Con altri occhi, il mondo colorato nei graffiti di Ozmo

Se è vero che i murales, con quella grandiosità prepotente e il piglio di giganti nel panorama dell’espressione artistica, graffiano le città, è anche vero che Ozmo, al secolo Gionata Gesi, è la firma per eccellenza della street art italiana. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, si trasferisce a Milano che offrirà se stessa, i suoi muri alti, per farsi tatuare i capolavori di Ozmo. Così da una delle sue opere murali più famose, realizzate al Leoncavallo, passa alla mostra “Street Art Sweet Art” e alla collaborazione con Absolut per i progetti Absolut Wallpaper e Absolut Wall, che lo vedono autore di importanti wall painting, tra cui uno dei più famosi, realizzato all’ Ex Mattatoio al Testaccio di Roma. Ozmo nelle sue opere punta ad assorbire e fare sua l’arte antica e quella contemporanea, arricchendo il tutto di qualche elemento inconscio, frutto di una frizzante e mai stanca immaginazione.

La voglia di vedere un mondo più colorato, più “imbrattato” di creatività, lo spinge altrove in particolare a Londra per l’opera “Big Fish Eats small fish”, in Polonia dove realizza un’opera pubblica nel centro storico di Danzica e recentemente a San Francisco visto che ha appena completato un intervento dal nome Untitled sulla parete dello strip club “Mitchell Brothers O Farrell”Theatre”.

Interessante notare che quest’opera rievoca il quadro iconico di Manet “Dejeuner sur l’ herbe” a cui Ozmo da la sua particolare interpretazione. Si accavallano, infatti, l’immagine della Ninfa del Tiziano a quella della Barbie, la figura del minotauro accanto alla pantera (simbolo di Cartier). Forse un tentativo di unire consumismo (personificato in primis dalla Barbie) e arte? Magari qualcuno lo potrà chiedere in prima persona ad Ozmo andando alla sua prima mostra personale negli Stati Uniti dal 1 luglio al 31 agosto, nel quartiere di Haight ashbury.

L’esposizione dal titolo Ferro e Oro ha in serbo per noi molte opere inedite. Immagini che raccontano storie e ci invitano a crearne altre, frammenti che ci parlano delle contraddizioni del presente e fanno  riflettere fino a confonderci tra le figure mitiche, arcaiche ed enigmatiche che viaggiano nella testa di Ozmo.

A proposito, vi siete chiesti da dove derivi il nome “Ozmo”? Pare che l’artista, quando a metà degli anni ’90 iniziò a dare spazio ai suoi graffiti, scelse il nome Ozmo per il semplice motivo che al posto delle due O avrebbe potuto disegnare un puppet (un viso), introducendo nuove immagini nella cultura figurativa italiana, all’epoca ancora ferma alla raffigurazione di sole lettere. E poi come lo stesso Ozmo dice, la Z e la M sono comunque due lettere fighe. Beh, come dargli torto?

Alessandra Nepa