Daesung Lee e i diorami: quando l’arte scuote il mondo

Non tutti ne sono coscienti, non tutti lo “percepiscono” nĂ© sanno dove “guardare”, ma l’arte possiede un potere inimmaginabile, capace d’esprimere attraverso i suoi innumerevoli strumenti, emozioni, stati d’animo, personalitĂ  o realtĂ  difficilmente comunicabili con le parole.

Si è sempre mostrata ed offerta come una nostra piĂą che fedele compagna di rivelazioni, capace, attraverso la sua grande influenza di comunicare con le sue infinite rappresentazioni, messaggi o visioni del mondo a volte talmente tristi ed angosciose che giriamo il capo per non osservarli. E’ l’unica forma di comunicazione, al di lĂ  che sia pittorica, scultorea, canzoni o poesie che riesce a far magnificamente breccia nei nostri cuori e nelle nostre menti, capace di farci comprendere contenuti a volte talmente forti e stimolanti da farci rabbrividire per non averli compresi prima.

L’arte in qualsiasi forma si presenti ha il potere di cambiare il mondo, di sensibilizzarlo, di mutare le societĂ  che lo abitano, di influenzarlo talmente tanto da essere la base per grandi rivoluzioni; tra i tanti artisti che vollero accettare tale affascinante sfida abbiamo Daesung Lee e i suoi suggestivi “diorami” ovvero ambientazioni in scala ridotta che ricreano scene di vario genere.


Furono  pensati e riformulati per  sensibilizzare quanto più possibile preoccupanti quanto angoscianti desertificazioni degli incredibili paesaggi della Mongolia. Per far capire in che cosa consiste il progetto di Daesung Lee appare doveroso conoscere alcuni numeri: negli ultimi 30 anni, per colpa di famelici cambi climatici circa 850 laghi e 2.000 fiumi si sono tristemente prosciugati, cambiando irrimediabilmente la struttura stessa di quei paesaggi stravolgendo quasi il 25% del territorio subendo così una irrefrenabile desertificazione non destinata a placarsi bensì a divorare col tempo sezioni ben più grandi della Mongolia.

In questo tragica situazione si insinuò coraggiosamente Daesung Lee e la sua creativa forma d’arte, cercando fin dalle prime prove di “infiltrarsi” nelle menti di ogni capo di governo e dei cittadini non solo della Mongolia ma di tutto il mondo, per illustrare quanto pericolosamente sia vorace il rischio che corre il 35% dei mongoli che ancora vive secondo i ritmi delle stagioni, non dovendo, per chi non sia della stessa cultura o paese, circoscrivere tali problemi alle singolaritĂ  di quei paesaggi ma alla complessitĂ  del mondo, comprendere come ogni singolo cambiamento riguarda in realtĂ  l’intera situazione climatica del pianeta, funzionante come una complessissima macchina in cui ogni ingranaggio se non funzionante rischia di minarne l’equilibrio.

Il progetto di Daesung Lee prevede come citato prima, la creazione di incantevoli diorami, i quali non furono concepiti per un allestimento in studio ne tanto meno in qualsiasi spazio museale, bensì furono create, plasmate ed ideate per cimentarsi con la vastitĂ  delle distese della Mongolia, sia che fossero totalmente divorate dalla desertificazione sia ancora nel pieno della loro vitalitĂ  e potenza.Ogni singola opera di Lee appare al tempo stesso sia suggestivamente inquietante sia struggente, imponendo così un confronto d’angosciante coscienza per come furono e forse mai piĂą saranno, per come sono e come potrebbero diventare. Daesung Lee difatti compie anche l’operazione inversa, realizzando non solo diorami che rappresentino il territorio rigoglioso così com’era con l’attuale triste condizione, bensì presentando a volte un effetto contrario, riproducendo come potrebbe diventare, senza dubbio in entrambi i casi l’obiettivo a cui punta tanto coraggiosamente Daesung Lee è di risvegliare le coscienze con infiniti “schiaffi morali ed etici” con la speranza che tali confronti, tali diorami non siano solo circoscritti al valore “d’opera” bensì siano un monito sul reale pericolo incombente.

Di volta in volta gli “attori” specificatamente scelti da Daesung Lee sono ex nomadi i quali a causa dei disastri e dei prepotenti disequilibri ambientali hanno deciso altrettanto coraggiosamente di denunciare le sofferenze che hanno dovuto subire sia loro sia i territori che abitavano. Ogni opera infine è da un lungo cordone di velluto rosso come a voler sottolineare con forza e commozione come si rischi seriamente che tali realtĂ  siano un giorno, si speri irraggiungibile, visibili solo in un museo.

Alfonso Lauria