La Casa di Carta Parte 4 – In tempi di guerra ogni buco è trincea

La Casa di Carta è una delle serie più discusse e seguite degli ultimi anni. Dopo la messa in onda delle prime due Parti, la serie sembrava giunta al capolinea, ma l’acquisizione da parte di Netflix le ha ridato nuova linfa, con una discutibile Parte 3 e una Parte 4 di cui andremo a parlare in questa recensione (che conterrà spoiler).

Grazie alla pubblicità aggressiva di Netflix. la serie è diventata un vero e proprio cult, conosciuto in tutto il mondo. Va detto comunque che la sua fama supera di gran lunga la qualità generale del prodotto che non va oltre la sufficienza.

la casa di carta
Fonte: account Instagram @lacasadepapel

La Parte 4 de La Casa di Carta inizia esattamente dove si era conclusa la precedente con i protagonisti sconvolti per l’attentato a Nairobi. La sensazione che si ha sin da subito è che quello spiacevole effetto remake percepito nella stagione precedente sia ancora li, pesante come un macigno.

Nel corso dei primi episodi in effetti non mancano i classici canovacci che hanno portato la serie al successo in passato, ma l’effetto copia e incolla è davvero troppo evidente. La voce fuoricampo di Tokyo che spara aforismi stucchevoli, conflitti all’interno della banda e love story non richieste caratterizzano una prima parte di stagione assolutamente sottotono.

La ribellione di Palermo, ad esempio, richiama alla mente i problemi avuti dalla banda durante la prima rapina. L’unica differenza è che, perlomeno, il suo imprigionamento porterà una svolta nelle vicende, ma ci arriveremo.

Fonte: account Instagram @lacasadepapel

Le trame sentimentali delle due coppie all’interno della banca (Rio-Tokyo e Denver-Stoccolma) si intrecciano senza arricchire in nessuno modo la narrazione, fungendo da riempitivo senza essere funzionali. È vero, il personaggio di Denver si è evoluto proprio grazie a queste dinamiche e la parte finale del piano del Professore è stata innescata grazie alle rivelazioni che Rio ha fatto a Stoccolma. Entrambi questi aspetti avrebbero potuto essere, però, trattati senza dove per forza mettere su questo banale scambio di coppia.

Se proprio dobbiamo parlare di storie d’amore tanto vale elogiare quella tra Nairobi e Bogotá, che lascia trasparire una dolcezza intrinseca in due personaggi all’apparenza rigidi e impenetrabili.

Il personaggio che scuote un po’ la situazione è l’agente Gandía che, una volta liberato da Palermo, seminerà panico e terrore tra le fila dei rapinatori. Un vero e proprio agente del caos (come lo ha definito lo stesso Palermo), che porta azione e sangue nella seconda parte di stagione. Metterà a ferro e fuoco la banda di Spagna rischiando di riuscire a compromettere il piano del professore, infierendo un duro colpo giustiziando Nairobi.

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Fonte: account Instagram @lacasadepapel

Se la Parte 3 non portava davvero nulla di nuovo alla serie, la Parte 4 introduce un villain che si oppone concretamente ai nostri protagonisti, attaccandoli senza nessuno scrupolo e mettendoli in difficoltà.

Sconfitto Gandía, nell’ultima puntata l’agente del caos (stavolta non previsto) diventa Alicia Sierra che, dopo essere stata fatta fuori a causa delle rivelazioni rese pubbliche sulla prigionia di Rio, decide di agire in proprio.

Sarà proprio lei ad avere successo lì dove Raquel aveva fallito durante la prima rapina, trovando il covo del Professore e mettendolo con le spalle al muro in un finale aperto più che mai che spalanca le porte alla quinta (e ultima?) Parte della serie.

Sierra è riuscita a spezzare gli ingranaggi di un piano perfetto. Perché anche stavolta il Professore aveva messo in piedi un piano inattaccabile che teneva in considerazione tutte le variabili, anche le più drammatiche.

Tutte tranne Alicia Sierra. Sarà un spina nel fianco e consegnerà il Professore alla polizia o essendo ormai compromessa si rivelerà un inaspettato alleato?

I flashback con protagonista Berlino ci permettono di conoscere meglio il background di uno dei personaggi più amati della serie. La sua storia d’amore con Palermo è, paradossalmente, coerente con il Berlino che abbiamo visto in azione nelle prime due stagioni. La sensibilità e l’empatia che aveva dimostrato con gli ostaggi durante la rapina alla Zecca di stato vengono fuori qui in chiave più intima e personale, raggiungendo l’apice nell’ultima puntata in cui dichiara il suo amore per l’amico fraterno. Anche il vecchio Berlino cinico e calcolatore viene fuori nel finale di stagione de La Casa di Carta, nel momento in cui rifiuta Palermo. Il motivo per cui lo faccia non è spiegato esplicitamente, ma probabilmente ha avuto un peso importante la paura di poterlo ferire in futuro.

Il personaggio di Arturo Roman invece, dopo essere stato odiato sin dalla sua prima apparizione scivola ancora più in basso in un vortice di viscidume e sdegno che non merita nemmeno troppa attenzione. Quello che tutti noi ci aspettiamo è che qualcuno gliele suoni di santa ragione, poco ma sicuro.

La Casa di Carta in questa sua Parte 4, affronta anche alcuni temi sociali di un certo spessore pur facendolo in storyline secondarie. Amanda che pur trovandosi in una situazione molto stressante trova il coraggio di ribellarsi agli abusi di Arturo, o la storia di Manila, il primo personaggio transgender della serie, ne sono esempi emblematici. Se la trama principale resta quindi strettamente vincolata alle dinamiche narrative già esplorate in passato, con le storie secondarie Netflix ha avuto modo di esplorare temi che possiamo ritrovare in altre produzioni della celebre piattaforma streaming.

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La quarta Parte de La Casa di Carta non si avvicina minimamente alla buona qualità delle prime due stagioni, ma riesce comunque ad elevarsi rispetto alla deludente Parte 3, introducendo qualche novità di contorno.

Stiamo comunque parlando di una delle serie Netflix più popolari, discusse e attese, quindi in queste giornate di quarantena può essere una valida scelta per ingannare il tempo tra azione, piani ai limiti della fattibilità e musica italiana.

Si, perché dopo Bella Ciao anche Umberto Tozzi e Franco Battiato vengono sdoganati grazie a La Casa di Carta, ma su questo stendiamo un velo pietoso.