Ultras: quando il marcio del tifo è il vero protagonista

Ultras” è un film italiano del 2020, diretto da Francesco Lettieri e distribuito su Netflix dal 20 marzo. Il film racconta la storia di Sandro (Aniello Arena), storico leader del fittizio gruppo Apache, gli ultras del Napoli, e del giovane Angelo (Ciro Nacca), sedicenne desideroso di essere uno di loro. La colonna sonora del film è affidata soprattutto a Liberato, il famoso cantante napoletano dall’identità sconosciuta. La sua musica, scritta apposta per questo lungometraggio, risulta ampiamente in sintonia con l’atmosfera di tensione che si respira per tutti i 108 minuti. Tra le varie canzoni, ricordiamo soprattutto “We come from Napoli”, il cui videoclip è diretto dallo stesso Lettieri e mostra moltissimi dei luoghi presenti anche in “Ultras”.

Liberato. Da www.ilmattino.it

Per una diffida, Sandro non può più mettere piede allo stadio San Paolo; il gruppo è, quindi, rappresentato da alcuni giovani “tifosi” capeggiati dai violenti Pequeño (Simone Borrelli) e Gabbiano (Daniele Vicorito). Questi hanno voglia di modificare le regole imposte dai “senatori”: vogliono poter seguire anche la squadra in trasferta, idea a cui lo stesso Sandro è profondamente contrario. L’obiettivo della nuova frangia, infatti, è quello di andare a scontrarsi con gli ultras romanisti e vendicare la morte di Sasà, il fratello del protagonista Angelo.

Il film scorre lentamente, senza fretta, com’è giusto che sia per un’opera di questo tipo. Come detto, “Ultras” ruota intorno alle vicende di questo gruppo, che in testa ha solo una cosa: la violenza. È un film estremamente crudo, che non lascia spazio a un’evoluzione psicologica dei personaggi, impossibile in stili di vita come questi. Essi, dall’inizio fino al termine del film, vivono solo con questo ideale, e non immaginano del fatto che una persona, nella sua vita, possa cambiare. Non accettano, dunque, il cambiamento che sta vivendo il loro leader, Sandro. Lui, infatti, innamoratosi di Terry (Antonia Truppo), vuole uscire definitivamente da quella vita, senza tuttavia considerare le difficoltà e le rinunce che questo comporta.

Sandro e Terry. Da www.cinematographe.it

Dall’altra parte c’è il giovane Angelo, che vede in Sandro un idolo, un personaggio a cui ispirarsi. In una situazione come la sua, perdersi in questa realtà fatta di violenze è un attimo. E lui, con i suoi coetanei, anch’essi desiderosi di entrare negli Apache, sembra rendersene perfettamente conto e, soprattutto, sembra volerlo. Decide così di percorrere la strada del fratello, morto proprio a causa di quella stessa vita.

All’interno del gruppo, intanto, le tensioni si fanno sempre maggiori. Da un lato c’è la “vecchia guardia”, che rifiuta categoricamente le trasferte, mentre dall’altro ci sono i giovani, più arrabbiati che mai. E un episodio che qui non riveleremo porta al definitivo scontro tra le due fazioni, con i giovani compagni di Angelo che assistono inermi.

I giovani. Da www.telefilm-central.org

Un aspetto significativo è che il calcio, in questo film, è ridotto a zero. Sì perché agli ultras non interessano le partite, lo sport e i valori che esso trasmette; a loro interessa solamente la violenza, il vendicare il giovane Sasà. Le partite del Napoli sono solamente il pretesto per far uscire quanto di brutto c’è in loro. E la scena, a inizio film, in cui i giovanissimi si scagliano contro i tifosi del Brescia ne è una prova.

Il regista ha scelto il gruppo ultras del Napoli con l’obiettivo non tanto di dare uno spaccato dei napoletani e della città, che viene anche mostrata nei suoi lati più genuini, quanto di raffigurare un’estremizzazione, un modo di tifare comune a tutti i sostenitori di tutte le squadre, da nord a sud, assolutamente becero e malsano. Anche la figura di Sasà, che si può vedere solo grazie a un murales, è una metafora scelta dal regista per identificare il martire comune a tutte le tifoserie, la vittima. Come ha sottolineato Lettieri, ogni gruppo ultras ha la sua vittima, e Sasà serve a rappresentare l’idea che, in questi contesti, il confine tra la vita e la morte è labile, in nome di un tifo che tifo non è.

Marco Nuzzo