Lebron James stoppa Andre Iguodala

La caduta dei giganti?

Warriors e Cavaliers non riprenderanno l’NBA, non quest’anno almeno. Fra poco più di un mese, ad Orlando, ripartirà finalmente il più prestigioso campionato di basket, ma non ci saranno 8 delle 30 franchigie (qui i dettagli della ripresa). La cosa che fa impressione però è il nome di quelle franchigie, soprattutto se si prende in considerazione l’albo d’oro degli ultimi cinque anni. Ci si accorge infatti che in questo intervallo di tempo una di esse ha presenziato le Finals per 5 anni, vincendo 3 titoli (Golden State Warriors), e un’altra ha disputato 4 finali vincendo un titolo con una rimonta storica (Cleveland Cavaliers). Ma come fanno due franchigie che hanno dominato gli ultimi anni a ritrovarsi, tutto d’un tratto, nel baratro, occupando l’ultima posizione rispettivamente ad Ovest e ad Est? Ci sono differenze tra le due strategie? E si risolleveranno nel breve termine?

Il buio nell’Ohio e nei Cavaliers

Nonostante l’avversa situazione in cui ricadono le due franchigie ci sono delle differenze sostanziali tra i due contesti e i Cavaliers dovrebbero senza dubbio essere più preoccupati dei rivali della baia. Il team dell’Ohio si è ritrovato a dover rifondare completamente dopo l’abbandono delle sue stelle, Kyrie Irving prima e LeBron James poi. L’esser andati all-in negli anni scorsi, costruendo una squadra anagraficamente vecchia, ha portato sì al primo titolo della storia della franchigia, ma ha reso più complessa la programmazione nel lungo periodo. Il re-building quindi, essendo la capitale dell’Ohio non di certo una metà particolarmente appetibile per i free agent, dovrà passare inevitabilmente per un buon uso delle prossime scelte al Draft. L’augurio dei tifosi Cavs è che la società abbia imparato dagli errori del passato e che non si ripetano decisioni come la scelta di Anthony Bennett, selezionato con la prima assoluta nel 2013.

Cavaliers 2020

I Warriors riflettono la luce della California

Il discorso è tutt’altro che valido per Golden State, sia per motivi geografici sia per la situazione del roster attuale. L’addio di Kevin Durant è stato senza dubbio traumatico per i 3 volte campioni NBA, ma altrettanto lo sono stati l’infortunio di Klay Thompson durante le scorse Finals, la cessione di Andre Iguodala e gli acciacchi di Curry durante questa regular season. Se ci aggiungiamo poi la difficile integrazione di Angelo Russell (che è stato poi tradato in gennaio per Andrew Wiggins), ecco che il risultato è un annata disastrosa capitolata con l’ultima posizione in classifica e l’esclusione dal finale di stagione. Da qui però i Warriors potranno ripartire facilmente.

Innanzitutto, con l’inizio della prossima stagione (e salvo ulteriori sospensioni legate al covid-19) verranno recuperati i due pilastri che assieme a Draymond Green hanno fatto la storia della franchigia, Klay Thompson e Stephen Curry. A queste fondamenta possiamo aggiungere una probabile scelta alta al prossimo draft (GS ha il 14% di probabilità di portare a casa la prima scelta), e una trade exception (TPE) da 17 milioni di dollari. In breve, una TPE consente ad una franchigia di acquisire tramite trade un giocatore anche se ha già sforato il salary cap. I nomi che si sono fatti sono quelli di Terence Ross, 3&D player dei Magic, Jonas Valanciunas, centro dei Grizzlies (attualmente il centro titolare è Kevon Looney) e J.J. Reddick, abile ed esperto tiratore dei Pelicans. Oltre a tutto questo bisognerà valutare il possibile impatto di Andrew Wiggins e il suo fit con il resto del team.

Golden State Warriors 2019

Dunque, sebbene il prossimo futuro delle due franchigie è analogo (Warriors e Cavaliers non riprenderanno l’NBA in questa stagione), già dall’anno prossimo il percorso e i risultati saranno diversi, con Splash Brothers e compagnia che torneranno a lottare per il titolo, e i Cavaliers che dovranno passare anni bui, in cui la luce portata dal Re rimarrà solo un piacevole ricordo.

Gianluca Pinna