 

Contemporaneamente abbiamo visto i piccoli negozi chiudere, le sarte quasi scomparire e non pensiamo nemmeno più al vero costo della manodopera. Pensate che per cucire a mano e per bene un bottone ci vogliono almeno venti minuti! Capite bene che sono tempi insostenibili per una catena produttiva che ha fatto della velocità e del cambiamento la sua forza. 

fonte: @kleine.aehre

è facile, veloce e costa poco, anzi pochissimo. é stato davvero facile abituarsi e noi, dal canto nostro, siamo consumatori pigri. Non andiamo alla ricerca e se un capo costa una sciocchezza lo compriamo. Si rompe dopo due volte che lo si ha indossato? Poco importa, tanto lo abbiamo pagato una cifra irrisoria. In questo modo non facciamo altro che alimentare un ciclo infinito costituito da “compro-rompo-ricompro”.

A conti fatti siamo praticamente alla terza generazione che compra fast fashion. Sembra però che adesso ci sia stato un cambiamento di rotta. Pare che i ragazzi quando effettuano acquisti ora guardino di più alla qualità che al prezzo. Complice anche la pandemia? Può essere, ma noi siamo con loro. 

fonte: ig @lesroussoeurs

Comprare abbigliamento di qualità è infatti un ottimo modo per non cadere nel fast. Badate bene però: un jeans di qualità significa pagarlo almeno 100 euro. É troppo? Ci sta! Allora vintage, second hand e chi più ne ha più ne metta. Le alternative sono tante e viviamo in un mondo che (per ora) sembra non mettercele a disposizione. Non è così! Sono solo un po’ più nascoste.

Si tratta oggi di riscoprire la qualità, di apprezzare un bottone cucito per venti minuti. Il tutto sta nel voler ritrovare una nuova bellezza nell’arte che è anche moda.

Rebecca Bertolasi