Verso il paradiso (To paradise) è l’ultima fatica letteraria di Hanya Yanagihara, autrice del famoso e chiacchierato Una vita come tante (A little life, 2015). Il romanzo è uscito a gennaio 2022, edito da Feltrinelli, con traduzione a cura di Francesco Pacifico.
La trama
Considerato il romanzo più ambizioso della Yanagihara finora, Verso il paradiso conta tre diverse storie, ambientate in tre diversi periodi storici. Per aiutare il lettore a raccapezzarsi almeno dal punto di vista spaziale, il libro si apre con un foglio ripiegato su cui sono disegnate tre cartine. Una cartina mostra una versione alternativa della divisione politica dell’America del Nord del 1893, un’altra mostra le Isole Hawaii del 1993, e la terza mostra una New York che non ha più questo nome, divisa in zone che gravitano attorno a Washington Square, data 2093. Malgrado ciò che mostra la cartina, tutti e tre i racconti sono ambientati a New York (solo una parentesi del secondo sarà ambientata alle Hawaii).
Libro I
Il primo libro potrebbe definirsi un’ucronia. Hanya Yanagihara immagina un 1893 in cui esiste un gruppo di Stati, nell’America del Nord, chiamati Stati Liberi. Fra questi Stati c’è New York, e i limitrofi. David Bingham fa parte di un’importante famiglia che ha contribuito a fondare gli Stati Liberi, che hanno la caratteristica di essere (come dice il nome) molto più liberali rispetto al resto del Nord America. Prima di tutto, esiste l’amore libero: il matrimonio omosessuale è normalizzato e le coppie adottano gli orfani facendone i loro figli. Il nonno, Nathaniel Bingham, governa con gentilezza ma autorità tutta la famiglia, compreso il nipote, l’unico che non si è ancora sposato. Tenta di combinare un matrimonio con un gentiluomo chiamato Charles Griffith, ma David Bingham si innamora di un povero insegnante di musica, spiantato e con un passato incerto, chiamato Edward Bishop.
Libro II
Il secondo libro ha come tema l’utopia ed è diviso in due momenti. Il primo momento è la narrazione al presente di David Bingham, giovane hawaiiano di sangue reale (ma decaduto, essendo le Hawaii uno Stato americano) adesso povero, residente a New York e fidanzato con un uomo molto più anziano e ricco di lui, Charles Griffith. È il 1993 ed è in atto una terribile epidemia di AIDS, tanto che avere la malattia è considerato quasi normale. Tutti si osservano a vicenda, alla ricerca delle tracce della piaga, ma riescono in qualche modo a condurre la vita di tutti i giorni, malgrado la morte sia un evento quotidiano.
Il secondo momento è costituito dai pensieri del padre di David Bingham, che ha il suo stesso nome: l’uomo, ormai anziano e malato, è rimasto alle Hawaii. Questo David Bingham racconta del passato, del rapporto che aveva con suo figlio, adesso a New York, distrutto per sempre. La sua debolezza caratteriale lo ha portato a essere succube di Edward Bishop. David ha trascinato suo figlio a vivere a Lipo-wao-nahele, una zona brulla dove Edward sognava, in modo del tutto irrazionale, di fondare un nuovo regno delle Hawaii. Il bambino è stato portato in salvo dallo zio e dalla nonna, ma David non ha voluto lasciare il fianco di Edward, rimanendo per anni lì a vivere come all’età della pietra, e causandosi una degenerazione insieme fisica e mentale.
Libro III
Il terzo libro, il più lungo fra i tre, è a tutti gli effetti una distopia. Ambientato a New York nel 2093, scopriamo che lo Stato è stato diviso in piccole Zone da cui è vietato uscire. Il mondo è stato devastato da tre diverse pandemie, e sempre nuove ne nascono ogni giorno, per poi venire soppresse insieme agli ammalati. Ma anche le catastrofi climatiche: per far fronte al caldo, le persone devono girare con le tute di raffreddamento e coi caschi. Anche questo libro, come il secondo, si articola in due momenti diversi. Da una parte abbiamo Charlie, ex vittima della pandemia, che tenta di “funzionare” come essere umano malgrado la neurodivergenza che la malattia (o forse, il farmaco) ha lasciato in eredità.
Dall’altra abbiamo suo nonno, Charles Griffith, già morto al tempo di Charlie, che attraverso delle lettere all’amico Peter racconta come ha contribuito a costruire quel sistema distopico. La sua prosa è ricca di dolore e di rimorso, una vera dimostrazione del detto “la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni”. Ma la via verso il paradiso…?
I tre racconti sono tutti diversi per lunghezza, struttura e avvenimenti, ma sono legati da tre costanti, che adesso illustreremo:
I personaggi
Una cosa che colpisce subito, finito il primo racconto, è ritrovarsi gli stessi nomi a fare da protagonisti al secondo. E ricorrere anche nel terzo. Nomi e cognomi che ricorrono, vicende che si richiamano nel tempo e nello spazio. Le tre storie non sembrano legate le une alle altre da una vera e propria progressione cronologica, altrimenti i personaggi saprebbero di essere imparentati; invece, si approcciano gli uni agli altri come sconosciuti. I David e i Nathaniel Bingham, i Charles Griffith, gli Edward Bishop, ma anche Peter, Aubrey, Eden. Questi nomi riecheggeranno nel corso delle narrazioni, a volte portandosi dietro caratteri simili (e malattie, simili), e costruendo fra loro relazioni che rispecchiano le storie precedenti, a volte per niente. I nomi accompagnano le essenze dei personaggi, che in ogni nuova vita si incontrano, si relazionano fra loro, rinascono come figli e fratelli e amanti.
Il diverso
Una tematica sottile, ma presente in tutti e tre i libri di Verso il paradiso, è quella del diverso. La diversità nell’essere introverso, incapace di affrontare la vita come fanno tutti gli altri, più debole e fragile. La diversità dell’essere di sangue misto alle Hawaii, e di essere hawaiiano a New York. La diversità di essere povero in mezzo ai ricchi. La diversità di essere reduce da una malattia che ti ha reso neurodivergente, la diversità di essere omosessuale in un mondo dove l’omosessualità non è ufficialmente illegale, ma è come se lo fosse.
Verso il paradiso
L’ultima tematica è il filo conduttore dell’intero romanzo, che riecheggia nel finale di ogni libro e che è palesata dal titolo stesso: Verso il paradiso. La pulsione utopistica dei personaggi, che fuggono da una situazione in cui si sentono intrappolati, che cercano di costruire qualcos’altro, che si illudono, scappando, di sfuggire alla realtà.
La chiave di lettura può essere la storia della salamandra, che racconta Charles Griffith nel terzo libro. Una salamandra si mangia tutto ciò che c’è al mondo, poi tenta di mangiarsi la luna, ma la luna la fa esplodere; tutto ciò che la salamandra ha mangiato salta fuori e il mondo torna come prima. Compresa la salamandra, che riprende il suo infinito pasto.
Ci sono due modi diversi e non mutualmente esclusivi di vedere questo racconto: da una parte, la storia che si ripete, ciclicamente, sempre uguale a sé stessa. Dall’altra, una condanna nei confronti degli uomini, che mangiano e mangiano e mangiano, finché non c’è nulla da mangiare, e allora si autodistruggono.
Verso il paradiso non è un romanzo leggero. È un romanzo che costringe a pensare, che ti fa empatizzare coi personaggi, mai scontati: meschini a loro modo, ma in cui è impossibile non vedere sé stessi e le proprie difficoltà. Hanya Yanagihara ha, ancora una volta, fatto un ottimo lavoro a dipingere tre diversi mondi e cinque diversi tempi. Un’opera imperdibile.