Quattrocentotrentotto milioni. Questo il numero di casi di diabete di tipo 2 attesi per il 2030, alla luce del tasso si insorgenza corrente che vede la diagnosi di ventunomila nuovi casi ogni giorno. Quattrocentotrentotto milioni di casi che possono essere prevenuti, almeno in parte, con una vita sana e le dovute attenzioni. Il diabete di tipo 2, che rappresenta la più comune delle forme di diabete, rappresenta, infatti, anche l’unica forma di diabete che può essere prevenuta nella sua multifattorialità. La componente ereditaria nella patologia non è del tutto esclusa, ma determina, nella maggioranza dei casi, una predisposizione più che l’insorgenza vera e propria dei sintomi.
Lo stile di vita, dunque, la fa da padrone e tutta una serie di circostanze possono funzionare da fattori di rischio e concause. Tra questi possiamo annoverare obesità, inattività fisica, ipertensione, elevato livello di colesterolo HDL, elevata concentrazione di trigliceridi circolanti. Negli ultimi anni ci si è concentrati proprio su questi fattori biologici lavorando, con l’informazione soprattutto, per tenerli sotto controllo nella popolazione con campagne di screening ed informazione. Tuttavia, accanto all’aspetto strettamente fisico, le abitudini comportamentali e gli aspetti psicologici e sociali stanno assumendo un ruolo sempre più importante nella patogenesi. A suggerirlo è la rapidità con cui il numero di nuove diagnosi di diabete di tipo 2 cresce nelle grandi metropoli, luoghi frenetici in cui prendersi il giusto tempo per un pasto è più l’eccezione che la regola e dove il lavoro, lo stress ed il pendolarismo sono parte della vita di tutti i giorni.
Nel corso del Cities Changing Diabetes Summit 2015, tenutosi a Copenaghen, 250 tra i massimi esperti del tema si sono riuniti per parlare di diabete. E’ proprio in questa sede che è stato presentato uno studio internazionale, guidato dalla University College di Londra, che ha raccolto informazioni circa le abitudini di 550 persone affette da diabete di tipo due e residenti in cinque grandi città : Copenaghen, Houston, Città del Messico, Shanghai e Tianji. I suoi risultati mostrano una correlazione tra vita stressante, da pendolare, e incremento del rischio di diabete. Difficile attribuire una ragione unica e inequivocabile a quanto è stato osservato, ma non è difficile credere che contenga una buona dose di verità.
Una vita stressante, con orari di lavoro “importanti”, lunghi viaggi e poco tempo libero, rende spesso più difficoltoso anche semplicemente diagnosticare la patologia. Meno è il tempo a disposizione di ciascuno per occuparsi di sé, meno sarà quello dedicato anche a visite di controllo e attività che potremmo definire salutari.
Come se ciò non bastasse, lo stress in sé e per sé è in grado di innescare meccanismi che, con buona probabilità, infieriscono sulla condizione del nostro metabolismo. Ci dimentichiamo troppo spesso, del resto, che l’evoluzione della società e della tecnologia ha tempi ben diversi degli organismi, ragion per cui, sebbene le nostre abitudini cambino sempre più rapidamente, il nostro corpo è sostanzialmente lo stesso di migliaia di anni fa, in grado di reagire agli stimoli con quella stessa forza.
Quello che è cambiato, però, sono i pericoli che ci circondano! Lungi dal rischiare l’attacco da parte di una tigre dai denti a sciabola, ciò a cui il nostro corpo reagisce come una minaccia è molto spesso uno stimolo astratto, qualcosa di più psicologico che reale. Il nostro corpo, tuttavia, non è in grado di distinguere le due cose e, di conseguenza, lo stress è in grado di innescare in noi la stessa risposta attacco-fuga che avremmo dinanzi ad un grosso predatore. Questo porta ad un massiccio rilascio di glucosio nel sangue, allo scopo di predisporci a sostenere lo sforzo muscolare che sarebbe necessario in caso di fuga o combattimento.
Il problema più importante è che lo stress, nel nostro tempo, non è qualcosa di momentaneo. Si protrae per lunghi periodi e con esso la risposta del nostro corpo. Nel caso specifico, una costante elevata concentrazione di glucosio nel sangue può portare ad insulinoresistenza e, quindi, diabete di tipo 2.
Un altro aspetto fondamentale è associate all’alimentazione scorretta che, come noi stessi possiamo constatare, spesso trova nello stress un ottimo compagno! Chi non conosce,, infatti, l’effetto consolatorio del buon cibo e, in particolare, di dolci e cioccolato? Il disagio, qualunque ne sia la ragione, spesso ci spinge a cercare soddisfazione, un modo per tirarci su. Il nostro corpo sa bene che zuccheri e cioccolato giocano un ruolo importante nel rilascio di endorfine e serotonina, gli ormoni del piacere e della felicità. I dolci come psicofarmaci low cost, quindi, sicuramente meno dannosi di una benzodiazepina, ma potenzialmente già troppo per il nostro pancreas!
Vale la pena vivere una vita di corsa? Forse è il momento che la società pensi ad un futuro più rilassato e realmente a misura d’uomo!