Fashion revolution week: l’iniziativa che dà un volto a chi ha fatto i nostri vestiti

Dal 22 al 28 aprile è stata la “Fashion Revolution Week”. Meno nota e sicuramente meno pubblicizzata delle altre settimane della moda, ma non per questo meno importante. Si tratta di una campagna globale, ideata e sostenuta da Fashion Revolution. Il movimento, fondato da Carry Somers e Orsola de Castro, entrambe designer di origine inglese, nasce nel 2013, a seguito del disastro di Rana Plaza, avvenuto il 24 aprile di quell’anno. A Savar, un distretto di Dacca, capitale del Bangladesh, crollò un edificio commerciale che comprendeva anche una fabbrica di abbigliamento dove lavoravano in condizioni disumane una quantità innumerevole di persone. 1134 morti e all’incirca 2500 feriti. Numeri che non possono essere ignorati e che sono il simbolo di cosa può diventare la moda quando il consumo cresce in maniera eccessiva e si trasforma in un sistema ingestibile e senza tutele.

Fashion Revolution nasce proprio con l’obiettivo di rendere i consumatori consapevoli di tutto ciò e per questo organizza ogni anno attorno a questa data la “Fashion Revolution Week”, una settimana ricca di eventi ed iniziative, a cui aderiscono paesi di tutti i continenti, tra cui anche l’Italia.

L’edizione di quest’anno si è basata sull’hashtag #whomademyclothes. I consumatori di tutto il mondo sono stati invitati a postare sui social una foto in cui, indossando un indumento al contrario e mostrandone l’etichetta, chiedevano ai vari marchi “chi ha fatto i miei vestiti?”. Accanto a queste fotografie, sono arrivate ben presto anche quelle di risposta: i volti degli uomini e delle donne che, come recitano i fogli che tengono in mano, hanno fatto i nostri vestiti, le nostre scarpe o le nostre borse. Non dimentichiamoci che, anche se il loro nome non è riportato sull’etichetta di ciò che indossiamo, senza di loro il nostro guardaroba sarebbe praticamente vuoto.

Oltre alla campagna social, ci sono state anche numerose iniziative concrete. Particolarmente interessante la serie di eventi organizzati al 50m di Londra, uno store sperimentale dedicato al supporto di designer emergenti. In questa settimana, il negozio ha ospitato workshop interattivi, esposizioni e momenti di dibattito e confronto, tutti incentrati sull’idea di moda etica, sostenibile e riciclabile. Ad esempio, era possibile portare un proprio capo vecchio, che il designer olandese Duran Lantink, dopo averne ascoltato la storia dal proprietario, avrebbe poi ricostruito e riassemblato per dargli una nuova vita.

Fashion Revolution è oggi riconosciuto a livello globale come il più importante movimento attivista nel campo della moda. Fate un salto sul loro sito, lasciate la vostra firma sotto al manifesto e anche voi potete dare il vostro contributo. https://www.fashionrevolution.org/manifesto/

Una moda giusta e rispettosa non significa affatto rinunciare al gusto, fidatevi!

Giulia Storani