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E se sono positivo al coronavirus cosa succede?

L’incubo delle nostre giornate è di essere contagiati dal coronavirus. Mentalmente, ciascuno, si auto convince di essere così bravo ed attento, che questo virus non ci colpirà proprio. Il kit di guanti e mascherine è sempre pronto nel momento in cui dobbiamo affrontare il mondo esterno, Centinaia di video e programmi televisivi ci bombardano continuamente, su come dobbiamo indossare e poi conservare in modo igienico e sterile, oggetti che fino a qualche mese fa per noi rappresentavano strumenti di ausilio esclusivo di medici ed infermieri all’interno degli ospedali.
Ma se nonostante tutti i nostri accorgimenti, il mostro invisibile ci sia saltato addosso e contagiati.
La realtà sono positivo al coronavirus, che nei nostri pensieri è sempre non la nostra, come si affronta?
I protocolli sanitari impongono che non tutti quelli che hanno i sintomi vengono sottoposti al tampone, l’iter da seguire per chi risulta positivo è composto da alcuni dovuti passaggi.

Sarà il proprio medico di base che stabilirà in presenza di sintomi legati al coronavirus, lievi o gravi che siano, la permanenza in isolamento, effettuando una quarantena presso la propria casa, non sempre si effettuano durante questa fase dei tamponi. La medicina cognitiva sostituisce spesso i test anche per i familiari che sono venuti in contatto con il malato.

Gli asintomatici e i soggetti in quarantena devono rimanere in isolamento domiciliare, regolato dai singoli individui che si impegnano a non violarlo finché non sono certi di non essere più contagiosi. La certezza si ha dopo i 14 giorni e dopo due tamponi risultati negativi.

L’Asl di competenza si occupa di seguire e fornire tutte le indicazioni alla persona malata fino alla guarigione.

In presenza di sintomi seri, è opportuno contattare il medico di base che valuterà la gravità della situazione per una prima diagnosi. Il medico potrà ritenere adeguato il ricovero a seconda della sintomatologia.

Un’altra via da seguire è quella di contattare i numeri utili messi a disposizione dalle Regioni, i cui operatori forniranno indicazioni precise sul da farsi.

È sconsigliato, invece, chiamare il 112 o il 118, a meno che non si abbia una febbre molto alta e importanti difficoltà respiratorie.

Stabilita la necessità di ricovero, la persona malata sarà prelevata in biocontenimento dagli operatori sanitari, che indosseranno mascherine e guanti e faranno alcune misurazioni. Il paziente sarà quindi trasportato in un ospedale attrezzato per gestire i casi di coronavirus.

Una volta giunto in ospedale, il paziente viene sottoposto al tampone: vengono prelevati campioni di muco e saliva che vengono analizzati per individuare tracce di coronavirus. Se il test risulta positivo, viene inviatoall’Istituto Superiore di Sanità per una verifica.

Se l’Iss conferma la positività, il paziente va in isolamento in ospedale. La camera di degenza è strutturata in modo da far entrare l’aria impedendole di uscire. Gli operatori entrano uno alla volta, assumendo tutte le precauzioni come guanti, tute e mascherine.

Un “filtro” collega la stanza al corridoio ed è dove gli infermieri depositano i pasti per il paziente, che dovrà indossare a sua volta mascherina e guanti e attendere che gli infermieri si saranno allontanati per recuperare il cibo.

Generalmente, le visite da parte del personale medico avvengono due volte al giorno, e le superfici della stanza vengono disinfettate due volte al giorno. Non sono concesse visite ai pazienti.

Alla scomparsa dei sintomi, vengono effettuati due tamponi, a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Se entrambi sono negativi, il paziente può dirsi guarito ed essere dimesso.

Alessandra Filippello