Ad Astra: sulle orme spaziali e ingombranti del padre

Presentato e Venezia 76, Ad Astra di James Gray (già regista di I Padroni della Notte) è un film di Fantascienza. che in continuità con il penultimo film del regista Civiltà Perduta racconta di una ricerca impossibile, mettendo in scena la tensione esplorativa dell’uomo, che può portare gli esseri umani a sfidare i limiti conosciuti e a perdersi nelle proprie ossessioni di grandezza nel ricercare l’immensità e ciò che di per se sembra irraggiungibile.

Se in Civiltà Perduta si raccontava di un esploratore (Charlie Hunnam in una delle sue performance più convincenti fino adesso), disposto a tutto pur di trovare Z la leggendaria Città d’oro (detta anche El Dorado) in Amazzonia, al punto di coinvolgere anche suo figlio nel pericoloso viaggio (la storia è tratta da un romanzo);  in Ad Astra il discorso è in apparenza simile, sebbene sia descritto in realtà da un’altra prospettiva e con altri fini.

Anche qui, infatti, abbiamo un padre (Tommy Lee Jones) che è pioniere dello spazio: un astronauta che ha dedicato la vita intera all’esplorazione del cosmo, sacrificando gli affetti familiari, ma portando il genere umano fino ai limiti del sistema solare terrestre, fino a Nettuno, entrando a buon merito nella storia. E’ lì, intorno a Nettuno, però che si sono perse le sue tracce…

Suo figlio, il maggiore Roy Mcbride (Brad Pitt) ha seguito le sue orme. E’ diventato un astronauta dalle grandi capacità e dalla straordinaria abilità di autocontrollo, anche nelle situazioni più difficili. E’ dopo una di queste situazioni, durante una strana e improvvisa esplosione, in cui riesce a limitare i danni col suo self control, che scopre vi sia una remota possibilità che suo padre sia ancora vivo. La pericolosa scarica di energia, cui ne sono seguite molte altre, infatti, sembra essere causata dall’interazione del motore anti-gravità della nave di suo padre, che, a quanto pare, orbita ancora nello spazio intorno a Nettuno. E’ da lì che provengono le scariche. Ma non si sa se vi sia ancora qualcuno vivo a bordo… Per questo motivo Roy viene ingaggiato dalla NAsa, per inviare un messaggio a suo padre ed invitarlo a risolvere il problema dell’astronave e delle scariche distruttive e comunicare la sua esatta posizione.Risultato immagini per ad astra

Se in Civiltà perduta, si raccontavano in modo puntiglioso, passo dopo passo, gli spostamenti, le esplorazioni, i fallimenti e i sogni della febbrile ricerca dell’esploratore protagonista, ricerca che coinvolge anche il figlio, poco più che un ragazzino (in ciò il film ricorda in modo indiretto il ben diretto Mosquito Coast di Peter Weir); in Ad Astra la prospettiva adottata non è quella dell’esploratore padre, al contrario quella del figlio cosmonauta, che si muove sulla scia spaziale tracciata dal genitore. Un figlio che cerca di confrontarsi con l’ingombrante figura paterna, di prenderne le distanze, comprenderla, emularla, amarla, odiarla.

Il personaggio è ben interpretato da un Brad Pitt in buona forma, un figlio che nega l’abbandono paterno, attraverso una grande capacità autoimposta di classificare e isolare le emozioni (è costantemente sottoposto a test psicologici prima di andare nello spazio), capacità che lo rende un ottimo astronauta, ma al contempo gli provoca diverse difficoltà relazionali.  La necessità di confrontarsi di nuovo col padre lo porterà ad elaborare davvero l’abbandono da parte di Mcbride senior, rivolto da sempre solo Ad Astra, verso il cosmo e verso la solitudine esplorativa, alla ricerca dell’Intelligenza Aliena, l’Altro per eccellenza,  mai verso la Terra, trascurando “gli altri”, gli affetti ben più tangibili e raggiungibili, come il figlio o la moglie.

Costruito sotto forma di road movie spaziale,  e film introspettivo – non a caso vi è una voce narrante che accompagna molte delle scene, in cui il protagonista analizza costantemente se stesso e le sue emozioni, in una sorta di diario interiore – Ad Astra comincia sicuramente con premesse interessanti, sorretto da una buona fotografia e da immagini spaziali intriganti, che promettono anche un intreccio stratificato. Stante l’efficace riflessione sul fardello paterno difficile da sopportare e da elaborare (nucleo essenziale del film), però, le premesse narrative di cui si diceva non vengono mantenute fino in fondo e al termine della visione la mancanza di tasselli fantascientifici più articolati e complessi rende il film più piatto di quanto avrebbe potuto essere.Risultato immagini per ad astra

La figura del padre irraggiungibile, infatti, di cui si scopre gradualmente un lato oscuro, per certi versi folle e controverso, in cui il figlio comincia anche ad identificarsi (e questa provvisoria identificazione è la parte più bella del film) non è infine delineata con sufficiente complessità e di ciò ne risente l’intera costruzione che punta tutto sull’incontro-scontro col padre. Il messaggio finale della pellicola è in fin dei conti abbastanza semplice e forse un po’ banale: perché troppo definito.

Gli Astri del titolo e l’intelligenza aliena che il padre cercava di raggiungere sono indagati troppo poco e l’incontro finale è troppo breve e frettoloso, rispetto ai viaggi compiuti durante il film. Il trascendente, motivo del viaggio del padre, viene trascurato, nel finale, quasi frettolosamente negato e la soluzione psicologica trovata dal figlio appare forse troppo riconciliante e immediata.

Comunque, se visto come un film sul confronto con la figura paterna, Ad Astra risulta interessante, ad esempio per quanto riguarda la riflessione sul senso di colpa, laddove il protagonista afferma “E’ così che il figlio sconta le colpe del padre”. Più un film sul rapporto con l’ombra paterna, che un film sul metafisico, o di fantascienza, dunque (Tra l’altro la componente fantascientifica non è poi così solida).

Risultato immagini per civiltà perduta

In tal senso la tensione di Civiltà Perduta, così come l’atmosfera a tratti quasi ipnotica della foresta amazzonica, resa da un fotografia spesso scura, erano molto più efficaci nel rendere i contorni indefiniti e impossibili di una ricerca impossibile, verso una meta inafferrabile come la terra di Z, una città smarrita nei sogni di grandezza dei viaggiatori: sogni dolorosi, ma comunque vitali nell’ottica del film, visto che l’esploratore protagonista non poteva vivere senza di essi e necessitava periodicamente di cimentarsi in spedizioni rischiose per sentirsi vivo e pulsante di energia, al punto da rischiare la vita del proprio figlio pur di raggiungere la propria destinazione.

Da notare come il confronto col padre torni anche in uno dei film migliori di Gray “I padroni della Notte” con un ottimo Joaquin Phoenix.

Francesco Bellia