Divorzio di velluto, di Jana Karšaiová, è uno dei romanzi finalisti del Premio Strega 2022. Una narrazione delicata, che si svolge fra Praga e Bratislava, fra Verona e Bologna, fino agli Stati Uniti. Divorzio di velluto è quello che ha diviso la Cecoslovacchia nell’89, divorzio di velluto è la separazione consensuale fra la protagonista e il marito, Eugen. Ma non tutti i distacchi sono così “vellutati”…
Katarìna
Katarìna giunge a Bratislava per festeggiare il Natale con la famiglia. Eugen, suo marito, non è con lei. L’atmosfera, a casa dei suoi genitori, è tesa. Un padre gentile ma di volontà debole, dipendente dall’alcol e dal pugno di ferro della moglie; una madre fervente religiosa, piena di aspettative e pretese riguardo la vita matrimoniale della figlia. Una sola, perché Dora, la maggiore, è andata via di casa molti anni prima. Una ragazza ribelle, che non si curava di litigare anche violentemente con la madre: è partita per l’America, e da allora Katarìna la sente solo via e-mail. La madre, della sua primogenita, non vuole nemmeno parlare. Mentre è col padre a fare la spesa, Katarìna incontra Viera, la sua migliore amica dell’università, con cui si è persa di vista quando è andata a studiare a Verona.

Viera
Qui la narrazione si biforca: da un lato il matrimonio a rotoli di Katarìna, il marito che se n’è andato di casa e sembra frequentare un’altra. Dall’altra, Viera che, anche per amore della sua insegnante d’italiano, affronta l’università in un Paese straniero. Ma la sua insegnante ha già una vita in Italia, e lei rimane sola, in un Paese che non conosce.
Se camminavo per strada con mio padre, diventavo ceca, se era mia madre a tenermi per mano, ero slovacca, almeno per il mondo attorno a noi. La lingua ti etichetta subito. Non voglio più sembrare una straniera.

Divorzio di velluto, rivoluzione di velluto
Questo breve romanzo si riavvolge di continuo attorno al passato delle protagoniste: l’incontro con Eugen e il matrimonio, Viera alle prese con la sua nuova vita in Italia e il gap linguistico. Ma soprattutto, la distorsione fra il presente e il passato. L’infanzia in Cecoslovacchia, gli intrighi politici, la rivoluzione di velluto che ha causato la separazione dei due Paesi. L’Unione Sovietica e le privazioni, la modernità in ritardo e l’influenza americana. Katarìna si muove fra due mondi, domandandosi cosa ne penserebbe, Dora, di questa nuova Bratislava con le scritte in inglese dappertutto.

E infine in Italia
Non bisogna pensare, però, che Divorzio di velluto non sia un romanzo anche italiano. L’amore per l’Italia traspare in ogni riga: Viera che studia a Verona e si scontra con una lingua che ha sempre amato, ma che non padroneggia ancora alla perfezione. Il balcone di Giulietta, piazza Bra e l’Arena. Ma anche Bologna, dove Viera e Katarìna andranno a festeggiare Capodanno: la musica dal vivo, i tortellini in brodo e le lasagne, la simpatia dei turisti pugliesi a cui si aggregheranno. Non è un’Italia vissuta dal “dentro”, è un’Italia vista con occhi nuovi, gli occhi di chi la ama ma che si sente anche respinto, eppure continua ad amare.

Conclusione
Divorzio di velluto è un buon romanzo, che intrattiene. Pecca solo di brevità. L’uso del passato prossimo, come tempo verbale, risulta un po’ strano al lettore. Una scelta stravagante. La gestione del ritmo è buona, e il lettore non si sente molto confuso dai continui rimandi al passato e al presente. I personaggi interessanti sono tanti, soprattutto la misteriosa Dora, ma anche Eugen. Il lettore è portato a desiderare di sapere un po’ di più su di loro.