“Certe luci non puoi spegnerle”: Alessio Nicotra racconta il suo libro

Siamo in compagnia di Alessio Nicotra, giornalista catanese che ormai da anni lavora nell’ambito della comunicazione, che con il suo primo romanzo “Certe luci non puoi spegnerle“, edito da Casta Editore esordisce nel panorama letterario. In questa intervista ci racconta il suo libro e la sua esperienza di giornalista. L’uscita  del romanzo è prevista per giugno quando il romanzo sbarcherà ufficialmente in tutte le librerie. Sarà inoltre disponibile anche su Amazon e sul sito ufficiale di Casta Editore.

Ciao Alessio, grazie di essere qui con noi. “Certe luci non puoi spegnerle” è il tuo primo romanzo. Cosa racconta? 

La descrizione più efficace per parlare della storia del libro, a mio parere è definirla come “una storia normale con un vestito speciale”. Il protagonista Sebastian Verdelli è un ragazzo di 22 anni normalissimo che ha le difficoltà di tutti i suoi coetanei, quei dubbi, quelle perplessità che si affrontano in un’età di grandi cambiamenti: lavorativi, sentimentali, di vita in genere; la sua storia ha un vestito speciale però, perché Sebastian è anche un giovane calciatore, che si deve confrontare con una nuova realtà proprio all’inizio del romanzo, una grande società di calcio che lo ha ingaggiato. Ci sono molte sfaccettature nel romanzo, che ha una doppia natura, sottolineata anche dalla copertina: l‘aspetto sportivo legato alla vita professionale del protagonista, le difficoltà che incontra, gli ostacoli che supera; ma anche l’ aspetto sentimentale, legato invece a quella che è la vita privata di Sebastian e al suo rapporto con la storica fidanzata Marta, che è un po’ la co-protagonista del libro.

Protagonista è anche il mondo dello sport. Un ambito che conosci bene dato che ti occupi di comunicazione e giornalismo in questo settore. Come è nata l’idea del libro? C’è un legame con la tua professione?

Il fatto che Sebastian sia un calciatore non è una casualità. Io ho iniziato a vivere la realtà dell’ambito sportivo ormai da diversi anni, per il mio lavoro. Ho avuto la possibilità di vedere quello che c’è dietro le quinte; di conoscere le persone-calciatori, cioè quello che c’è oltre il giocatore che scende in campo per 90 minuti. Volevo far vedere un po’ di cose che spesso magari non vengono viste. Noi pensiamo spesso al calciatore stereotipato, che sta con la velina, che va in discoteca, che vive di eccessi. C’è anche questo ovviamente, ma in realtà esiste anche altro: calciatori che sono dei buoni padri e dei buoni mariti, calciatori i cui svaghi sono quelli di ragazzi come tanti altri. Per fare un esempio, in uno dei capitoli del libro si parla di una festa a cui il protagonista partecipa con altri giocatori: non un megaparty come ci aspetteremmo, ma un torneo di guitar hero, cosa che avrei potuto fare io a 22 anni con i miei amici; perché questa è la realtà dei fatti: i calciatori prima di essere calciatori sono delle persone, sono ragazzi con passioni, interessi, incertezze comuni a tutti.

L’idea del libro nasce come sfogo, per la voglia di mettermi in gioco anche in un campo che non era il mio, inizialmente. E’ avvenuto tutto in modo molto spontaneo. Ho visualizzato bene questa storia e avevo deciso di calarla in questo ambito sportivo, che conosco bene. Ci tengo a dire che non è autobiografica (ride).

 Quando è nata la tua passione per lo sport?

Nasce sicuramente da molto lontano. Si può dire che è da quando avevo 6 anni che leggo “La gazzetta dello sport”, anzi direi che ho voluto fortemente imparare a leggere proprio per capire quali notizie ci fossero sul giornale (non mi accontentavo infatti solo di vedere le immagini). Da lì non ho avuto dubbi. Ho coltivato sempre di più questo mio interesse e ho sposato innanzitutto il giornalismo sportivo (nel tempo mi sono avvicinato anche ad altri ambiti che mi piacciono non meno, come lo Spettacolo).
La cosa di cui sono grato al percorso lavorativo che ho scelto e che continuo a svolgere è di avermi permesso di vedere oltre, di sperimentare tante esperienze particolari e belle, di conoscere tanti personaggi importanti sia del calcio che dello spettacolo, di capire anche meglio come fossero fatti e inevitabilmente questo confluisce nel libro, che credo sia facilmente fruibile sia da chi ama lo sport e ne è un appassionato, sia da chi invece magari è più lontano, perché lo sport è l’ambiente in cui si svolge la storia, ma il libro parla di tantissimi argomenti che prescindono da quest’ultimo.

Il calcio in Italia è davvero il sogno di tantissimi giovani. Sebastian, il protagonista si trova ad entrare nelle sue complesse dinamiche. Come hai raccontato questo aspetto del calcio?

Come dicevo, l’argomento principale è la storia di Sebastian, della sua vita sentimentale, che è un po’ il filo conduttore di tutto il romanzo e parallelamente del suo percorso calcistico, raccontati attraverso una linea temporale che alterna passato e presente nello svolgimento del romanzo. Senza dubbio il libro, proprio perché ambientato nel contesto calcistico, fa vedere al contempo cosa c’è effettivamente dietro questo mondo apparentemente dorato. Con Sebastian, il protagonista della storia si vede anche questo: quando le persone ti acclamano come giocatore, quando ti dimenticano; ho voluto anche inserire un capitolo in cui Sebastian si trova in un talk show: in questo modo, da giornalista, mi sono messo per una volta un po’ nei panni dell’intervistato, per descrivere una realtà che conosco bene. Ho voluto fare un quadro completo di quello che ho visto in questi anni, unendo a questo tema anche una storia di vita, qual è quella di Sebastian.

Cosa puoi dirci del titolo? 

Certe luci non puoi spegnerle” è un riferimento ad una canzone, del mio cantante preferito, Luciano Ligabue, che mi è piaciuta particolarmente. La frase in se è  romantica, e questo si lega alla linea sentimentale del mio libro, ma allo stesso tempo è tratta da una canzone che in realtà tutt’altro che lenta, molto movimentata, “Urlando contro il cielo“. Questo contrasto già mi era piaciuto parecchio. Credo che si leghi bene anche al lato sportivo del romanzo, perché il calciatore è un po’ una luce, o almeno è così che viene considerato dal pubblico e dai tifosi, (di questo ne parleremo anche coi ragazzi nelle scuole, dove presenterò il libro da settembre in poi), ma questa luce non è tutto nella vita.  Per chi fa calcio a grandi livelli, dopo i 35 anni comincia un altra vita lontano dal campo. Quindi la grande domanda del libro è proprio questa: Quando si spengono le luci dei riflettori, siamo ancora speciali? Il tema dell’alternanza tra luce e ombra ricorre in tutti i capitoli del libro. E la domanda si può ricollegare anche al tema sentimentale del romanzo. Quali luci rimangono quando tutto sembra più buio? La mia risposta è che le vere luci sono le persone.

Grazie Alessio

Francesco Bellia