Il Vesuvio è diventato un enorme braciere a cielo aperto. Le ore passano e km interi di terra svaniscono, inghiottiti dalle fiamme.
La necessità di raccontare ciò che sta avvenendo nel napoletano è un dovere morale che brucia nel petto di ogni napoletano, così come ardono le fiamme all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio.
E’ quasi una settimana che l’intera area protetta del Vesuvio è costantemente martellata da roghi. Le stime sugli ettari andati in fumo sono allarmanti. Se la situazione non sarà ripristinata presto, gran parte del parco non esisterà più.
Le fiamme inizialmente sono partite dalle zone dei comuni compresi tra Ottaviano e Terzigno, poi il vento le ha spostate verso la fascia litoranea, sempre più vicine alle zone abitate. Ormai sono in tanti i comuni colpiti e l’area più colpita è quella tra Ercolano e Boscotrecase.
La coltre di fumo alberga da giorni sul Vesuvio, coprendone la sua maestosità.
Secondo alcuni bollettini ufficiali, la natura dei roghi è dolosa. I roghi sono stati appiccati da uomini consapevoli di ciò che facevano. Il Mattino e il Messaggero hanno riportato la notizia che sarebbero stati utilizzati degli animali per diffondere quanto prima le fiamme. Povere vittime sacrificali, bagnate di liquido infiammabile e arse vive, che in pochi secondi hanno disseminato lingue di fuoco in ben 8 punti diversi. Il Corriere della Sera ha smentito questa notizia.
Il clima secco e arido non ha aiutato le operazioni di spegnimento. E’ opinione diffusa che la macchina degli interventi sia partita con lentezza e i mezzi utilizzati siano insufficienti. Le fiamme sono arrivate a minacciare i centri abitati più prossimi alle fiamme e già numerose sono state le ordinanze di evacuazione.
Ad alimentare il terrore delle migliaia di persone che vivono alle pendici del vulcano, è la presenza delle discariche, che nel passato, sono state allestite all’interno del parco. Tra le discariche più a rischio, c’è Cava Sari, nei pressi di Terzigno, dove è situata anche una centrale a biogas.
Se le fiamme dovessero giungere in quei siti di sversamento, la pericolosità dei fumi tossici creerebbe un danno ambientale di proporzioni enormi, mettendo a repentaglio la salute di tutti gli abitanti e dell’intero territorio. Alcuni sindaci hanno iniziato la distribuzioni di mascherine, per proteggere i cittadini dai fumi nocivi. L’aria che si respira è pregna di fumo e di polveri sottili, che stanno mettendo a dura prova gli abitanti delle zone limitrofe.
Il Parco Nazionale del Vesuvio, nato nel 1995 per il grande interesse geologico, biologico e storico, rischia di scomparire. La singolarità di questo parco è rappresentata dalla notevole varietà di specie floristiche e faunistiche. Sono infatti presenti 612 specie del mondo vegetale e 227 di quello animale.
L’intero territorio e la struttura stessa del vulcano sono diventati elementi imprescindibili dell’immaginario dei cittadini che vivono in quei territori. Nonostante la nota pericolosità del Vesuvio, questo è diventato il simbolo della cultura partenopea. Un rapporto contrastante di odio e amore.
Gli abitanti dei comuni che sorgono alle pendici del vulcano sono stati colpiti nel profondo. A bruciare non è soltanto la rigogliosa macchia mediterranea, che per decenni ha attirato turisti da tutto il mondo e ispirato grandi poeti del passato, a bruciare è l’orgoglio di chi vive quotidianamente queste terre, troppe volte usurpate e maltrattate dall’incuria e dalla follia umana.
Le autorità non hanno ancora dichiarato lo stato di , nel frattempo le fiamme continuano a bruciare e lo scenario notturno dissimula un’eruzione in atto. Il quadro di queste ultime ore mette in risalto una falla nei piani di emergenza e di azione. Solo in Campania si moltiplicano i casi di incendi dolosi, rendendo complicata la gestione multipla di più punti caldi.