Aggiornamenti nella lotta al coronavirus: arriva la prima pillola antivirale nel Regno Unito

Lo scorso marzo il Regno Unito – fresco ormai dalla sua uscita dall’Unione Europea – si preparava ad accogliere i vaccini contro il coronavirus. Si trattò del primo grande provvedimento del premier, Boris Johnson, preso in un’ottica extra U.E.. Poiché proprio il non appartenere più all’Unione Europea aveva permesso al Regno Unito di svincolarsi dai procedimenti lunghi di quest’ultima nella valutazione dei vaccini sperimentali. Oggi, allo stesso modo di qualche anno fa, la storia sembra ripetersi. Mentre l’Italia è alle prese con la terza dose di somministrazione per i soggetti più fragili, in UK si approva la pillola anti Covid.

Fonte: chenews.it

Che cos’è la pillola contro il Covid-19?

Penso che questa medicina salverà milioni e milioni di vite, ha il potenziale per farlo. La sua elevatissima efficacia supera le nostre aspettative più visionarie“. Così è stata presentata dal presidente e amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, la nuova risorsa anti-covid in ambito farmaceutico.

Secondo quanto riferito, quindi, la pillola – ancora in fase di sperimentazione – ridurrebbe dell’89% il rischio di ospedalizzazione o di morte se assunta entro tre giorni dall’insorgere dei sintomi virali. Infatti, essa viene somministrata tempestivamente a chiunque sia risultato positivo al Covid-19.

Gli studi a riguardo sono stati rivolti ad un campione di 1.219 adulti provenienti da diverse parti del Mondo. Essi, oltre ad essere positivi, erano tutti pazienti con una cartella clinica delicata, per la quale il contagio da Covid-19 avrebbe rappresentato davvero un rischio. Dunque, diabete, cardiopatia ed altre tipologie di malattie, che se entrate in contatto con il coronavirus avrebbero potuto portare a conseguenze gravi.

Divisi in due gruppi, ogni 12 ore una metà ha ricevuto la pillola in combinazione con il ritonavir, un farmaco tipicamente usato contro l’HIV, l’altra il placebo.

In entrambi i casi si sono manifestati alcuni lievi effetti collaterali, ma alla fine le percentuali di ricovero con l’antivirale sono state di gran lunga inferiori a quelle di coloro i quali avevano assunto il placebo (0,8% contro il 7%).

Risultati ottimali quelli della Paxlovid di Pfizer che ha raggiunto la sua seconda fase di sperimentazione. In attesa di scoprire i dati sulla terza ed ultima tappa di studi, questi esiti incoraggianti inviati alla FDA potranno davvero segnare una svolta nella lotta al coronavirus.

Tuttavia, la pillola approvata da Boris, o meglio dal suo ministro della salute Sajid Javid, fa capo ad un’altra società: la Merck & Co. Inc.

Nota anche come Merck Sharp & Dohme (MSD), è una casa farmaceutica americana. La pillola prodotta da quest’azienda, molnupiravir, è stata autorizzata lo scorso 4 novembre ed il medicinale in commercio ha preso il nome di Lagevrio.

A differenza della Paxlovid, però, riduce il rischio di ospedalizzazione o morte di solo il 50%. Nonostante ciò, la Mhra, l’agenzia regolatrice inglese dei farmaci, l’ha reputata sicura ed efficace al punto tale da far diventare il Regno Unito il primo paese al mondo ad utilizzarla. Tra i vantaggi di questa nuova arma contro il nemico Covid-19, la possibilità di curarsi da casa in maniera semplice e immediata, almeno entro i 5 giorni di contagio manifestato.

L’Inghilterra gioca ancora d’anticipo, in un momento in cui i contagi stanno salendo.

Nuovi lock-down nel Mondo stanno emergendo e le misure adottate non sembrano essere ancora del tutto sufficienti. Da metà novembre nel Regno Unito, la nota aggiuntiva offerta dal molnupiravir, aprirà le porte ad un nuovo terreno in questo lungo cammino contro il virus. Una strada che prima o tardi tutti percorreranno, sebbene gli scettici al riguardo non manchino, e i Novax continuino a protestare.

In effetti, così come nel caso dei vaccini i commenti inerenti al nuovo medicinale introdotto si indirizzano alla sua probabile inefficacia in caso di varianti del virus. Si riporta come risposta al dubbio quanto esplicitato da startmag.it. Ovvero che la pillola non andrà ad intaccare la proteina spike del virus, la quale causa il mutamento di questo in diverse varianti. Dunque, a prescindere dal tipo di variante che si è contratta, la pillola dovrebbe avere una sua efficacia immutabile.

I risultati più evidenti si riscontreranno una volta che il Regno Unito, pioniere in tal senso, si adopererà concretamente dal prossimo mese. In coda al Regno Unito, gli USA che si sono già accordati con la MSD per ottenere quanto prima i medicinali. Ed ancora Nuova Zelanda, Australia, Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Malesia.

Anche l’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, si sta muovendo verso la medesima direzione aspettando la conferma dall’EMA.

L’Agenzia europea dei medicinali è infatti l’unico ente che può autorizzare uno strumento, come la pillola anti-covid, per tutti gli stati membri. Di solito, i tempi di conferma sono più lunghi poiché l’approvazione è soggetta a più fasi di sperimentazione e studio. A differenza del Regno Unito che può autonomamente ormai decidere per sé.

L’Italia vorrebbe, però, accelerare in qualche modo le procedure ed infatti il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Franco Locatelli ha dichiarato che per quanto l’approvazione a livello centrale sarà lenta:

l’Aifa ha già avviato un dialogo per avere dalla ditta produttrice tutto il dossier per consentire di ottenere quelle acquisizioni di dosi in maniera tale da rendere disponibile questo strumento terapeutico.

Dichiarazioni che fanno comprendere tutte le intenzioni che il governo italiano ha nei confronti della lotta ad un virus che da quasi due anni è presente nelle nostre vite. Fermo restando che la priorità è sempre puntata verso le vaccinazioni, ad oggi l’unico strumento in grado di controllare la diffusione del Covid-19.