I media lo hanno definito come il più grande disastro ambientale del paese, la “Chernobyl del Brasile”, il che dice tutto… Un mese fa si sono rotte due dighe contenenti rifiuti tossici derivati da operazioni minerarie. La fuoriuscita dei materiali di scarto ha generato un flusso di fanghi ferrosi che ha raggiunto l’oceano!
L’ambiente è adesso contaminato da arsenico (13 000 volte superiore alla norma!), cadmio, cromo, antimonio, zinco, mercurio e altri metalli pesanti che sono annoverati fra i più cancerogeni per la salute umana e le risorse ambientali. Ma quanto sono dannose queste sostanze chimiche? Per che cosa vengono usate? Il cadmio introdotto nel nostro organismo può accumularsi nel fegato causando tumori; l’arsenico, come l’antimonio, è uno dei veleni più potenti in assoluto; lo zinco, a larghe dosi, indebolisce il sistema immunitario. Vi siete chiesti perché i termometri a mercurio non si vendano più? I metalli pesanti sono stati utilizzati per rimuovere le impurità dai minerali estratti dalle miniere, il che è allarmante perché l’ondata improvvisa di fango potrebbe causare danni permanenti all’ecosistema, modificando non solo acidità e perciò fertilità dei campi, ma anche gli equilibri dell’acqua potabile.
Tutto ha avuto origine nei pressi della località di Mariana, nel Sud Est brasiliano. Sono già morte 17 persone, mentre molte centinaia sono state evacuate. La quantità di materiale cancerogeno fa davvero impressione: 60 milioni di metri cubi, ovvero la capienza di 25 000 piscine olimpioniche! Gli scarichi sono finiti nel Rio Doce e da qui hanno cominciato il loro lungo percorso verso l’Oceano Atlantico, contaminando anche altri corsi d’acqua. Le dighe distano solo 500 chilometri dal mare, una distanza poco rassicurante considerando la rapidità dell’azione dell’acqua.
Il danno ambientale è gravissimo: forseste, aree protette e campi agricoli sono stati contaminati dalla colata tossica. Un danno ne causa mille, anzi 250 000, 250 000 come le persone che sono rimaste senza acqua potabile.
L’azione dell’uomo, ancora una volta, ha recato danni impressionanti all’ambiente. A quanto pare, la ditta responsabile delle dighe, la Samarco Mineracao Sa, controllata da una multinazionale anglo-australiana, Bhp Billiton, e da una brasiliana, Vale, aveva piani di evacuazione non a norma ed era dotata di rudimentali sistemi di allerta. In più, molto spesso le autorità hanno ignorato i protocolli di denuncia in merito alle pietose condizioni delle dighe.
Non è la prima volta che il Rio Doce (il “Fiume Dolce”, o almeno lo era una volta) è vittima di disastri antropici. In prossimità del fiume, viene prodotto il 10% del ferro del Brasile ed è un po’ considerato come la “pattumiera brasiliana” per eccellenza, come il Sèves di Lentàa o il Lamber di Milàn: una pozza putrida più umana che naturale. Decenni fa, il Rio Doce era completamente immerso nella foresta amazzonica, mentre oggi il paesaggio attorno al corso d’acqua appare spettrale, tutto completamente disboscato. L’azione dell’uomo ha favorito l’insorgenza di un numero sempre maggiore di inondazioni di un fiume dai fondali luridi. La gente è così allarmata da credere che il fiume non potrà mai più tornare come prima: il fiume “è sterile, solo un canale coperto di fango”, ha affermato il fotografo Sebastiao Salgado in un intervista a “O Globo”, il principale quotidiano brasiliano.
Un tale disastro ha avuto ripercussioni anche a livello economico poiché non ha di certo migliorato la discesa a picco dei prezzi del ferro brasiliano che sono arrivati ai minimi storici sul mercato globale.
Ma perché le dighe sono crollate? Negligenza umana? Errore tecnico inaspettato? Non si sa ancora per certezza. Quello che è certo è che queste dighe avrebbero dovuto ricevere i materiali tossici fin quasi a tracimare. Il risultato è matematico, lo insegna la fisica: per quanto sia capace un contenitore, l’acqua eserciterà comunque una spinta non irrilevante se costipata in uno spazio angusto.
La presidentessa del Brasile Dilma Roussef è a dir poco indignata e vuole punire la ditta Samarco nel modo più severo possibile: infatti, le stime per la pulizia si aggirano intorno ai 2,6 miliardi di dollari.
Sulla foce del fiume sono presenti aree protette per le tartarughe marine che il fango ha danneggiato gravemente. In più, il fango tossico ha ucciso i pesci e tutte le altre creature acquatiche che sono giunte morte alla riva dei fiumi e del mare. Stessa sorte è spettata ai crostacei e a molti animali che vivevano nei pressi dei corsi d’acqua.
Il 22 novembre i rifiuti sono arrivati all’Oceano Atlantico, al largo della costa Espirido Santo: una metastasi per l’ecosistema.