The Eddy: su Netflix la vita trabocca di jazz

Da maggio su Netflix  The Eddy è una mini serie tv, ideata da Jack Thorne e diretta a più mani. Tra i registi figura innanzitutto Damien Chazelle, già autore di La La Land, First Man e Whiplash, che esordisce così nel mondo delle serie tv dirigendo i primi due episodi dell’opera.

Si tratta di una miniserie in otto episodi (diretta da quattro registi, due episodi per ogni regista), che potremmo definire autoriale, un prodotto Netflix per molti versi atipico, in cui musica, dramma e commedia si uniscono in un tutt’uno, in un’ opera che somiglia più ad un lungo film, piuttosto che ad una serie classica.

The Eddy: la serie tv Netflix da vedere a maggio | Vogue Italia
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Un lungo racconto, narrato dal punto di vista di otto personaggi differenti (uno per ogni episodio) dedicato al jazz, all’amore viscerale per la musica, che racconta con verosimiglianza, trasporto, con notevole sensibilità musicale e drammatica,  le vicende che ruotano attorno ad un jazz club di Parigi, fondato non da parigini ma da musicisti stranieri, i quali ogni sera suonano la propria musica sul palco in attesa di attirare l’attenzione di qualche produttore musicale.

The Eddy è la loro storia. Analizza le vite di questi musicisti per i quali il jazz club è molto più che un semplice luogo in cui suonare. E’ tutto come la musica. Solo in essa, che li ha stregati possono trovare rifugio, comprensione, conforto, energia, sostegno, vitalità, amore, catarsi e dolore. Un’attrazione magnetica, magica ma a volte anche distruttiva…

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Come per Elliot (André Holland), uno dei personaggi principali del racconto: un pianista di grande fama, il quale non riesce più ad esibirsi in pubblico, dopo essere stato travolto da un terribile trauma del passato. Perfezionista, spesso perso nel suo mondo musicale al punto da risultare egoista, freddo, scontroso, distratto e distaccato, perfino con la figlia Judi, che si è trasferita da poco da lui da New York, dopo essere stata cacciata dalla madre, scoprirà presto che il Club ha bisogno di molto altro oltre ai suoi spartiti e alle sue note – è lui a comporre musica e parole per la band. Il The Eddy, infatti, non riesce a finanziarsi da solo e all’insaputa di Elliot, ha contratto debiti con la malavita parigina.

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Travolto dal difficile rapporto con la figlia e da drammatiche vicende che una dopo l’altra sembrano “abbattersi” sul club e su chi ne fa parte, cercherà in tutti i modi di mantenere intatta la sua famiglia, la band, il locale e le sue relazioni affettive. Come lui anche gli altri componenti del gruppo…

Dall’impianto corale, sebbene con personaggi in preminenza rispetto ad altri, come Elliot Tudo e la figlia Judy (prova di maturità per la giovanissima Amandla Stenberg), The Eddy è indubbiamente un’opera complessa, che vanta una sceneggiatura articolata originale la quale accosta musica e vita,  senza operare distinzione tra le due cose. Il concetto di band è nell’ottica della serie molto vicino a quello di famiglia. Una similitudine che non è resa in modo prosaico o banale, al contrario con verosimiglianza.

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Gli artisti che compongono il The Eddy infatti sono davvero persone che per diverse cause hanno al mondo solo il jazz e i propri strumenti musicali. Anticonformisti, professionisti di altissimo livello che però vivono con pochi spiccioli: uomini e donne “dominati” dalla musica, senza la quale difficilmente potrebbero riciclarsi in qualcos’altro.  Per loro il jazz è vita e questo messaggio trabocca con grande intensità in ogni puntata della serie tv, riuscendo a comunicare la gioia e il dolore che possono legarsi indissolubilmente al fare musica.

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Come in Whiplash, Chazelle, regista dei primi due episodi, introduce i personaggi della storia. La regia sporca, con movimenti di macchina evidentemente percepibili, ma anche diversi piani sequenza (stile che sarà mantenuto per molti tratti anche dai registi successivi) già nel primo dirompente episodio ci mette d’innanzi alla spensieratezza e alla gioia dell’ascoltare e del suonare il jazz, tramite il baldanzoso personaggio di Farid, socio fondatore del club assieme ad Elliot. Al contempo però mostra anche come la musica possa spesso offrire un comodo riparo dalla vita vera, la quale può essere feroce all’improvviso, soprattutto quando i problemi vengono evitati e non affrontati subito.

Ecco un altro grande tema della serie tv, tutt’altro che banale: l‘evitamento. Incarnato perfettamente da Elliot, rappresenta un po’ un tratto comune dei musicisti della band, sinceri, aperti, disponibili sul palco, ma, a volte, reticenti e bugiardi nella vita vera. Musica e verità da un parte quindi, sul palco, mondo reale e menzogna dall’altra…

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The Eddy è molto realistico e impietoso nel descrivere diverse figure di musicista, senza tessere una lode incondizionata dei jazzisti, al contrario, raccontando da vicino i loro difetti, le loro mancanze,  attraverso una buona caratterizzazione di alcuni dei personaggi. Se questo è evidente già nei primi due episodi di Chazelle, in cui Elliot ci viene mostrato in tutte le sue contraddizioni come leader tiranno e capriccioso della band, ma anche nel sua scarsa capacità di dimostrare affetto verso gli altri, il discorso viene approfondito con intelligenza anche negli episodi successivi. Come si può dedurre si tratta di una serie musicale, che sebbene sia incentrata sulla musica, va ben oltre e comincia con un’impennata drammatica non indifferente, la quale si stempera molto sul finale senza perdere qualche nota di malinconia. The Eddy, la recensione della serie da oggi su Netflix | TV ...

L’apice del dramma si raggiunge nel terzo episodio, probabilmente il migliore della serie: di forte intensità visiva, musicale ed emotiva,  dedicato al personaggio di Amira, interpretata con grande personalità e carisma dall’attrice franco algerina  Yasmine Leïla Bekhti, offre alcune sequenze davvero memorabili, in cui la fusione tra dramma e musica è perfetta: davvero efficace la rappresentazione della musica e del ritmo come catarsi, quasi una ribellione festosa, un’esigenza incontrollata di movimento e di danza contro il dolore.

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Nella seconda metà della serie, dal quinto episodio in poi, i personaggi affronteranno dei cambiamenti più marcati, a partire da Eliott e da sua figlia Judi. In modo credibile The Eddy offre una buona evoluzione dei personaggi principali che effettivamente non sono mai statici sulle loro posizioni e i loro propositi, ma progressivamente giungono a nuove prospettive e nuovi stati d’animo. Tra gli attori ottima prova anche da parte di Joanna Kulig per il ruolo di Maya con focus sul personaggio nel quarto episodio.

The Eddy - Netflix suona il jazz - Cinema & Serie TV, Recensione
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Nel complesso si tratta della serie musicale migliore fino ad esso realizzata in tv, perché ad un complesso intreccio di sceneggiatura ben supportato dai registi, si accosta una qualità musicale eccellente.  Le canzoni jazz non sono mai riprese o buttate lì per caso. Tutte le componenti musicali, molto varie tra l’altro, non si tratta solo dei brani suonati sul palco, sono inserite con intelligenza in un progetto drammatico-musicale molto coerente che mette al centro della ripresa chi fa musica e chi l’ascolta, non il palco in se e per se. Siamo agli antipodi dal film concerto, che riprende un palco solo per le canzoni. Le inquadrature mai statiche, ma mobili indagano i musicisti e i cantanti da vicino unendo la musica alle loro emozioni, raccontate tramite la regia nel riprendere le loro esecuzioni musicali, il loro sguardo, i loro gesti…

The Eddy - La Recensione della miniserie
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La forza musicale di Whiplash, capolavoro di Chazelle, viene riprodotta in ogni singola cellula di questa serie tv, fatta propria dal regista statunitense e dagli altri cineasti in un progetto che pur contenendo diverse voci risulta straordinariamente compatto. Una serie che chi ama la musica non può lasciarsi sfuggire. 

 

Francesco Bellia