“Thirteen reasons why”: il percorso psicologico di Netflix contro il bullismo

Dopo la prima puntata non riuscirete a staccare gli occhi dal monitor, non farete altro che pensare al finale, inizierete a chiedervi perché e non ne avrete mai abbastanza. Stiamo parlando di “Thirteen reasons why”, la serie tv statunitense trasmessa su Netflix, che sta destando scalpore e curiosità tra i più per la storia e le tematiche affrontate.

Tratto dall’omonimo romanzo a cui è ispirata, scritto da Jay Asher, pubblicato in Italia nel 2008 ed edito da Mondadori, la serie tv racconta la storia di Hannah Baker, una liceale diciassettenne, che si è suicidata lasciando incise su audiocassette i tredici motivi del suo gesto. Grazie all’aiuto dell’amico Tony – interpretato da Christian Navarro – le audiocassette registrate passano tra alcuni ragazzi della sua scuola, indicati come motivi del suo suicidio, fino ad arrivare a Clay Jensen, amico e collega di lavoro nel cinema del paese, innamorato di lei senza mai riuscire a dirglielo. Iniziando a sentire le cassette, Clay scopre che ogni lato di ogni singola cassetta riguarda una persona che Hannah ha conosciuto e, quindi, continua ad ascoltare i nastri per sapere se tra le ragioni del suo suicidio c’è anche lui.

È attraverso l’ascolto delle cassette da parte di Clay che lo spettatore inizia a conoscere Hannah Baker – voce narrante e presenza visiva con flashback o visioni – e a capire, episodio dopo episodio, che il gesto è frutto di un accumulo di vicende di bullismo.

Con queste cassette, Hannah si mette completamente a nudo raccontando ogni aspetto della sua vita e raccontando la sua verità. Quel che ne scaturisce è un impatto disarmante e quasi disturbante sullo spettatore che, attraverso il percorso psicologico ed emotivo di Clay, elabora l’importanza dei gesti, delle parole non dette (indispensabili, invece) e del dialogo tra genitori e figli. Lo spettatore viene catapultato in una narrazione che percepisce reale e toccante allo stesso tempo. Il regista non risparmia scene come quella relativa al suicidio di Hannah Baker regalando spaccati di cruenta e crudele verità misti alla fragilità, sensibilità e vulnerabilità di una diciassettenne bella e solare, in crisi per colpa degli altri.

Lo svisceramento delle audiocassette sortisce degli effetti su Clay in continua lotta tra i ricordi, le parole di Hannah Baker e la totale impossibilità di rimediare. Clay ritorna a vivere il passato, ma tutto è già stato vissuto, è già ricordo ed ha già avuto delle conseguenze. È impossibile tornare indietro e cambiare le sorti della storia d’amore mai iniziata con Hannah o pronunciare parole diverse o ancora insistere sul perché avesse tagliato i capelli. Se al passato non può porsi più rimedio, chi cambia è Clay che ha un’evoluzione emotiva incredibile e prova a dare ad Hannah la giustizia che merita e a rispettare quelli con cui era stato insensibile.

“TH1RTEEN R3ASONS WHY” riesce a parlare delle difficoltà degli adolescenti, di quanto sia difficile diventare adulti con continui sberleffi e pressioni psicologiche senza fronzoli ma mostrando solamente la verità.

La critica ha ben accolto la serie tv per sceneggiatura, struttura e fotografia, valorizzando le buone capacità interpretative di tutto il cast in cui, oltre i protagonisti Dylan Minnette e Katherine Langford, spicca Kate Walsh nel ruolo della madre di Hannah.

Il grande successo ha portato i produttori, gli sceneggiatori e lo stesso autore del libro ad interrogarsi sulla realizzazione di una seconda serie. Ma potrebbe essere la scelta giusta? Se molti sono favorevoli perché si sono appassionati alla storia ed ai protagonisti, altri – tra i quali anche Jay Asher – sono contrari perché il filo narrativo è stato esaurito e gli obiettivi di comunicazione del progetto pienamente raggiunti.

Piuttosto, c’è chi chiede a gran voce la visione della serie tv nelle aule scolastiche riconoscendo funzione educativa e didattica alla storia di Hannah Baker, sottolineando così l’importanza del rapporto insegnanti – alunni e del dialogo tra genitori – insegnanti e genitori – figli. Intanto, dall’uscita del libro, è stato creato un sito http://www.thirteenreasonswhy.com/, ulteriormente visitato dopo la trasmissione della serie TV, in cui i ragazzi e le ragazze scrivono come la storia di Hannah Baker li abbia aiutati a non commettere lo stesso gesto.

BUONA VISIONE!

Sandy Sciuto