Di Erminia Lorito e Claudia Ruiz per Social Up!
Se un regista volesse utilizzare la sceneggiatura per un ottimo film dell’orrore, le 50 regole del Blue Whale sarebbero l’ideale. Purtroppo non è un film, probabilmente non è nemmeno una storia vera, ma molti l’hanno considerato un gioco, un’esperienza da dover vivere per forza. Un test psicologico di asservimento che dura 50 giorni e che si conclude con un salto nel vuoto. Tutto è cominciato quando una testata giornalistica russa ha dato l’annuncio, ricollegando 130 morti, avvenuti tra l’autunno del 2015 e la primavera del 2016, ad un perverso lavaggio del cervello digitale ideato da uno studente di psicologia. Ciò che il quotidiano voleva dimostrare, era il confine labile della mente dei giovani sempre più schiavi delle regole dei social network e di una rete virtuale di psicopatici seriali. Gli indizi erano gli hashtag #F57 o #F58 presenti in alcune foto postate su internet e la presenza di un “curatore” misterioso che dettava le regole e controllava il corretto svolgimento del gioco come una sorta di Grande Fratello orwelliano.
Stando infatti alle prime ricostruzioni, il tutto ha inizio proprio attraverso la pubblicazione di contenuti sulle principali piattaforme della rete o forum, per poi attendere la risposta del “master”. Sarà lui a dettare le fatidiche regole del gioco, comprendenti compiti più disparati che vanno dall’ascolto di suoni e musiche sgradevoli, allo svegliarsi alle 4 e 20 del mattino per guardare video psichedelici. Seguono forme di mutilazione, sfide misteriose e scalate su tetti e cornicioni di alti palazzi. Per ultimo un lancio nel vuoto con tanto di invito a “riprendervi la vostra vita”. Secondo gli esperti le regole della “balena azzurra” sarebbero tutt’altro che casuali. Chi cade nella trappola riceve ogni giorno un preciso compito da svolgere, con tanto di ricatti e minacce per chi decidesse di non attenersi ai patti.
Nell’ultima settimana molto è stato detto riguardo al Blue Whale, uno scoop social che ha assunto dei connotati quasi trash se non addirittura ironici, come le numerose parodie e immagini circolate sul web. Ma l’internet lo conosciamo bene: crea mostri e li distrugge quotidianamente, con una facilità che altrove sarebbe impossibile.
A parlare di questo preoccupante fenomeno sono state anche Le Iene, programma seguito da tantissimi italiani. Il servizio andato in onda il 14 maggio mostra alcune testimonianze di genitori “vittime” di questo gioco e di un ragazzo nel livornese che racconta di alcuni comportamenti di un compagno suicida nei primi di marzo, che riconducono a questo plagio mentale. Il servizio sembra convincente. E’ vero: esistono blog e siti internet che creano psicotiche convinzioni nella mente di persone deboli. Giochi perversi che ruotano attorno alla fragilità della mente umana, di chi un po’ per stupida curiosità, un po’ per solitudine cerca su internet qualcosa che gli dia una scossa, quell’adrenalina che manca nella propria vita. E’ anche vero però che le indagini appaiono poco approfondite, che testimonianze di agenti di polizia italiane e russe hanno smentito ogni legame delle morti con il Blue Whale.
A novembre 2016 il sito di notizie russo RBTH ha annunciato l’arresto di un uomo, Filipp Budeikin, accusato di aver gestito un gruppo dedicato al suicidio su VK. Ma RBTH non ha menzionato specificamente il Blue Whale Challenge. Non c’è nessun legame fra Budeikin e il BWC (Blue Whale Challenge, NdR). Eppure l’arresto è stato interpretato come una conferma dell’esistenza e dell’efficacia del fatidico gioco. Le dichiarazioni sprezzanti di Budeikin sulle proprie vittime, riportate mesi dopo dai giornali sensazionalisti di lingua inglese (Daily Mail e Metro) e dalla BBC, provengono da un solo sito russo (il link qui), ma sono rimaste prive di qualunque conferma. Budeikin si è dichiarato colpevole di istigazione al suicidio di almeno 16 ragazze; ma non è chiaro se le ragazze abbiano seguito fino in fondo le sue istruzioni.
Fortunatamente però, alla macabra challange improntata sulla somministrazione di stimoli in accompagnamento a vere e proprie tecniche di manipolazione psicologica, c’è chi ha ben pensato di diffondere energie positive attraverso una creazione alternativa per fermare i dilaganti risvolti del fenomeno in questione. L’ideatore è Gio Evan, scrittore e poeta di 28 anni che ha così deciso di rispondere a modo suo alla catena del suicido circolata su internet. Il nome dell’iniziativa è “La Balena Felice“, per contrapporla al nome del suo terribile omologo e di cui tra l’altro ne condivide la struttura. Il gioco ha la durata di 21 giorni, corrispondenti ad altrettanti 21 azioni particolari di tutt’altro tenore. “Ridi senza motivo per almeno 7 minuti”, “Compra un fiore e regalalo a chi vuoi o chiedi scusa a chi hai fatto un torto”. Per finire “Sii felice oggi, sii felice sempre, la vita è bellissima”. Una frase che sembra echeggiare nell’aria con la stessa potenza di un fulmine durante una tempesta. Uno strepitoso inno alla vita contro il tragico finale del gioco della morte.
I fenomeni social sono frutto di canali di sviluppo tutt’altro che controllati. Su questa scia, ogni prima pagina e ogni titolo allarmista che grida all’orrore e all’informazione sciacalla non fa altro che deviare le menti per costruire mostri e renderli veri. Conoscete la storia del ragazzino che gridava “Al lupo!” per allarmare inutilmente gli abitanti del suo villaggio? Attenzione a non farlo a voce troppo alta: non è detto che il lupo non arrivi e crei un problema per davvero.